Artisti: Ermanno Barovero – Francesco Preverino
A cura di Edoardo Di Mauro
Luogo: Chiesa di Nostra Signora del Suffragio
Via S. Donato 33 Torino.
Inaugurazione 18 marzo 2016 ore 18.00
Durata mostra 18 marzo- 13 aprile 2016
Centro Studi Faa’ di Bruno
Tel. 340-3461409
Art Gallery La Luna
Tel. 347-4051563
Patrocinio - Regione Piemonte - Città Metropolitana di Torino - Città di Torino
Diocesi di Torino - Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino
Circoscrizione IV - MAU Museo d’Arte Urbana.
Orari mostra:
lunedì- mercoledì- venerdì- sabato 9,00- 12,00 / 15,00- 17,00
domenica 9,45- 12,00 / 15,00- 17,00
martedì- giovedì solo su prenotazione al tel. 340-3461409
Venerdì 18 marzo alle ore 18,00, presso la Chiesa di Nostra Signora del Suffragio, si inaugura la mostra di arte sacra contemporanea "Golgota", con opere di Ermanno Barovero e Francesco Preverino, docenti dell'Accademia Albertina di Belle Arti. L’organizzazione è stata curata dal Centro Studi Faà di Bruno in collaborazione con l’Art Gallery La Luna. Presenzierà il critico d’arte, Edoardo Di Mauro, direttore del Museo di Arte Urbana (MAU).
La Chiesa di Nostra Signora del Suffragio è meglio nota ai residenti del quartiere San Donato ed ai torinesi come la "Chiesa di Faa’ di Bruno", da Francesco Faa' di Bruno, nobile piemontese, militare, scienziato e benefattore, annoverato tra i grandi "santi sociali" torinesi dell'Ottocento, per la sua azione di protettore delle giovani donne in cerca di servizio.
La Chiesa, di cui fu iniziata la costruzione nel 1866, è in stile neoromanico e vanta il campanile più alto di Torino (75 metri).
Ermanno Barovero e Francesco Preverino sono due tra i più significativi autori della generazione post concettuale torinese ed italiana, emersa a partire dai primi anni Ottanta.
Entrambi, dopo avere operato nell'ambito dell'installazione e in quello della scultura tesa alla sperimentazione di nuove forme e nuovi materiali, hanno indirizzato la loro ricerca in direzione di una pittura intensa, simbolica ed espressionista al tempo stesso, in grado di parlare del reale, senza appiattirsi sul dato della quotidianità e memore della grande tradizione di questa disciplina.
L'installazione "Golgota", di grande forza stilistica ed intensità spirituale, è stata realizzata nel 2006 con due quadri di grandi dimensioni, che saranno posizionati sulle balaustre site nelle due cappelle laterali all’altare maggiore. Insieme a questi verrà esposta una serie di studi preparatori di più ridotte dimensioni.
L’evento si realizza anche con il supporto del MAU, che tra il 2013 ed il 2014, ha curato la decorazione della parete del circolo ricreativo della Chiesa di San Alfonso, nel Borgo Campidoglio.
---------------------------------------------------------------------
Questo appuntamento espositivo, che ho l'onore di presentare presso la Chiesa di Nostra Signora del Suffragio, è una nuova, importante occasione per verificare come il rapporto plurisecolare tra dimensione artistica e religiosa, intesa quest'ultima anche nella veste secolare della Chiesa Cattolica, abbia ripreso a considerare la necessità fondamentale di un dialogo e di un confronto. Confronto che si era sostanzialmente interrotto, e comunque fortemente ridimensionato, dopo la stagione Illuminista, causa prima che determinò il nuovo assetto sociale dell'Occidente a partire dall'Ottocento, con la Rivoluzione Industriale ed il progresso tecnologico a promettere un miglioramento sensibile delle condizioni di vita, le cosiddette "magnifiche sorti e progressive" dell'umanità, e l'arte a rivendicare il suo essere linguaggio autonomo, finalmente svincolato da qualsiasi omaggio ad una dimensione metafisica ormai abbandonata in favore della fede cieca nelle virtù dell'individuo e della tecnica. Dopo la parentesi romantica, in cui gli artisti temono che la nuova condizione possa far perdere la dimensione artigianale e spirituale del fare artistico con il suo conseguente inserimento nelle alienanti logiche del mercato, e si rifugiano, come i Nazareni, e, più mondanamente, i Preraffaelliti, nella citazione delle storie sacre e di un Medioevo idealizzato, evidente nell'architettura di molte chiese, anche torinesi, di quel periodo, assistiamo ad un graduale distacco tra arte e religione, nel lungo ciclo dell'avanguardia novecentesca dove, per dirla con Walter Benjamin, si entra definitivamente dalla fase rituale a quella politica delle società di massa e dei totalitarismi, in cui alla religiosità tradizionale si sostituisce un inquietante culto della personalità, i cui tragici esiti sono a tutti noti. Con alcune significative eccezioni, ad esempio singole personalità come Marc Chagall, o il "Manifesto dell'Arte Sacra Futurista" e, nel secondo dopoguerra, il tentativo di rifondare su nuove basi, ma con tentativi non sempre riusciti, l'architettura religiosa, per renderla più conforme alla lezione delle avanguardie od alla nuova realtà della comunità metropolitana. Ora, in questa fase di contemporaneità avanzata, di "società dello spettacolo", basata sul predominio dell'immagine a scapito della parola, di globalizzazione e trionfo del mercato e delle sue ciniche leggi, sempre più consistenti indizi fanno intravedere una volontà sincera, al di là dei sincretismi "new age" tanto di voga qualche anno fa, di riscoprire la dimensione spirituale e, di conseguenza, la relazione tra linguaggio dell'arte e simboli del sacro.
Per chiudere questa introduzione penso sia utile riproporre un brano del mio saggio critico redatto in occasione di una mostra del maggio 2015, allestita presso il Giardino delle Rose del Castello di Moncalieri, intitolata "Il cuore sacro dell'arte" : "La religione, come il pensiero mitico, il pensiero simbolico e la ragione, fanno parte della natura dell'uomo sia religioso che a-religioso. L'arte, ai suoi primordi, aveva il compito prioritario di esorcizzare la paura della morte, allontanare il senso della fine e dell'incertezza, così vivi e presenti nella nostra attuale ed incerta dimensione quotidiana. L'esclusività del rapporto tra il fruitore e l'opera, sia che generi fascinazione o distacco e repulsione, consente di porsi in una dimensione privilegiata, in grado di percepire il respiro della spiritualità, senza doverla necessariamente riconoscere nello stile, nelle forme e nei simboli della tradizione. Scrive il grande storico delle religioni Mircea Eliade : “ Il sacro nell'arte contemporanea è diventato irriconoscibile, si è camuffato in forme, propositi e significati che sono apparentemente “profani”. Il sacro non è scontato, com'era per esempio nell'arte del Medioevo. Non si riconosce immediatamente e facilmente, perchè non è più espresso attraverso il convenzionale linguaggio religioso”.
Ermanno Barovero e Francesco Preverino, entrambi docenti dell'Accademia Albertina, sono due tra i più significativi autori della generazione post concettuale torinese ed italiana, emersa a partire dai primi anni Ottanta. Entrambi, dopo aver operato nell'ambito dell'installazione ed in quello della scultura tesa alla sperimentazione di nuove forme e materiali, hanno indirizzato la loro ricerca in direzione di una pittura intensa, simbolica ed espressionista al tempo stesso, dotata di un equilibrio non facile da raggiungere tra questi due elementi fondanti, in grado di parlare della realtà senza appiattirsi sul dato della quotidianità, e memore della grande tradizione di questa disciplina, dai due artisti sapientemente declinata al presente, a fugare qualsiasi concessione al "già visto".
L'installazione "Golgota", di grande forza stilistica ed espressiva ed intensità spirituale, è stata concepita e realizzata con due tele di grandi dimensioni originariamente nel 2006, presso la Chiesa di San Pietro in Teglio, in provincia di Sondrio, nella mostra "Superfici in equilibrio", a cura di Daniele Crippa, e non più riproposta per la difficoltà nell'individuare ambienti adatti, come misure e contesto.
Ambiente individuato nella Chiesa di Santa Maria del Suffragio, che perfettamente si adatta all'intento. Le due tele, insieme ad una serie di studi preparatori di più ridotte dimensioni, saranno collocate sulle balaustre site nelle due cappelle laterali all'altare maggiore.
Sia Barovero che Preverino hanno interpretato questo tema della storia sacra, ancora di stringente attualità nella fase di passaggio, tormentata e sofferta, che sta vivendo la nostra umanità, particolarmente chi vive nel Medio Oriente, adoperando le loro tipologie espressive, assolutamente individuali, ma al tempo stesso testimoni di vicinanza creativa ed esistenziale.
Ermanno Barovero lo ricrea nella dimensione della sospensione e dell'attesa, dell'eternità ed attualità del messaggio divino. Il Golgota, come è noto, è, secondo la tradizione, la collina appena fuori dalle mura di Gerusalemme dove Cristo venne crocifisso. Storicamente è provato come i Romani adoperassero le superfici collinari come luogo prediletto per questo tipo di esecuzione, per la sua visibilità a distanza e la conseguente carica di ammonimento. La tradizione antica riteneva che il Golgota fosse anche il luogo di sepoltura del primo uomo, Adamo, come testimonia la molta iconografia che raffigura un teschio sepolto sotto la Croce. Questo fa del Cristo un "nuovo Adamo", venuto sulla terra per liberare l'uomo dai suoi peccati.
Barovero dà del Golgota una versione pittorica intrisa di liricità e romanticismo, raffigurando un paesaggio visto da distanza, in una dimensione di luce soffusa che dà intensità di timbro alle cromie prevalentemente rosse ed azzurre, con un disco solare che potrebbe essere quello del tramonto oppure dell'alba. Perfettamente centrata nell'inquadratura, appare in lontananza ma perfettamente nitida, la barra centrale della Croce. Non è dato sapere se questa è stata appena piantata, e se l'evento è già avvenuto oppure è destinato a ripetersi. Barovero ci indica una strada che è quella dell'eternità.
Francesco Preverino costruisce la sua visione del Golgota in una accezione di estremo espressionismo, privilegiando la corporalità e la teatralità formale della scena e dei suoi protagonisti, dal Cristo crocifisso alle figure, a partire dalla Madre, che gli fanno da necessario contorno, simboleggiando l'intera umanità dolente. L'espressività della composizione si integra con la sapiente evidenziazione delle linee forza dell'inquadratura, con una tracciatura dei corpi essenziale e nervosa, ma al tempo nitida ed esauriente per avere evidenziato la dimensione interiore dei protagonisti del dramma. Di dramma si tratta, enfatizzato senza però ridondanza alcuna, nella priorità del movimento, con le figure, una in particolare, che sembrano volere sottrarre Cristo all'inutile ed ingiusto martirio. La tonalità prevalente, in sintonia con lo stile di Preverino, è il nero, ma squarciato da lampi di luce bianca, ed interdetto dal dinamismo e dal protagonismo delle figure rappresentate. Quella di Preverino è una versione contemporanea della teatralità e del senso del movimento che ebbe nella stagione del Naturalismo Barocco di impianto caravaggesco il suo massimo apice.
Edoardo Di Mauro, febbraio 2016
On-line dal 08-03-2016 questa pagina
è stata consultata da 1164 visitatori univoci.
Aggrega contenuto