Quando si fanno discorsi di questo tipo, è bene fare immediatamente un distinguo.
Se si parla di vita fisica e reale, io non ho alcuna voce in capitolo. Ho avuto una vita agiatissima e comoda e occidentale e ho potuto dedicarmi, pur affrontando tanto scherno e tante amarezze, alle cose che più mi piacciono: studiare letteratura, scrivere, giocare ai videogiochi, giocare a calcio, perdere tempo, scopare. Altre persone hanno affrontato situazioni complicatissime: lutti gravissimi, dolori inimmaginabili, ingiustizie, povertà, fame, guerre e solo loro dovrebbero avere diritto di parola.
Se si parla invece di vita vera e metafisica, mi permetto di dire la mia, portato, per indole e formazione culturale, a pensare di continuo, essere consapevole di non aver fatto abbastanza, a tenere sempre presente il tempo che passa e lassù, nemmeno più spaventosa, la morte.
Siamo ingozzati da un ottimismo strafottente e di sola facciata e non ci siamo resi conto del tramonto, annunciato, dell’Occidente e la fine di una generazione mai cominciata: la mia, quella dei trentenni . Io non sono stato capace di farmi consolare dalle canzoni di Jovanotti o dai vostri post sui sogni da inseguire o dalla peggiore tra tutte le cose: la speranza. Così, quasi solitario, vado predicando che, arrivata la notte, sarebbe meglio prepararsi ad affrontare il buio.
Che pesante che sei, Simone!
Sì, è vero. Chiedo scusa.
L’altro giorno, ero a tagliarmi i capelli. In radio è partita Wonderwall degli Oasis. Ero, mi pare, ancora alle medie, avevo il disco grazie a mio fratello o un suo amico, giocavo al computer in tavernetta. Che cazzo è rimasto di quel tempo, di quelle persone, di quel me stesso? Nulla. La vita passa, nessuno ci fa caso, se ne può parlare appena tra qualche amico, di nascosto dagli altri, senza esibire le nostre riflessioni sui social. Da quando la profondità è stata scambiata per sfiga/noia/non divertimento… non lo so. Trattengo i miei segreti esistenziali, inadeguato al linguaggio di oggi e alla propaganda che bisogna saper fare di noi stessi. Lascio che altri fingano di essersi consolati con le nuove conquiste, il nuovo ciclo, i figli, la posizione nel mondo del lavoro.
Persino Leopardi ebbe un minuscolo sussulto ne La Ginestra ed è quello che in chiusura tento di proporre anch’io: prendere atto del buio per provare a vivere meglio, inabissarsi profondi anziché espandersi in orizzontale, sulla sola superficie; provarsi ad amare di più, volare più alto, non odiare nessuno, non abbandonarsi alla furbizia, non cedere alle lusinghe piccolo-borghesi della contemporaneità.
Coraggio ragazzi. È difficile essere Dio, figurarsi essere umani.
Aggrega contenuto