Autore
Alice Arduino - Talco Web
I social media hanno il potere di ampliare la vita reale. Ogni post che pubblichiamo se condiviso da altri utenti crea una reazione a catena di informazioni e promozioni. Può essere un articolo di giornale, una foto, un video o un meme. Quando il post diventa virale, ovvero inizia ad essere condiviso da centinaia e poi milioni di utenti diffondendosi in rete, diventa un tormentone. Il tormentone è come uno spot pubblicitario, una martellante eiterazione di un concetto o prodotto che avviene in maniera ripetitiva più volte al giorno. Può essere una canzone, una frase, un’immagine, la battuta di un comico che diffuso a macchia d’olio acquista grande popolarità. L’obiettivo è entrare nella testa delle persone ricordando costantemente ciò che viene promosso.
I meme sui social sono stati creati e utilizzati per imitare e ridicolizzare qualcosa o qualcuno. Quanto, allora, può influire un tormentone se ciò che viene reso virale sono le parole di un politico? Che tipo di messaggi stiamo trasmettendo? Trasformare le sue parole in un tormentone per ridicolizzarlo è una buona mossa o un'arma a doppio taglio per creare propaganda? Riflettere su queste dinamiche è fondamentale per capire le strategie comunicative tra il soggetto interpellato, l'autore e il fruitore del messaggio nonché il funzionamento dei social media.
Un esempio eclatante è dato dal successo della hit “Io sono Giorgia!” realizzato da MEM & J, duo di dj milanesi di musica tamarra e trash che, prendendo alcune frasi del discorso di Giorgia Meloni in piazza San Giovanni a Roma lo scorso 19 ottobre 2019, ne hanno fatto una canzone, arrivando a più di un milione e mezzo di visualizzazioni, oltre 4000 commenti e migliaia di condivisioni. Non sono mancate le creazioni di altri video virali con scene di film e karaoke personalizzati e sulla piattaforma Tik Tok dove le persone reinterpretano il ritornello con balletti vari. L’obiettivo era trasformare in chiave ironica il discorso della Meloni a favore della comunità lgbt+ ma l’intento si è rivelato un boomerang ed è stata sfruttata dalla stessa Meloni, trasformando una delle principali avversarie della comunità gay a icona, a tal punto da ballare il ritornello in discoteca o proporlo per la sfilata del Pride, marcia per i diritti lgbt+.
Dopotutto, chi di meme ferisce di meme perisce e se tutto questo è divertente e ci fa sorridere contiene in sé una grande comunicazione strategica che la stessa politica è riuscita a cambiare a suo favore. Questo vuol dire che ogni volta che la cantiamo o la diffondiamo, stiamo promuovendo e condividendo a normalizzare le parole di odio di un leader in ascesa, fornendogli pubblicità gratuita. Ciò che più colpisce è come il tormentone fondi le basi della sua diffusione ad un pubblico vasto che comprende sostenitori e oppositori, che moltiplicano le sue parole. In questo modo non vi sono più avversari, ma solo alleati per la sua campagna. Dopo due settimane che la hit era virale i sondaggi hanno evidenziato l'aumento del suo partito del 10%. E la stessa Giorgia lo comunica ai suoi follower sui Instagram.
Il tormentone di Giorgia, dimostra che ogni pensiero al contenuto politico in quest'epoca si eclissa, lasciando tutto lo spazio all'assuefazione per il meme. Il trash vince, oscurando il pensiero critico, necessario a svuotare il contenuto e il valore del messaggio. Nell’epoca contemporanea dove siamo bombardati da informazioni in continuazione e sono sempre meno le cose che catturano la nostra attenzione, non è importante cosa diciamo, ma come lo facciamo. La politica odierna si basa sulla quotidianità, sul mangiare un piatto di pasta, una foto con gli amici, simboli religiosi, frasi d’effetto. Lo slang che utilizziamo al bar diventa propaganda, diminuendo la distanza tra, coloro che guidano il paese e hanno grandi responsabilità e l’individuo comune, creando una sorta di contatto virtuale, un’empatia che li rende più uniti, vicini, amici. E soprattutto più simpatici.
Se quindi la hit di “Io sono Giorgia!” è stata riproposta in tutte le salse nonché ripresa anche da influencer, brand e personaggi famosi, l’effetto migliore che ne è uscito è stato quello di riattribuirgli un significato diverso da quello originale da cui era partito. Ed ecco allora che il gruppo comico “Casa Surace” cambia le parole in “Io sono Rosetta” e la nonna intona la canzone con parole diverse per spiegare come "non rimanere sciupati", mentre Luciana Littizzetto a “Che Tempo Fa”, canta “Io sono Raffa” insieme alla showgirl italiana Raffaella Carrà, evidenziandone le caratteristiche fisiche e rievocando le sue canzoni più note. Questa reinterpretazione diventa l’unica possibile e reale condivisione di senso e messaggi positivi: scardinare il meme originale e utilizzare l’ondata del tormentone attuale per creare un nuovo messaggio. In questo modo si toglie effettivamente visibilità e potere al meme iniziale, dirottando l’attenzione degli ascoltatori in qualcosa di simpatico e piacevole. Un non sense fine a sé stesso che vuole solo farci divertire, che ci parla di altro, gioca sui luoghi comuni e diventa un momento di svago innocuo.
APPROFONDIMENTI:
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