Autore
Davide Amerio
Sergio Marchionne è morto. Sapevamo che sarebbe accaduto a breve, ci avevano preparato, o per meglio dire, hanno cercato di preparare i mercati. Fu vera gloria? In Italia quando muori diventi un santo, sempre e comunque. Non ho mai amato questa ipocrita celebrazione pietista della morte. Nascere e morire sono gli unici due fattori nell’universo che ci rendono indiscutibilmente tutti eguali. La differenza è nella vita che conduciamo nel mezzo, in come agiamo.
Se hai vissuto come uno stronzo, un ladro, un poco buono, per me non diventi un santo solamente perché sei morto. Toccherà anche a me, un giorno o l’altro, quindi, morendo, non hai compiuto nessun atto eccezionale. In questo convivio di ipocrisia, si consumano le parole per gli elogi, convinti o meno. Si contrappongono, giustamente, le interpretazioni critiche. Non giudico né gli uni, né gli altri, ciascuna ha le proprie ragioni, partendo da determinati punti di vista.
L’uomo Marchionne è stato salvatore della Fiat (nel senso della famiglia Agnelli), ma anche distruttore di migliaia di posti di lavoro. Ha creato una azienda internazionale, ma le analisi dei conti di Fca Italia raccontano una storia di voragini di bilancio e di insuccessi europei. Ha rotto procedure consolidate con il Sindacato e Confindustria; ammiccato alla politica renziana, per poi abbandonarla nella fase del tracollo; promesso uno sviluppo di un piano per l’Italia, mai decollato veramente; modificato la logica della produzione e della gestione della pachidermica impresa Fiat; spinto al collasso molte famiglie di lavoratori; e molte altre cose che sarà la storia a giudicare.
Quello che osservo, in questo momento, è che a guardare il fiume di parole intese a elogiare (e ringraziare) il personaggio, il manager condottiero, si svela, con naturalezza impressionante, l’essenza del capitalismo (o turbo capitalismo finanziario, che dir si voglia) nella sua essenza più pura; più ipocrita, e più perversa. Meglio che in tanti saggi letterali sull’argomento.
L’uomo Marchionne scompare dietro questo flusso di immagini volte a trasfigurare l’uomo nel manager indistruttibile e dedito, anima e corpo (e vita) all’azienda: fumava 100 sigarette al giorno, dormiva tre ore per notte, era sempre in viaggio per il mondo, si alzava alle cinque del mattino, entrava per primo negli uffici per controllare che tutto fosse a posto, etc etc
Nella corsa per questa celebrazione quasi da Istituto Luce, dov’è l’uomo Sergio Marchionne? Non c’è, non esiste, non è mai esistito, e non può esistere per il Capitale Finanziario. Muore a 66 anni dopo una vita consumata all’interno di un meccanismo in cui egli stesso era semplicemente una “risorsa”; così come piace chiamare le cose (individui compresi) ai manager; certamente ricco economicamente, ma di soldi che qualcun altro godrà.
Quanto ha vissuto veramente Sergio? Per chi ha vissuto e perché? Ha seguito il solitario destino dei grandi condottieri della storia o semplicemente è stato usato come mezzo, come ingranaggio, all’interno di un sistema nel quale ha dominato gli inferiori a lui, mentre era egli stesso dominato da altri, che lo hanno sfruttato per i propri interessi finanziari?
“Il problema con i borghesi“, scriveva Pasolini, “è che non immaginano altro all’infuori di sé“.
Unisci i puntini della storia e puoi vedere il disegno del capitalismo finanziario: la celebrazione e l’esaltazione del condottiero finalizzata all’auto-celebrazione della propria visione del mondo: la dedizione non alla vita, alla persona, all’uomo, bensì al capitale come unica finalità perseguibile, che deve pervadere l’esistenza degli individui, sottomessi a essa, sino all’annullamento della propria esistenza, perché ciò che conta è la supremazia sugli altri e il denaro prodotto.
Se ti lasci convincere da questa visione, ed entri a farne parte, per quanto ti potrai illudere di essere un “uomo di potere”, altro non sarai che uno strumento, una risorsa, un cespite: quando di te (consumato nel vortice dell’illusione dell’immortale condottiero) non resteranno che polvere e ossa, verrai sostituito, come una scrivania qualsiasi, e la ruota girerà con qualcun altro.
Di fronte a questa immagine pasoliniana, l’uomo Sergio Marchionne, quello dimenticato, mi suscita un po’ di tenerezza.
Davide Amerio
On-line dal 26-07-2018 questa pagina
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