L’affascinante, essenziale cantante e poetessa lusitana
Per anni a Lisbona mi fermavano per strada chiedendomi quando avrei registrato un nuovo disco. Ma per me suonare non è un mestiere, è un’esperienza quasi religiosa che coltivo con grande parsimonia. Per questo non ho nessuna fretta: lascio che le cose succedano, senza forzarle, perché a volte non serve cercare l’ispirazione, è lei che viene a trovarti. Questo comunque è il mio modo di vivere l’Arte, non ne conosco altri. (Lula Pena)
Quarantacinque anni e tre soli album pubblicati, una fama internazionale da diva in continua fuga dalla celebrità, e i complimenti di Caetano Veloso che la considera, molto semplicemente, una delle più grandi voci viventi. Nata nel 1974 e cresciuta a Lisbona, Lula Pena ha esordito ventiquattrenne con un disco, Phados, per sparire dai radar fino al 2010, anno di uscita dello splendido Troubadour. Da lì, una traiettoria nel circuito della world music, un passaggio anche al Womex, fino al suo ultimo disco, Archivo Pittoresco, che esce nel 2017 per una delle etichette di punta del settore, la Crammed. Stile disadorno, minimale fino al midollo, di Lula Pena, cantante e poetessa portoghese, si sente dire spesso che è da qualche parte fra Tom Waits e Leonard Cohen, ma al femminile: definizione d’effetto e facile presa ma che nella pratica dice poco o nulla di chi sia Lula Pena e come sia la sua musica. Il fado, punto di partenza e di riferimento per chi si approccia alla musica portoghese, è naturalmente presente, ma sullo sfondo, giusto per dare un appiglio all’ascoltatore e indicargli delle vaghe coordinate con una voce intima e dolente. La sua è una formula sonora molto personale, che risente sia delle influenze del folk americano, sia della musica brasiliana, senza ignorare gli ascolti dei vinili jazz di suo padre. Una combinazione unica, con davvero pochi simili sulla scena musicale contemporanea. Lula è riuscita a crearsi attorno un alone quasi mitico, sacrale, come una sorta di sacerdotessa che officia un rito fatto di pathos e grazia, sensualità sottile, strisciante come una danza che si muova tra le pieghe di ciò che sta al crocevia tra corpo e anima, un movimento quieto ma inesorabile, quelle corde suonate mentre la voce vi ricama sopra testi in lingue diverse e, di tanto in tanto, il pollice destro batte sulla cassa quasi senza darlo a sentire e tuttavia rinfocolando un moto ritmico che, nel suo incedere, non molla di una virgola. Assistere ad un concerto di Lula Pena significa restare rapiti dal suo suonare come in trance, dalla sua timbrica vocale ipnotica e roca accompagnata dalla sola chitarra acustica –che suona magistralmente, con uno stile molto personale, tamburellandola, percuotendola dolcemente. Nei suoi set, come sul disco, la stessa forma canzone si scioglie nel continuo di un discorso che pare ininterrotto. Ogni brano scorre, sfuma nel successivo, una sorta di flusso di coscienza per chitarra e spunti francesi, americani, sardi, dal Mediterraneo e da un qualche passato forse mai esistito… senza molti paragoni, la musica di Lula Pena è un’esperienza da non lasciarsi sfuggire. https://www.lulapena.com/
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