Quando si pensa al nome degli "Stormy Six" salgono alla memoria immagini di manifestazioni e le feste di Lotta continua come quelle del Lambro a Milano, o scontri in piazza all'ombra della militanza dell'estrema sinistra che si fronteggia a quella di estrema destra o alla Polizia, di città bombardate durante la seconda guerra mondiale e di lotta partigiana, ma in questo disco d'esordio tutto ciò non c'è ancora, è un lavoro acerbo ma di qualità che promette, e in parte mantiene, le visioni proto-progressive degli anni 70 ancor in odor di incenso e psichedelia alla Sergent Pepper, infatti l'idea è quella di un album concettuale proprio nello stile di quello dei Beatles in cui i brani si confondono l'uno nell'altro senza pause di silenzio ma collegati da un un insieme di suoni. Sarà così nell'idea del gruppo ma non in quelle di chi pubblicò quel disco difatti, come racconta lo stesso Franco Fabbri nel suo libro "ALBUM BIANCO Diari Musicali 1965-2011 ed. il saggiatore", "Alla casa discografica dopo alcune settimane dall'uscita del disco, si sarebbero resi conto che senza le spire di separazione l'album non funzionava, e a nostra insaputa ne avrebbero realizzato una versione in cui tutti gli strumentali di congiunzione erano eliminati, e ogni singola canzone sfumata alla fine e iniziata di taglio", solo molti anni dopo verrà fatto un lavoro di restauro e recupero di quelle parti tagliate che coinvolse lo stesso Fabbri per l'edizione ristampata.
Venendo al disco vero e proprio troviamo canzoni che sono particolari esperimenti di un beat al tramonto che si sta trasformando in qualcosa di nuovo e brani che si rifanno ad atmosfere medioevali come in "Monna Cristina" che verrà donata poi ai "Nomadi", o le derive orientali con l'uso di sitar e altri strumenti orientali portati in dote dal chitarrista "Claudio Rocchi" che negli anni 70 sarà il cantore dell'India in Italia con capolavori come "Volo Magico 1 & 2", ed autore dei brani migliori di questo disco. Un aneddoto che riguarda uno degli strumenti, narra di una corda che si rompe durante la registrazione producendo un suono nefasto tuttaltro che meditativo ,ma non si potè reincidere la traccia in quanto impossibile trovare una corda per sostituire quella spezzata. la dominante del disco è comunque una base acustica folk-pop che si presenterà in modo piu evidente nei dischi successivi. Forse non un capolavoro, ma un certamente disco da riscoprire rispetto alla media delle pubblicazioni del periodo beat e prog .
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