Autore
Daniela Giuffrida
di Daniela Giuffrida.
Castellammare del Golfo (TP), 3 gennaio 1862, Romano Angelina, di anni 9, fucilata, accusata di ‘brigantaggio”, questo quanto risulta dall’Archivio Storico Militare, questo e tanto altro ancora la “storia ufficiale”, quella che si studia sui banchi di scuola, non ha mai raccontato.
Ricorreva lo scorso 3 gennaio il 154° anniversario dell’esecuzione della piccola Angelina Romano. Ricordare un crimine di stato compiuto così tanti anni fa forse non ha molto senso ma la storia è “eterna” e questa sanguina ancora. A quanti non sanno o hanno dimenticato, è bene ricordare che l”annessione” della Sicilia all’Italia, non fu il frutto di una innocente passeggiata che il regio esercito sabaudo decise un giorno di fare nel meridione della penisola e in Sicilia. Costò tanto sangue e tante vittime innocenti; tanti “briganti” persero la vita: Angelina Romano fu una di queste.
Ma chi era Angelina Romano?
Correva l’anno 1861 ed era il 17 marzo quando ebbe inizio la storia dell’Italia unita, quel giorno il neonato Parlamento Italiano aprì i suoi lavori con la proclamazione del Regno d’Italia, in seguito a questa, la penisola venne riunita in un unico stato sovrano “autonomo ed indipendente” ed il re di Sardegna, Vittorio Emanuele II di Savoia, assunse il titolo di re d’Italia. Ma in realtà si era ancora molto lontani dalla vera “unità” del paese.
Lo sbarco dei Mille non era passato indenne dalle terre siciliane e dalle altre meridionali, ovunque erano state seminate morti e distruzioni. La storia ufficiale narra di civili siciliani morti negli scontri con le milizie borboniche a fianco dei soldati garibaldini, la contro-storia parla di massacri compiuti dai garibaldini a danno della popolazione inerme, certo è che l’annessione alle regioni centrali e settentrionali del Regno delle Due Sicilie costò molte vittime a tutti i protagonisti in campo e che disordini e rivolte non cessarono per lungo tempo.
Il periodo storico, dunque, era quello che era: tanta povertà in giro e tanto bisogno di braccia da lavoro nei campi, sicché, quando all’alba del Regno d’ Italia, vennero varate le leggi sulla leva obbligatoria che portarono via migliaia di braccia all’agricoltura, il malcontento popolare crebbe ancora.
Già a maggio del 1861, il nuovo stato unitario, pressato dall’esigenza di garantire la propria “difesa”, aveva deciso di arruolare un gran numero di uomini da addestrare, nel minor tempo possibile. Così, prendendo a modello il servizio di leva vigente in Prussia, fu indetta una sorta di “coscrizione generale”. In poco più di un anno, a partire dal maggio del 1861 e fino al luglio del 1862,furono emanate una serie di norme che “obbligarono” alla leva tutti i giovani nati nel 1840 e qualche mese dopo anche quelli nati nel 1842. La leva, inizialmente, sarebbe durata 6 anni ed i primi ad essere “obbligati” furono oltre 56.000 giovani residenti nei territori dell’ex Regno delle due Sicilie.
I fatti che coinvolgono la piccola Angelina risalgono proprio ai primi giorni del 1862.
Il primo giorno dell’anno, la popolazione di Castellammare del Golfo, in provincia di Trapani, era scesa in piazza al grido “abbasso la leva a morte i cutrara“, la protesta era proprio contro la leva obbligatoria imposta dal Regno Sabaudo, i cutrara erano i ricchi, coloro che potevano pagare la loro esenzione alla leva.
Il 2 gennaio 450 giovani siciliani assaltano la sede del Commissariato di Leva e dentro trovano anche il Comandante della Guardia Nazionale, Francesco Borroso. Arrivano, in tutta fretta, i Bersaglieri, un battaglione intero inviato da Palermo, i giovani scappano e si disperdono tutti nelle campagne e sulle pendici dei monti circostanti, ma i militari trovano sei di loro che avevano trovato rifugio in un casolare di contrada Falconiera e li catturano.
Mariano Crociata di 30 anni, Marco Randisi di 45, Anna Catalano di 50, Antonio Corona di 70 e Angelo Calamia di 70 e il Parroco del paese, Don Benedetto Palermo di 43 anni. Tutti e sei, in virtù dei poteri dovuti alla proclamazione dello Stato di Assedio, vengono passati per le armi, prete compreso, sono accusati di essere “LEALISTI”, così vengono definiti coloro i quali hanno rapporti di connivenza con i “briganti”. Il 3 gennaio i sei lealisti vengono fucilati nella piazza di Castellammare del Golfo per ordine del generale sabaudo Pietro Quintino.
Alla fine dell’esecuzione, nel silenzio della strage appena compiuta, si sentono i pianti di una bambina che aveva assistito alla fucilazione. Angelina Romano è una bambina siciliana, una di quelle bambine che, al tempo di cui raccontiamo, vivevano scalze in un paesino del trapanese: occhi scuri, capelli neri, un faccino pulito come può essere quello di una bambina di poco più di 8 anni. Lei aveva visto tutto, nascosta dietro un angolo, aveva visto tutto e non era riuscita a tacere il suo sconforto, la sua paura. Viene presa facilmente Angelina, che resistenza può opporre una bambina così piccina alla legge degli uomini forti?
La forza di quegli “uomini forti” si esprime nei suoi confronti e sentenzia: “Chiunque verrà incontrato per le vie interne o per le campagne con provvigioni alimentari superiori ai propri bisogni o con munizioni di fuoco per ingiustificato uso, sarà fucilato“. Questo cita l’articolo 3 di un editto speciale creato proprio per “reprimere” la resistenza dei lealisti borbonici ed Angelina doveva davvero essere un pericolosissima brigantessa, per essere messa al muro, con il faccino ancora bagnato di pianto e “giustiziata”.
Daniela Giuffrida
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