Impazza sul web il fenomeno Ice Bucket Challenge, ovvero una secchiata d’acqua ghiacciata da rovesciarsi in testa con tanto di video o selfie da postare sui social network per partecipare alla campagna di raccolta fondi per la ricerca sulla sclerosi laterale amiotrofica.
L’ideatore è il 29enne Pete Frates, ex giocatore di baseball americano, al quale due anni fa è stata diagnosticata la malattia. Quando la sfida viene lanciata, il “nominato” ha la possibilità di provare sul proprio corpo la medesima sensazione di intorpidimento che sente chi è affetto dalla SLA o pagare pegno donando soldi alla causa. Il fenomeno ha coinvolto in special modo le celebrità, che hanno, ovviamente, molte più possibilità di offrire contributi sostanziosi, ma anche le persone “normali” che stanno comunque contribuendo a raccogliere fondi ed a sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti della solidarietà.
La viralità dell’iniziativa ha anche scatenato una discreta polemica: se non ti fai la doccia ghiacciata sei un menefreghista ma se te la fai sei solo in cerca di notorietà, mentre se mostri ciò che hai versato (sulla sola base del giudizio di chi ti osserva e che non conosce il contenuto delle tue tasche) sei uno spilorcio o vuoi ostentare la tua ricchezza. Insomma, tutti incontentabili.
Fatto sta che i soldi raccolti sono veramente tanti in tutto il mondo e senza questa iniziativa, tanti o pochi, ora non ci sarebbero.
Perché è forse difficile da capire senza rifletterci troppo su e limitandosi all’aspetto mediatico, ma chi basa sulla raccolta fondi la parte preponderante delle proprie attività invece lo capisce perfettamente.
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