Il grandissimo cantautore cult ci presenta tre gioielli:
il suo ultimo album del 2017 - Flying At Night,
la sua autobiografia - Big City Cat: My Life In Folk Rock
e la nuovissima e inattesa perla discografica qual è il suo nuovo album - The Magic Tree Ritorna in Italia dopo moltissimi anni il cantautore cult Steve Forbert per presentare il suo nuovo disco The Magic Tree, inizialmente pensata come una raccolta di outtake e provini acustici, alcuni risalenti persino alla metà degli anni ottanta, che doveva fare da contorno alla biografia. Queste canzoni sono capitate nelle mani del produttore Karl Derfler, storico collaboratore di Tom Waits, che le ha modellate con nuovi musicisti e un sound di studio in grado di offrire loro la veste di un disco vero e proprio. E così The Magic Tree si trasforma probabilmente nel lavoro più ispirato e coerente pubblicato da Forbert da molto tempo a questa parte, con la title track e il suo docile languore folk rock, a ragionare sulla vita, sull'amore, anche sulla malattia che ha colto di recente Forbert, e naturalmente sulle occasioni colte e perdute. Esattamente un anno fa Steve sarebbe dovuto arrivare in Italia, dopo molti anni, per presentare il suo ultimo disco Flying at Night, prodotto da Anthony Crawford, storico collaboratore di Neil Young, Steve Winwood e Dwight Yoakam. È stato fermato da un tumore che gli ha messo tutta la vita davanti, quarant'anni di carriera, piena di ostacoli, ripartenze e momenti di gloria che sono sfociati in un inatteso libro di memorie, Big City Cat: My Life In Folk Rock, firmato insieme alla giornalista Therese Boyd. Steve ci offre attraverso questa biografia uno spaccato dell’America che parte dal profondo Mississippi, dove è nato, e arriva fino alle mille luci di New York, nel mezzo di un passaggio storico importante, quando folk rocker come lui viaggiavano fianco a fianco alla rivoluzione punk, ma raccontavano l'America da un'altra visuale.
Steve è stato capace di raggiungere la meta agognata con determinazione e quel pizzico di spavalderia che non guasta mai, nonostante quel faccino da bravo ragazzo che si ritrovava. Classe 1954, Steve Forbert giunge a New York dal Mississippi nel '76 e comincia ad esibirsi per strada o alla Grand Central Station, suonando la chitarra e l’armonica in cambio di pochi spiccioli. Senza paura e con la faccia tosta del ragazzo esploratore che arriva dalla campagna, entra in contatto con la scena al CBGB, si fa conoscere tra i locali del Greenwich Village ed esplora curioso la gente tra le fermate della metropolitana. Tutte esperienze che confluiscono nell’album di debutto Alive On Arrival (1978), insieme a sogni e qualche accenno di malinconia. Un disco folk che lascia il segno, tanto da spingere la critica a ritirare fuori dalla naftalina quell'adesivo ‘nuovo Dylan’ caduto un po' in disuso, con la colla ormai secca e consumata dal tempo, ma che nei primi anni settanta andava tanto di moda e si appiccicava bene un pò su tutti. Già, Dylan: in quegli anni è tutto e il contrario di tutto fuorché un folk singer. Legittimo ritirare fuori gli sticker dal cassetto. Se ne accorge immediatamente la Nemperor Records (sotto etichetta della Epic) che mette Steve sotto contratto, anche se i paletti li pianta il determinato Forbert: …nel disco suono la mia musica! E così va. Dentro a questo debutto c'è il limpido futuro di un ragazzo che è capace di ripetere a stretto giro la formula per un altro disco, Jackrabbit Slim (1979) -uno dei migliori dischi di cantautorato americano degli anni settanta- cambiando anche le carte in tavola e trainato dal successo del brano Romeo's Tune. Steve suscita un vivo interesse pubblico con un brano folk-pop in un periodo in cui va esaurendosi l’interesse generale per i cantautori alla Dylan mentre Talking Heads, Blondie e altri atti New Wave e punk si affacciano con forza alla ribalta. I critici si entusiasmano ai testi poetici di Forbert e alle sue melodie coinvolgenti, e la folla al CBGB lo porta in trionfo. …Non sono mai stato interessato a cambiare quello che faccio per adattarmi alle tendenze emergenti, osserva Forbert, …ripensandoci, stavo contribuendo a mantenere viva una particolare tradizione in un momento in cui non era al centro dell’attenzione - una tradizione che da allora ha visto una fiorente ripresa, fino ad evolvere nell’attuale genere Americana. In quasi 40 album pubblicati, Forbert ha collezionato un lungo elenco di canzoni indimenticabili e album quali Streets of This Town, The American in Me, Mission of the Crossroad Palms e Just Like There's Nothin 'to It che sono vere e proprie pietre miliari. E’ stato nominato per un Grammy Award nel 2004 ed è stato inserito nella Mississippi Musicians Hall of Fame nel 2010.
I nostri soci storici lo ricorderanno: Steve ha calcato il palco del FolkClub una sola volta in passato, era il 26 febbraio 1998 e ad aprire il suo concerto fu nientemeno che Chip Taylor (cantautore americano Classe 1940, fratello dell'attore Jon Voight e zio degli attori Angelina Jolie e James Haven). Ha dovuto annullare il suo tour europeo 2018 (e quindi il suo ritorno al FolkClub dopo 20 anni) per una grave malattia, ora sta decisamente meglio e si rimette in cammino, e lo fa alla grande! Bentornato Steve!!
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