Autore
Davide Amerio
di Daniela Giuffrida.
Abbiamo raccontato (QUI) come si sia tenuta lo scorso 20 gennaio quella Conferenza Stato-Regioni sui rifiuti, durante la quale 15 Regioni su 20 hanno detto si al “decreto termovalorizzatori” (inceneritori) del Presidente del Consiglio dei Ministri, previsto dall’art. 35 del DL 133/2014, convertito poi nella L. 164/2014 (Sblocca Italia). Il decreto prevede otto nuovi impianti per l’incenerimento dei rifiuti due dei quali in Sicilia.
Uno dei due Comuni siciliani destinati a veder trasformare la propria centrale termoelettrica “Edipower” in “impianto di produzione di energia da CSS” dovrebbe essere quello di San Filippo del Mela, piccolo Comune del messinese che da anni, vede la popolazione ribellarsi alla realizzazione dell’elettrodotto di Terna-Rizziconi e chiedere la bonifica di industrie dismesse.
Una risposta al nuovo mega-inceneritore è arrivata da Sicilia Verde, il nuovo soggetto politico ecologista, nato a metà gennaio, che ha visto riunirsi gruppi ecologisti di Milazzo, della Valle del Mela (ME), di Niscemi (CL), Melilli (SR) e Palma di Montechiaro (AG); ma arriva anche dalla Valle del Mela, in fermento per via del Referendum Consultivo che il prossimo 31 gennaio, vedrà alle urne proprio la popolazione di San Filippo del Mela.
Ma cos’è un “Impianto di produzione di energia da CSS” (Combustibile Solido Secondario), e perchè è così pericoloso per la vita umana? Riteniamo che nessuno avrebbe potuto spiegarlo meglio di Beniamino Ginatempo, presidente di Zero Waste Sicila, Ordinario di Fisica Sperimentale (FIS01) presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Messina.
Secondo quanto afferma Ginatempo in un suo comunicato pubblicato sul sito “NOCSS inceneritore Valle del Mela”, la direttiva europea 1999/31/CE Discariche, recepita in legge con il D.lgs. n.36 del 12/03/2003, impone che i rifiuti debbano essere sottoposti a trattamento meccanico-biologico (TMB) allo scopo di prevenire/ridurre la formazione del percolato, prima di essere abbancati.
“Ovvero, I rifiuti vengono dapprima triturati e poi separati meccanicamente: da una parte la frazione umida (che inevitabilmente sarà “sporca” di secco), dall’altra il secco indifferenziato (“sporco” di umido). Nella seconda fase, quella del trattamento biologico, si procede alla stabilizzazione della frazione organica (FOS), per ridurre al minimo la produzione di percolato.
La FOS può essere a volte usata nella bonifica delle discariche chiuse ed illegali: nella migliore ipotesi il secco indifferenziato può essere avviato al recupero spinto o all’estrusione termomeccanica (produzione di plastiche multi composite). Allo stesso tempo, la scelta più scellerata può essere quella di trasformarlo in CSS da incenerire.”
Questo processo produrrebbe quasi gli stessi effetti inquinanti di un “rogo di rifiuti”.
“Quasi tutte le discariche siciliane – afferma ancora il docente messinese – sono sprovviste di questi impianti di TMB, o se lo sono non hanno capacità sufficiente a trattare i volumi di rifiuti in entrata. Pertanto il conferimento in discarica è operato in regime di illegalità, in quasi tutti i siti della Sicilia, e dunque soggetto a sanzioni europee, per la violazione della direttiva citata. La Commissione Europea ha comminato sanzioni all’Italia per 200 mila euro ogni 6 mesi. Tale somma raddoppia nel caso di siti chiusi ma non bonificati (tre sono in provincia di Messina) ed è da assommarsi ai 40 milioni di euro già pagati per la stessa causa. Con tutta probabilità tali sanzioni verranno pagate dai cittadini tramite ulteriori aumenti delle TARI […]”
Secondo Ginatempo, bisognerebbe dare il giusto valore ai rifiuti che produciamo, partendo innanzitutto da un minore consumo di prodotti non riciclabili quindi, i Comuni, dovrebbero provvedere ad una giusta raccolta differenziata, organizzando la raccolta porta a porta come e laddove, non sempre. viene messa in atto.
“Oggi i rifiuti, sono una sicura fonte di ricchezza – afferma il fisico messinese in una sua intervista – perché non solo l’Europa non produce materie prime tali da coprire il proprio fabbisogno ed è costretta a rifornirsi da paesi extraeuropei; i paesi produttori di materie prime, in grande crescita, le useranno in futuro sempre più per il loro mercato interno, pertanto presto o tardi smetteranno di esportarne e l’Europa non saprà dove rifornirsi. I dati della Comunità europea parlano chiaro, un milione di tonnellate di rifiuti ha un valore di circa 37 milioni di euro e la sua lavorazione potrebbe creare da 2.000 a 2.400 posti di lavoro, noi, invece preferiamo conferire in discarica pagando anche 130 euro a tonnellata, quindi non solo abbiamo un mancato guadagno, ma anche una spesa importante per la collettività.”
(D.G. 25.01.16)
Davide Amerio
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