Autore
Ugo Venturini
Quando Michelangelo immaginava di estrarre una forma ideale dalla pietra, contenuta a priori
nel blocco di materia da perfezionare, rispondeva a precise esigenze che esprimevano il
rapporto tra l’artista e la dimensione culturale della sua epoca, ciò che il critico Alois Riegl compendiò
nel termine Kunstwollen. La guida del pensiero mantenuta dal neoplatonismo definiva l’artista
come medium per la materializzazione di forme ideali. Con i Prigioni, il Genio sperimentatore ed
eroico di Michelangelo provò qualcosa di radicalmente inattuale, che eccedeva da una finalità ideale
e si affrancava dal pensiero del suo tempo. I corpi bloccati e fusi nella pietra non rinvenivano l’ennesima
nobile composizione, il cui modello poteva ancora essere la rigidità classica, ma un nuovo
significato ed una nuova potenza rappresentativa per il concetto di forma in quanto
forma del divenire. Nello spazio dell’invenzione fuori dal tempo, circa quattro secoli prima delle rivoluzioni
dell’avanguardia, comparvero possibilità che costituiscono oggi la risorsa per l’esistenza e la
sopravvivenza di una scultura contemporanea.
Il kunstwollen contemporaneo (termine che non offre solo l’indicazione per un tempo condiviso al
presente) trova espressione nella transitorietà e nell’ambiguità del finito della rappresentazione, nelle
mutazioni di una materia che è continuamente forma inscindibile dalla sostanza; il lavoro dello scultore contemporaneo non si cristallizza
per sempre partendo da un sostrato amorfo, ma si mostra ad ogni momento rinnovato, passando da un’apparenza ad un’altrapur nell’abbandono a sé dell’operacompiuta. La solidità di ogni scultura di Venturini lascia ampio spazio allo scivolamento dei significati che la rivestono. La materia stessa si sublima, segue immaginari cambiamenti di stato che ne mutano alchemicamente le qualità. Nei rituali delloscultore – conoscitore della
materia – il minerale perde la proprietà di durezza mentre colore, lucentezza e densità trascorrono in corpi transustanziati, fluidi o aerei. Il marmo defluisce, precipita, si raggruma, levita, esala, facendo dimenticare la propria naturale rigidità. La massa non vive più secondo la sua natura empirica, bensì ogni parte s’accorda ad una diversa essenza metaforica: materia grezza depositata sulla terra che conserva l’origine greve e scabra della pietra, fluidi vischiosi che scorrono in orizzontale e verso il basso alla ricerca di una perdita di energia potenziale, forme volatili che aspirano ad altezze aeree o spirituali fino, forse, alla materia quintessenziale del puro pensiero. L’istante formale in cui l’autore fissa la sua scultura realizza il rapprendersi insieme di forze plastiche
- che curvano e premono dall’interno
- con le tensioni meccaniche
fra le masse, in rapporto alla forza estetica e spirituale coinvolta nella spinta emotiva dell’artista.
Il compito è assolto dalla simbolizzazione che tenta di esprimere l’irrappresentabile del divenire, l’istante al vertice in cui la sostanza precipita verso un destino formale o un altro.
Più letteralmente, anche l’impossibilità di decidere quale aspetto prevalga nelle singole figure, se un
uomo o una razza, una donna o un pesce (una sirena), una forma astratta o la rappresentazione di
un dettaglio naturale, corrisponde a delle metamorfosi. La fermezza perentoria d’ogni simbolo scultoreo
si divide nelle sue possibilità significanti, ovvero si lacera vicino a un nucleo di certezza irraggiungibile.
E’ forse questo il nodo che lega fra loro le opere: un nucleo che attrae solidificando e, alla
stregua di una pietra filosofale, trasforma la materia in un ritmo di volumi e figure che assumono il
potere evocativo ed universale dei simboli.
C’è un rapporto stratificato fra la scultura di Venturini e il design, derivabile dagli innesti eterogenei
che contaminano la pietra, sifoni e armature dai colori a volte sintetici e disarmonici. Viene in mente,
anzitutto, il dialogo fra Duchamp e Brancusi davanti ad un’elica d’aeroplano. L’artista concettuale
chiese allo scultore/sciamano se fosse possibile realizzare forme più belle di quella contemplata nel
dispositivo. A prescindere dal grado di fedeltà della circostanza rammentata, pare sia stata quest’occasione
a suggerire le forme aerodinamiche degli Uccelli di Brancusi. Il suo genio vinse la sfida con splendide realizzazioni di forme essenziali
vicine ad una bellezza ultraterrena, “iperuranica”. Per quest’ultima, tuttavia, i critici avrebbero adottato il concetto di
“compensazione” in rapporto ad un bisogno borghese di evasione.
Venturini unisce le due anime, annoda l’aspirazione all’Idea e la critica intellettuale in un’unica soluzione complessa e
contraddittoria. Scultura e tecnologia, con i rispettivi corollari e punti critici, convivono in rapporti non sempre pacificati
nell’armonia, a volte in un palese bisticcio. L’occhio attento e perspicace può scoprire nella forma dei dettagli importuni, residui impertinenti di lavorazione e superfici sgrossate che esibiscono clandestinamente se stessi come difetti e imperfezioni, “dimenticanze” dissimulate.
In secondo luogo, dal design viene distillato l’aspetto più negativo dello styling e del restyiling, il cattivo gusto, tralasciando la questione
della funzionalità. L’ironia serve a rovesciare, a eludere e non soddisfare l’attesa di purezza estetica dello spettatore, per disincantare
sulla compiutezza del bello ideale. L’autore non intende ingannare e allerta, con un’immancabile sorriso, sulle insidie delle illusioni
utopiche.
Ogni singola opera di Ugo Venturini manifesta pensieri che, fra le mani dello scultore, divengono reali nella materia prima ancora
d’essere formulati concatenando concetti. I problemi sorgono nel dialogo con le sostanze – il minerale e, per lo più, l’acciaio - ed ogni soluzione incide un segno di realtà attraverso l’opera.
D’altra parte, i suoi lavori rappresentano complessivamente la mobilità fluttuante del pensiero che trascorre fra le categorie dell’intelletto, le
smuove, le sfuma e le armonizza, forse provvisoriamente. L’esperienza dota l’artista delle domande corrette da porre ai materiali.
La poetica di Venturini è una vera e propria speculazione che erompe in filosofie di pietra.
L’arte che vuol’essere contemporanea ad oltranza - l’arte affetta da una compulsione al contemporaneo - può accettare la sfida dello scultore ad esprimere con un lessico di moda i problemi sollevati e studiati dalle sue “litosofie”.
Michele BramanteScarica il PDF del catalogo: Ugo Venturini - Filosofie di Pietra
Ugo Venturini
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