Autore
Leonardo Tonini
Ivan Ivanovich Nyukhin indossa un vecchio frac logoro, ma giovanile, non adatto alla sua età. Ad un certo punto se ne libera e lo calpesta, ma quando la moglie sta per tornare se lo rimette in gran fretta e torna per così dire nei suoi panni. Chiede al pubblico di dire alla moglie che la conferenza è andata bene, anche se in realtà non è andata per niente; la vera e propria conferenza, non è mai iniziata. Da subito Ivan Ivanovich dimostra insofferenza verso il compito che gli è stato assegnato, ripete più volte: non me ne importa niente! E fornisce anche esempi di atti di indifferenza, interi lavori buttati via – che pure erano stati apprezzati. Anche il carattere di queste prove, questi trattati, questo enorme saggio breve, di cui dice di andare fiero, non riesce a convincerci. Lui stesso è alquanto scettico:
[…] articoli scientifici,
cioè scientifici non saprei dire
ma almeno di carattere scientifico,
scusate l’espressione, beh, scientifici.
Il contesto è simbolico o per dir meglio psicologico, ogni elemento può essere interpretato come un sintomo. La moglie, i soldi che essa terrebbe per sé, la costrizione che impone al marito, le troppe materie che insegna a scuola, il numero 13 che ricorre, le figlie.
Lo stesso atteggiamento variabile di Ivan Ivanovich è un simbolo, finge indifferenza, paura, rabbia, ma anche orgoglio, di cui però non sa se esserne fiero o vergognarsene.
Sintomi di che cosa? di un disagio, chiaramente, ma: verso che cosa? qual è il nemico invincibile che tanto si odia, ma che resta invincibile? Ne esiste uno solo: la società.
Un uomo non più giovane porta questo frac sciupato dall’uso, che ha visto molti inverni, un frac giovanile. L’uomo è vecchio ma l’abito è giovanile; chi impone all’uomo di portare un abito giovanile anche se vecchio e stanco? chi impone tanti, troppi lavori? chi detiene i soldi e ci lascia senza un copeco? Chi sentiamo come oppressivo e arido nei nostri confronti? Chi non riconosce i nostri meriti? Di chi vorremmo liberarci ma ne abbiamo troppa paura?
Non importa che questo nemico sia reale o immaginario, se sia cioè il fantasma della società e non la realtà stessa; il problema rimane. Si potrebbe vedere la società come un insieme di regole, tra scritte e non scritte, in cui chi sa giocare ne può trarre anche giovamento, arricchirsi, forse essere felice. Si potrebbe dire che la società sia in realtà neutra, e che siamo in fondo noi che non sappiamo giocare. Ma allora perché non sappiamo giocare? Perché è molto più grande il numero di coloro che non sanno giocare e che perdono rispetto al numero dei vincenti? E sono poi davvero vincenti i vincenti?
Questo fantasma (oppressivo, malevolo nei nostri confronti) da dove nasce? È Ivan Ivanovich l’ammalato? il nevrotico? l’insicuro? il debole? Se questi ammalati cominciano a essere la maggioranza, possiamo ancora chiamarli ammalati?
Siamo chiaramente all’interno di una tragedia fallita, che è la cifra moderna del teatro di Cechov. Come in Zio Vanja, c’è una situazione insostenibile che però non si risolve, manca la catarsi della vera tragedia, la morte. Vanja che per due volte spara per uccidere e per due volte manca il bersaglio. E la tragedia è appunto questa impossibilità di una tragedia, questo atto mancato che porta il dramma alla sua esasperazione senza mai una soluzione. Qui i toni sono più leggeri, si tratta in fondo di un breve atto unico pieno di ironia, ma come nei drammi maggiori, le stesse forze spingono dal sottosuolo.
Perché il teatro è l’arte più sociale, tutto ciò che passa in teatro ci riguarda, come uomini e donne davanti alla società. Il teatro è la rappresentazione della società. Guardando al di là del drammaturgo russo, emblematico il caso della Locandiera di Goldoni. Una ragazza alla morte del padre diventa proprietaria di un patrimonio (la locanda) e questo patrimonio fa gola a 3 avventori che le fanno perciò la corte. Lei pensa al suo bene e sceglie il garzone giovane, giovane e soprattutto gestibile, con il quale non ha obblighi di riguardo, con il quale non sarebbe sottomessa. Un episodio visto da Goldoni in una vera locanda, mentre era in viaggio per Firenze. Una storia normale, ai tempi di Goldoni come oggi, una giovane donna intelligente che fa il proprio interesse, senza danneggiare nessuno. Il patrimonio potrebbe anche essere il suo corpo, concesso giustamente a chi vuole lei. Eppure, messa in teatro questa storia banale suscitò uno scandalo. Una donna si ribellava, decideva per sé stessa, umiliava gli uomini, era persino capace di ragionare.
Questa è la potenza del teatro. Una donna in una locanda non fa notizia, la stessa donna sul palco diventa un simbolo. Così in Zio Vanja non si rappresenta solo una crisi familiare, ma è tutta la società che è al limite della sopportazione e non trova una via di fuga; e così Ivan Ivanovich sul piedistallo delle conferenze ci sta dicendo molto di più di quello che dice.
Sanguineti traduce questo teatro di prosa in versi, in endecasillabi sciolti, com’era per le tragedie dell’Alfieri o i saggi, a carattere scientifico, del Parini. E ci tiene a dire “Insieme a”, non usa tradotto, o trasposto o “nella versione in versi di…”. Vi è una identificazione. O meglio, più di una. È anch’egli illuminista, ha un forte sdegno per le ingiustizie, ha una fiera rabbia contro la società e anche se sostiene di essere disilluso, crede nella capacità della parola di poter cambiare le cose. Di sé stesso, ripete di non essere poeta, ma scrive anche le didascalie in endecasillabi. Sanguineti, per come lo conosco io, ha trovato in Ivan Ivanovich un compagno. Un pari, una persona con cui camminare insieme, anche solo per attraversare una piazza, uno di quegli sconosciuti con cui, per caso, ci si trova magicamente in sintonia e con cui si può aprire, finalmente, il cuore – forse perché sappiamo che non lo rivedremo più. E questo Sanguineti lo fa con la poesia, l’arte più intima, l’esatto contrario del teatro; eppure spesso, più di quanto sembri, vediamo queste due arti camminare mano nella mano, insieme.
Leonardo Tonini
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Titolo: I danni del tabacco
Autore: Federico Sanguineti
Editore: Gattogrigio Editore
Data di Pubblicazione: settembre 2022
ISBN-13: 978-889-6314-326
Pagine: 40
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Leonardo Tonini
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