Autore
Simone Cutri
Era il primo pomeriggio di un giorno d’Aprile di qualche tempo fa, il cielo era soleggiato e limpidissimo grazie al vento che ovattava i rumori della strada e spazzava via qualche polvere. Io non ero più bambino né nemmeno ancora morto. Sembrava uno di quei pomeriggi della via silenziosa sulla quale davano le finestre socchiuse della mia classe alle elementari, quando buttavo i pomeriggi al tempo pieno e bastavano a distrarmi una gazza ladra o una danza del polline per capire quanta Bellezza irraggiungibile avrei sprecato nella mia vita futura. Ero fermo al rosso di un incrocio e la radio, a tradimento poiché non ero sintonizzato su nessuna stazione tematica né nessuna trasmissione dedicata, scaturì un brano commerciale che i puristi giudicherebbero vomitevole e pre-confezionato e banale e che a me, invece, quasi diede il colpo di grazia. Alla soglia delle lacrime, come se un orgasmo amaro mi scuotesse il corpo, vidi materializzarsi eterei i protagonisti del periodo evocato dalle note; tornai a quei sentimenti, a quegli amorini liceali che poi scopriremo essere i più grandi sentimenti di sempre: ero tornato ad un istante preciso di un’estate passata, un giorno piovoso di giugno, una festa danzereccia per la fine dell’anno scolastico della quarta superiore: la certezza in-mediata di non poter raggiungere mai più quegli stati d’animo, di non poterli vivere mai più, di poter provare soltanto ad avvicinarsi con sterili tentativi e grazie ad artefatte imitazioni.
Che si faccia appello al significato etimologico di ‘bile nera’, che la si creda la ‘felicità di essere tristi’ o la ‘tristezza di esser stati felici', che la si esasperi ribattezzandola spleen e la si creda foriera di maggiore creatività, che la si ritenga un segno di raffinatezza attribuibile solo alle persone più profonde, la Malinconia è un sentimento universale che accompagna ogni essere umano, persino se inconsapevole.
Eppure, mi pare che l’esistenza di tale sentimento sia in pericolo od almeno in estinzione. Se essa si basava soprattutto sul ricordo non vivibile mai più, sembra che ora sia messa in discussione per colpa della ‘rintracciabilità del tutto’: canzoni che avremmo ascoltato solo d’estate in un dato chioschetto spagnolo, sono ora reperibili ovunque, grazie a Shazam, Spotify e chi più ne ha più ne metta; amici dell’asilo, elementari, medie, superiori, d’infanzia, vicini di casa, compagni di strada, compari di cortile, sono reperibili su Facebook o su altre decine di piattaforme; i film si possono trovare dappertutto e rivedere cento volte; ed infine, peggio di tutto, laddove una fidanzatina che ci lasciava avrebbe potuto farci perdere le sue tracce (sarebbe bastato cambiare casa, città, numero di telefono fisso, compagnia di amici), oggi possiamo ritrovare i nostri grandi e finiti amori spiattellati ovunque. Ritrovare le cose come sono, e non come le immaginavamo, è un delitto: canzoni che avevamo glorificato, ci stancano al secondo ritornello e subiscono un ridimensionamento senza pari; amici ormai adulti che cedono l’aura di guitti a colpi di maturità ed istanze da piccoli borghesi; donne che ritenevamo gli amori della nostra vita che, pur sempre bellissime ai nostri occhi, s’annoiano con un buzzurro qualsiasi esattamente come si sarebbero annoiate con noi.
Persino io, che tra tutti gli aggettivi possibili da usare per auto-descrivermi mi sarei definito ‘malinconico’, comincio a perdere colpi: tutto, concretizzandosi ed abbandonando le sfumature che rendevano incerto il giudizio, mi appare quantomeno deludente e non più materia per presenti malinconie. Allora mi devo spingere al secondo livello di astrazione: malinconie per momenti che non abbiamo mai vissuto, malinconie costruite, malinconie preventive: ovvero immaginarsi quanto saremo malinconici quando quella persona non ci sarà più, quando finirà quel tale periodo, quando dovrò tornare da questo bellissimo viaggio, ecc…
Il pericolo della malinconia in via d’estinzione investe anche i bambini di queste nuove generazioni: avendo più di quanto chiedano, sia in termini materiali che in termini di attenzioni genitoriali e parentali, saranno incapaci ad elaborare i sentimenti che prevedano la mancanza e, semmai si troveranno investiti da tali emozioni, ne resteranno disorientati.
Per me, estetizzando, la Malinconia è il regalo che gli Dei fanno a chi ama troppo la vita. Un pungolo nel cuore e nei fianchi a ricordare che ad un certo punto, avendone viste tante e non potendole vivere più, è giusto andare. La Malinconia è un orgasmo amaro.
Ma queste sono in effetti considerazioni basate sui miei malandati ragionamenti, prive di fondamenti scientifici e prive di basi di studio, confronti, altre teorie. Sono esternazioni che potrei fare al bar con gli amici: se solo andassimo ancora al bar, se solo gli amici fossero ancora quelli di una volta.
Simone Cutri
On-line dal 24-11-2014 questa pagina
è stata consultata da 1494 visitatori univoci.
Aggrega contenuto