Autore
Edoardo Di Mauro
Leonida De Filippi è nato a Milano, dove vive e lavora.
Da un testo di Rachele Ferrario del 2014 :
Sculture che evocano architetture di palazzi distrutti, relitti contemporanei. Strutture metalliche e taglienti, preziose come gioielli forgiati da un maestro orafo, simbolo di ricchezza e potere, della forza degli oggetti progettati dall’uomo per distruggere, ma anche per costruire. Un titolo che suona come un’icona, Exoskeleton, la “corazza” naturale degli insetti per difendersi dall’esterno e che qui assume un significato traslato e racchiude tutte le contraddizioni dell’epoca contemporanea che Leonida De Filippi esprime in questi sui nuovi paesaggi urbani.
De Filippi indaga il tema delle guerre nel nord dell’Africa e in Medio Oriente da oltre un decennio. Lo fa anche fuori dallo studio, militando “sul campo” con viaggi di indagine e “azioni” a favore delle popolazioni del Magreb.
I problemi politici internazionali e sociali, l’urgenza delle crisi sono al centro della sua poetica anche quando l’artista ritrae le vedute della propria città, Milano. La sua riflessione parte dall’analisi delle immagini e dall’assuefazione ad esse da parte dell’uomo contemporaneo. Oggi le metropoli occidentali sono invase da telecamere a circuito chiuso e da schermi luminosi che condizionano la nostra percezione, alterando i nostri sensi, la nostra capacità di guardare veramente. È come se fossimo sempre davanti allo schermo della tv o del pc. Zygmunt Bauman dieci anni fa era stato profetico nella sua definizione, oggi forse abusata, di “società liquida” con cui aveva definito la smaterializzazione dell’economia, le cui conseguenze oggi sono evidenti.
Le contraddizioni sociali sono al centro dell’espressione di De Filippi che in questa mostra rilancia la posta del suo gioco con la collaborazione con un film maker, Mitra, che vive sul confine degli scenari dove le guerre si svolgono davvero. E lo invita ad esporre le sue fotografie accanto ai propri dipinti e alle sculture in un dialogo che a Vicenza supera i confini dello spazio espositivo e arriva sui muri della città, dove compare l’affissione di un poster con il ritratto dei committenti della mostra e del progetto intitolato “L’arte come seconda pelle”.
Dall’autoritratto al tema del ritratto generazionale, dalle immagini estrapolate dai quotidiani internazionali al web. Ed ora in presa più diretta sulla realtà nei collegamenti offerti dalla tecnologia. Già nella bella mostra a Parigi Leonida De Filippi con la sua opera “Sahwa-Tribute to Arab Spring”, metteva in scena il racconto metropolitano in cui la storia del vecchio Occidente s’intreccia alle tensioni del mondo nuovo mediorientale con i giovani che hanno acceso la primavera araba, l’evento che è già uscito dalla cronaca per diventare storia e inaugurare di fatto il XXI secolo. Artisti, intellettuali, scrittori e i paladini di un pensiero nuovo sono rimasti affascinati dalla primavera araba, l’hanno salutata come l’ideale del cambiamento atteso per il mutare di una società democratica e multietnica. Così De Filippi. Ma nella mostra parigina era la sinestesia, la contaminazione di visioni e di tecniche – fotografia, pixel dipinti, cromie sgargianti e tessuti per tappeti - a simboleggiare saperi e culture che stanno lungo una linea di confine.
Oggi, invece, i pixel hanno lasciato spazio a un’immagine più compiuta, compatta, emotivamente forte, in cui il rosso è simbolo di urgenza e precede la massa dei giovani in rivolta ad Atene.
Opera presso il Museo d’Arte Urbana :
“Senza titolo” 1998 via Musinè 25
Edoardo Di Mauro
On-line dal 11-11-2020 questa pagina
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