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Valsusa Report
Accade nuovamente in Valsusa e dintorni. Quelli che sembrano semplici e formali atti di un tribunale, quello di Torino, diventano atti di subbuglio. Una repulsione ed un rifiuto formale a non ubbidirvi. “Non passerò gli ultimi anni della mia vita in ginocchio” dichiara Nicoletta Dosio. Già precedentemente l’applicazione delle misure cautelari nei confronti di diversi gruppi di lotta, aveva creato momenti di attrito tra le istituzioni e i No Tav.
L’intero gruppo che partecipò alla lotta per la difesa del diritto alla casa, venne colpito da misure restrittive con l’obbligo di non poter mettere piede in Torino. I colpiti dalla misure facevano parte di un’occupazione di alcuni stabili in città; in questo modo quell’attività politica veniva messa al bando interamente e senza un processo. Alcuni giorni dopo, un giudice e non un Gip, decise l’annullamento di quelle misure.
Dopo Nicoletta, Eddi, Gianluca, Luca e Giuliano, ecco un’altra restrizione, a mezzo Gip, promossa dalla Procura di Torino (guidata dai Pm che in questi anni si sono occupati della Valsusa e del Tav Torino-Lione), per i fatti del 28 giugno 2015. Tutto un gruppo di militanti viene colpito da obblighi di firma; due firme al giorno a 40 km di distanza dalla montagna che abitano. I fatti risalgono ad un’occupazione compiuta presso l’aeroporto di Caselle negli uffici della Turkish Airlines, per denunciare lo sterminio in Turchia ai danni del popolo Curdo.
Dei fatti del 28 ne parlammo [qui]. Tutti i gruppi hanno deciso di disobbedire alle imposizioni della procura. Alcuni affermano “non è una sfida, è un senso di giustizia“, altri ribadiscono “la misura è colma“. Possiamo forse definirlo un ammunitamento popolare? Forse non è proprio così, se proviamo ad analizzare il contesto entro il quale avviene il fenomeno.
Dovremmo prendere in considerazione che l’atteggiamento della Procura di Torino sembra voler anticipare la repressione prima che i fatti accadano. Il tentativo continuo di spacciare il movimento e alcuni suoi esponenti più attivi e/o in vista come sospettabili/probabili fautori di atti terroristici, sembra mostrare l’intenzione di forzare, nell’immaginario collettivo pubblico, l’opinione di un potenziale pericolo stragista.
I fatti – reali – raccontano un’altra storia; l’impostazione di questa “visione” terroristica è già stata smentita in fase di giudizio da parte della Corte di Cassazione. Ma certamente ha un suo valore di utilità politica per quelle forze che si rifiutano, da decenni, di ascoltare il popolo valsusino sulla contrarietà dell’opera e sugli ottimi motivi (confermati, in questo caso, dalle cronache giudiziarie). Le cause vere di questo scontro tra la Valle e lo Stato sono sempre state insabbiate dalla politica sotto una pioggia di parole di circostanza.
Ricordiamo i primi anni della vertenza, quando gli stessi giornali indicavano ex-terroristi, ex-prima linea ecc. affiancati ai movimenti sociali. Un intreccio di opinioni a consolidare l’apparenza pericolosa; gruppi da colpire ed annientare politicamente; il “confronto” con le istituzioni non ha mai abbandonato questo un piano.
Sono noti gli avanzamenti di carriera ottenuti all’ombra del Tav in Val di Susa. Per esempio la nomina di Mario Virano, passato da Commissario a Telt come direttore in violazione delle norme legislative. Nomina non valida ma a tutt’oggi ancora effettiva.
“Non voglio spendere gli ultimi anni della mia vita ormai avanzata in ginocchio. Non andrò a firmare“. “Anche se la conseguenza è l’arresto in carcere; ho fatto questa scelta di violare gli arresti domiciliari perché la misura è colma“, si legge in un comunicato, “Non abbiamo paura e non ci inginocchiamo davanti a nessuno. Siamo nati liberi e liberi rimaniamo. Liberi, libere ed uguali. L’OBBEDIENZA NON È MAI UNA VIRTÙ!“
Forse questo è il nuovo livello della “repressione”, mai sperimentato prima, e che di fatto allontana chi politicamente si impegna nei movimenti sociali? Uno strano momento questo che stiamo vivendo, dove se non ubbidisci ad una misura cautelativa basata su indizi, l’aggravamento diventa misura effettiva. Quindi senza un giudizio, senza vedere se è vero o falso il capo d’accusa, puoi essere tradotto in carcere.
Ecco che con una campagna di disobbedienza civile, cittadini della Valsusa e dintorni e persone comunque solidali, espongono un cartello “Io sto con chi resiste con chi viola le imposizioni della procura di Torino“. Tutti possono partecipare. Un modo per sottolineare la sproporzione dell’azione giudiziaria verso i movimenti sociali e di lotta.
Valsusa Report
On-line dal 19-08-2016 questa pagina
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