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Amministratore
di Bruno Garrone.
Tra la fuffa dei numeri della ripresa che non c’è; dei posti di lavoro che non ci sono; si può sempre contare su un dato certo del governo italiano: la lotta al made in Italy. Lo chiede l’Europa di distruggere ogni produzione italiana. Tutte le nostre eccellenze.
Appena pochi giorni dopo la scoperta della truffa sull’olio extra vergine di oliva che extra non è, da parte di alcuni noti marchi “italiani” che hanno spacciato oli misti di qualità inferiore come extra vergine e dopo la decimazione degli ulivi in Puglia a causa della Xylella Fastidiosa ecco che il governo ci mette del suo con il contributo dell’Alto rappresentante per la politica estera dell’UE, Federica Mogherini.
Le istituzioni europee con l’approvazione italiana, aprono all’importazione di olio da paesi non Ue per (dicono) soddisfare la richiesta di olio nel continente e nel mondo. Viene aumentata la quota di importazione esente da dazio doganale importata dalla Tunisia (proposta della Mogherini!); una misura di 70 tonnellate di olio in un biennio pari alla produzione dell’intero Portogallo (per avere un’idea).
Se la proposta fosse accolta un’altro grave colpo sarebbe dato all’economia della nostra agricoltura già sofferente su un prodotto di eccellenza che possiede proprietà organolettiche uniche al mondo. La questione è strettamente connessa alla necessità di creare strumenti di certificazione per l’olio prodotto esclusivamente in Italia con olive italiane. Lo ribadisce il deputato Francesco Cariello (M5S), vicepresidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della contraffazione e membro della Commissione Bilancio della Camera. I consumatori devono essere messi in condizione di poter scegliere. [1]
Azzardare l’ipotesi che questa scelta promossa dalla Mogherini abbia a che fare con le recenti truffe su cui indaga la Procura di torino è più che mai lecito. Compaiono grossi nomi che vendevano olio di qualità inferiore denominato extra vergine. Tra questi Carapelli, Bertolli, Sasso, Coricelli, Santa Sabina, Prima Donna nella versione confezionata per la Lidl e Antica Badia distribuita negli Eurospin, ma anche De Cecco Classico.
Diversamente da quanto si può pensare molti di questi marchi non sono più Italiani:
Alcune delle aziende che consideriamo italiane accusate di truffa commerciale, sono state vendute a gruppi stranieri da diversi anni. La Carapelli Firenze S.p.A. è un’azienda fondata a Montevarchi nel 1893 e mantiene tutt’ora la sua sede in provincia di Firenze. Sul logo di Carapelli, infatti, si legge oltre al nome anche la dicitura “Firenze dal 1893”. Ma in realtà la Carapelli è dal 2006 di proprietà del gruppo spagnolo Sos Corporacion Alimentaria S.A. oggi diventato il gruppo Deoloe S.A.
E del gruppo spagnolo Deoleo S.A. è anche l’altro marchio di olio italiano Bertolli. La società nata a Lucca nel 1965 è passato in mani spagnole dal 2008, ma già nel 1993 Bertolli, sotto la proprietà della Unilever, ha spostato la sua produzione di olio in uno stabilimento Unilever a Milano.
Sul sito dell’olio Sasso si legge che la società e la sede legale sono in provincia di Firenze, ma che la “società è soggetta alla direzione ed al coordinamento da parte del gruppo Deoleo S.A”. Nel 2005, infatti, il gruppo spagnolo ha rilevato la Minerva Oli S.p.A., marchio di olio italiano proprietaria del marchio Sasso. [2]
La rivista “Altro Consumo” ricorda che è necessario già oggi leggere bene le etichette presenti sulle bottiglie e non lasciarsi prendere da definizioni pubblicitarie che non hanno alcuna corrispondenza con caratteristiche organolettiche del prodotto:
L’origine delle olive utilizzate è dichiarata in etichetta, prima di scegliere la bottiglia, perciò, meglio verificarla sul fronte della confezione.Preferisci bottiglie scure, garantiscono una migliore conservazione dell’olio. Nonostante l’aura di genuinità, l’olio non filtrato risulta in realtà meno stabile. L’olio filtrato, al contrario, garantisce che la qualità del prodotto duri più a lungo. […]
Sugli scaffali sono sempre più le etichette con diciture come “gentile”, “delicato” o “classico”, utilizzate dai produttori per descrivere il gusto del proprio prodotto a fini prettamente commerciali. Tutte queste definizioni, però, non trovano un riscontro nelle caratteristiche previste dalla legge, secondo la quale l’extravergine di oliva può essere definito solo amaro, dolce, equilibrato, fruttato e piccante. [3]
Le associazioni di categoria dei produttori cercano di porre un rimedio e hanno firmato alcuni giorni or sono un accordo quadro per definire e valorizzare tutti i protagonisti della filiera:
Lo ha reso noto Unaprol, il Consorzio olivicolo Italiano. Una risposta quindi alle ultime vicende di cronaca che hanno gettato ombre sul un settore cruciale del made in Italy. L’accordo prevede, per i produttori capaci di fornire un olio di elevato livello qualitativo, un vero e proprio premio, il pagamento di 40 centesimi al chilo in più rispetto al prezzo di mercato. L’intesa, definita «storica», è stata sottoscritta da Aipo, Assitol, Assofrantoi, Cno, Federolio, Unapol, Unaprol e Unasco che, precisa Unaprol, «puntano ora all’attuazione del Piano olivicolo». L’accordo riconosce quindi un adeguato sostegno al mondo olivicolo italiano. L’olio premiato dovrà possedere un’acidità massima di 0,4 e requisiti chimico fisici migliori rispetto a quelli previsti dalla normativa vigente. [4]
L’ennesimo attacco quindi alla produzione del made in Italy, con tanto di concessioni all’Europa da parte di membri del governo italiano. Un’altra prodezza del governo Renzi.
(B.G. 16.11.15)
Fonti:
[1] Fatto Quotidiano – Olio d’oliva, la proposta Ue che affossa il made in Italy
[2]International Business Time – Olio extravergine di oliva: le 5 cose da sapere sulla truffa commerciale e come non farsi fregare
[3]Altroconsumo – Olio extravergine e contraffazione, cosa c’è da sapere
[4] Il Sole24Ore – Olio extravergine: l’Antitrust avvia un’indagine su 7 marchi venduti in Italia
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