Sono di recente uscita le dichiarazioni del Ministro del (poco) Lavoro Dott. Ing. Lup. Mann. Gran Mascalzon. Di Gran Croc. Duca Conte Poletti sul fatto che tre mesi di vacanza, o meglio “senza far niente”, per gli studenti siano troppi.
Ora, non voglio citare e saccheggiare millenni di frasi e argomentazioni sull’elogio all’ozio, l’importanza della contemplazione e del riposo; né, tantomeno, asserragliarmi sulle posizioni più estreme e geniali e filantrope che sostengono l’uomo non sia fatto per lavorare e si libererebbe dalla schiavitù se solo aprisse gli occhi e vivesse in armonia con il Creato e con gli altri esseri senza corsa al denaro, alla proprietà, al potere.
Però, Cristo Santo, Ministro!
Nella vita umana, perlomeno quella da me (sporco occidentale degli anni a cavallo tra Ventesimo e Ventunesimo secolo) conosciuta, c’è una sola fase godibile, vivibile, irrinunciabile: l’infanzia (che estendo, non cambiando in fondo le abitudini e le categorie di pensiero, l’immortalità e l’illusione, fino ad includere l’adolescenza).
Parafrasando Nostro Signore Gesù in via di resurrezione in questi giorni, direi: lasciate che i pargoli si divertano, vivano l’estate, vadano al mare, facciano tardi e, cosa più importante di tutte, si annoino un po’. Vivano di pomeriggi interminabili, di nottate insonni, di filmoni alle 4 del mattino che altrimenti non avrebbero mai visto, si cerchino una musica particolare, investano tempo nell’attività fisica, s’innamorino e, per i casi più disperati, leggano un libro!
Mi ricordo, pur essendomi sempre divertito a scuola, soprattutto al liceo, il magone infinito, il nodo alla gola, l’angoscia dell’inoltrarsi del settembre, la domenica sera prima che dal lunedì ricominciasse un altro anno scolastico. La vita erano i tre mesi d’estate, punto. Il resto era un accessorio dell’obbligo: gli adulti ci spiegavano, spesso mentendo, che un giorno avremmo capito, un giorno avremmo riscosso il giusto premio per quell’impegno d’ogni mattina alle 8. Ed era soltanto la scuola: la compianta e rimpianta scuola.
Ma il lavoro, Ministro delle Coop Rosse, quello proprio no, quello ancora no! Avranno tempo, i ragazzi, per lavorare (forse non Italia, ok); avranno tempo per svolgere un’attività che non li faccia felici mai, che li sottoponga a dinamiche d’ufficio, leccaculismi, riunioni che non portano a nulla, cene aziendali. Avranno tempo per non avere più tempo, abbioccarsi sul divano sfatti alle 21 di sera, rimbecilliti dalla TV, senza più alcuno slancio, il mutuo da pagare, la lavastoviglie rotta, le pastiglie dei freni. Avranno tempo per non aspettare altro che i 15 giorni ad agosto, svegliarsi presto lo stesso, al sabato mattina, per dare un senso al fine settimana, per allontanare il rumore assordante dei granelli di sabbia della clessidra che scandisce le ore che buttiamo della nostra unica vita terrena: i giorni regalati al lavoro, alle tasse, alle aziende, alla morte.
Ragazzi, avrete tempo a vedere trasformare gli amici in colleghi, la malattia in mutua, le vacanze in ferie. Non correte, non ascoltate gli adulti, non cedete ai messaggi ultra-borghesi: godetevi l’Estate, le ragazzine, le stelle, il mare: per come li vedete adesso, non torneranno mai più.
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