Autore
Bruno Garrone
di Bruno Garrone. [Seguici su Tgvallesusa.it]
Legambiente ha rilasciato il rapporto dello studio iniziato nel 2012 sullo stato di cementificazione delle coste italiane. Escluse al momento la Sicilia e la Sardegna. Il quadro è sconfortante.
Più del 56% dei paesaggi costieri italiani risulta deturpato dal cemento; 222 chilometri di coste sono stati antropizzati negli ultimi 30 anni. Su 3.902 chilometri totali analizzati da Ventimiglia a Trieste, oltre 2194 (il 56,2%) sono stati trasformati dall’urbanizzazione legale e da quella selvaggia.
L’intero patrimonio costiero, con le ovvie conseguenze sul paesaggio, sull’ambiente e le ricadute sul turismo, è seriamente a rischio. Dal 1985, dopo la Legge Galasso, sono state cancellate dal cemento oltre 200 chilometri di coste. La costruzione di abitazioni, spesso invendute, a ridosso delle spiaggie è diventata la norma, compromettendo oltre il paesaggio e le spiaggie.
La causa è da ravvisarsi in un maldestro gioco di competenze che rimpallano tra diversi organi istituzionali che devono dare le autorizzazioni alla costruzione rispettando – teoricamente – i piani paesaggistici previsti. Ma questi piani esistono attualmente solamente per tre regioni (Toscana, Puglia, Sardegna). A peggiorare la situazione l’ennesima riforma del governo Renzi, per mano del ministro Madia, sulla pubblica amministrazione. Chi richiede i permessi per edificare se non riceve risposta da parte degli enti preposti entro 90 giorni può avvalersi del silenzio-assenso. Pertanto se entro questo periodo gli organi dello Stato non intervengono avvalendosi dei limiti imposti per la tutela del paesaggio i costruttori sono liberi di fare ciò che vogliono.
Spiega Edoardo Zanchini, presidente di Legambiente:
Con il silenzio/assenso della Legge Madia i rischi per le coste italiane aumenteranno. Se molte minacce per il paesaggio costiero si sono realizzate all’interno di un quadro normativo che prevedeva piani regionali e vincoli di edificabilità, come quelli introdotti dalla Legge Galasso, è facile immaginare cosa potrà succedere in assenza di una riorganizzazione e di un rafforzamento degli uffici preposti alla gestione dei vincoli. Per questo occorre cambiare le regole di tutela, che si sono rivelate del tutto inadeguate a salvaguardare i paesaggi costieri dalla pressione edilizia, e istituire un sistema di controlli adeguati e di condivisione delle informazione tra i Ministeri dei beni culturali e dell’ambiente, Regioni e Soprintendenze, Comuni e forze di polizia. Occorre poi completare la pianificazione paesaggistica, perché oggi solo Puglia, Sardegna e Toscana lo hanno fatto introducendo chiare indicazioni di tutela, attraverso un’intesa con il Ministero dei Beni culturali. La Legge Madia deve essere cambiata proprio in questa direzione, prevedendo il silenzio assenso solo per le Regioni nelle quali sono in vigore dei piani paesaggistici, perché in queste realtà è chiaro cosa si può realizzare e cosa no. E’ urgente poi fissare, attraverso meccanismi di sanzione e premialità, un vincolo di inedificabilità assoluta per tutte le aree costiere ancora libere per una distanza di almeno 1 chilometro dal mare, nelle Regioni senza piani paesaggistici.
Confrontando le coste attraverso la sovrapposizione di foto satellitari si scopre che il versante tirrenico è quello maggiormente intaccato: meno del 30% delle sue coste rimane libero da costruzioni. Tra Molise e Veneto si rileva un incremento della trasformazione del paesaggio per il 6,3%. Ma il record negativo spetta alla Calabria dove la mutazione del paesaggio costiero riguarda il 65%; a seguire Lazio, Abruzzo e Liguria con il 63%.
Conclude Zanchini:
Bisogna aprire cantieri di riqualificazione ambientale e culturale delle aree costiere, per fare di questi territori il cuore dell’idea di sviluppo che si immagina per l’Italia nei prossimi anni. Occorre partire dalla rigenerazione energetica del patrimonio edilizio, che lungo le coste è spesso vecchio e inadeguato, dalla valorizzazione delle potenzialità turistiche e dallo sviluppo di una moderna mobilità sostenibile per l’accesso al patrimonio di spiagge, pinete e altre attrazioni naturalistiche e culturali. Al centro delle politiche devono essere posti gli interventi di adattamento ai cambiamenti climatici in linea con la programmazione europea sul tema, che individua come prioritarie le operazioni capaci di fermare l’erosione dei litorali e rafforzare il sistema di dune ancora esistenti.
I dati dettagliati della relazione li trovate qui.
Bruno Garrone
On-line dal 28-08-2015 questa pagina
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