“Nessuna critica, si ignora….”
Personale di Santo Leonardo alla Galleria del Museo d’Arte Urbana
Conosco e stimo il lavoro di Santo Leonardo fin dalla seconda metà degli anni Ottanta, sia per la qualità che per la coerenza progettuale.
Leonardo, dopo una ricerca condotta sull’oggetto, a partire dalla seconda metà dei Novanta ha virato in direzione di una pittura caratterizzata da un estremo rigore che cammina di pari passo con una duttilità nella composizione della forma, che gli consente di proporre una serie di varianti presso che infinita e sempre originale.
Proprio in virtù di questa linearità e perseveranza, in grado di auto rigenerarsi. ritengo opportuno riproporre un testo che gli dedicai nel novembre 2003, ancora di estrema attualità, dando ai molti che all’epoca non poterono leggerlo la possibilità di farlo ora.
“Negli anni ’80 si entra in quella che molti definiscono, non di rado con confusione terminologica, stagione postmoderna, etichetta che va usata come parziale sinonimo di contemporaneità, a meglio indicarne una condizione di non del tutto compiuto dispiegamento.Molti segnali fanno intendere come anche questo interregno volga al termine, e sono una globalizzazione economica e culturale ansiosa di essere governata con spirito giusto ed equanime, come richiedono ampi movimenti di opposizione, la cultura occidentale messa alle corde dai flussi migratori e dal terrorismo islamico, con il crollo delle Torri Gemelle ad indicarci che il mondo virtuale in cui ci siamo più o meno pigramente cullati per un ventennio abbondante si è alla fine manifestato con una oggettività concreta e devastante, la crisi definitiva degli ultimi nuclei di capitalismo tradizionale, ancora non piegatisi alla necessità di collocarsi in un ambito sopranazionale di scambi ed accorpamenti governati dalle leggi della finanza internazionale. Tuttavia, pur in presenza di una sensazione diffusa di sconcerto ed incertezza, si avverte il senso di una stagione che si libera da una sia pur compiacente stagnazione per approdare ad un orizzonte, in un modo o nell’altro, rinnovato, ad una nuova epoca. Naturalmente l’arte, e non poteva essere diversamente, ha seguito in parallelo questi mutamenti, ora assecondandoli, ora precedendoli. A partire dalla seconda metà degli anni’70 e per tutti gli anni’80, ha inizio quella fase di esaurimento dell’incedere progressivo del linguaggio delle avanguardie con l’avvento di un nuovo e diffuso clima, caratterizzato inizialmente dal ritorno della manualità pittorica ed in seguito da un eclettismo stilistico dove la citazione delle principali esperienze formali del Novecento si è abbinato al tentativo di stabilire un dialogo con una realtà caratterizzata da una presenza sempre più invasiva delle nuove tecnologie e degli strumenti di comunicazione. Gli anni’90 hanno sostanzialmente proseguito in questa direzione, con una marcata presenza della fotografia e del video ed un graduale infittirsi delle presenze operanti a vario titolo nella scena artistica. Nell’ambito di un panorama sempre più uniforme e globalizzato, la connotazione negativa dell’arte italiana dell’ultimo decennio è stata la conformistica adesione a moduli compositivi estranei alla nostra tradizione. Particolarmente riguardo la vasta area del cosiddetto “neoconcettuale”, dove è stato privilegiato quello che ha stancamente ricalcato i canoni espressivi degli anni ’60 e ’70 proponendo un appiattimento totale sulla realtà, spesso limitato alla dimensione del proprio microcosmo individuale, ed invece hanno spesso faticato ad imporsi quelle opere in grado di esprimere autenticamente lo spirito del tempo, in bilico tra realtà ed allegoria, e dotate di una carica di corrosiva e disinibita ironia, peculiarità del “genius loci” italiano. Un clima di questo genere favorisce indubbiamente la riflessione sulle esperienze del recente passato, e sulla loro frequente condizione di attualità, permettendo una positiva rilettura di importanti esperienze individuali e collettive, che si riversano ed arricchiscono uno scenario in cerca d’autore. Ma non solo. Attualmente anche molti artisti dotati di una storia personale già lunga e significativa riescono a stupire per la loro volontà di mettersi in discussione e porre in essere un rinnovamento formale del loro lavoro che riesce a sintonizzarli con l’avanzante contemporaneità. È certamente il caso di Santo Leonardo. Leonardo è un artista dotato di grande esperienza. Esponente tipico, anagraficamente e stilisticamente parlando, di quella “generazione di mezzo”, caratterizzata dall’essere venuta alla luce successivamente all’Arte Povera e prima della Transavanguardia, estranea formalmente ad entrambe, da me più volte presa in esame, singolarmente e collettivamente, negli scorsi anni, e posta a confronto con successo, data l’indubbia sintonia, con la scena italiana più giovane. Torinese d’adozione, Leonardo ha esordito con una ricerca parallela all’evoluzione del concettuale della seconda metà degli anni ’70, dove col tramite della fotografia si iniziava a ricostruire l’immagine e la narrazione perduta. Nel decennio successivo è significativo l’apporto che egli da al rinnovamento del linguaggio della scultura, oltre i classici del Novecento e la più recente tradizione dell’installazione concettuale e poverista. Nella seconda metà di quel decennio, lavorando a stretto contatto con i giovani autori selezionati e proposti dalle due gallerie torinesi di punta all’epoca, Carbone e VSV, Leonardo fornisce un contributo di assoluta originalità e maturità formale, dando vita ad un vasto repertorio di ironici assemblaggi , ottenuti perlopiù dall’accostamento irriverente di oggetti plastici tratti dall’universo kitsch della “cultura bassa”. Nella prima parte degli anni ’90 l’artista proseguirà sostanzialmente su questa scia, ulteriormente affinandola, e ponendosi come collante teorico per numerosi gruppi di lavoro e ricerca artistica a Torino, ma anche al di fuori della cerchia cittadina. Nella seconda metà degli anni ’90 Leonardo intraprende il percorso che porta ai giorni attuali, con una riscoperta della pittura e di una manualità, in apparenza, di impianto tradizionale. Data troppo frettolosamente per inadeguata ai tempi e tuttora vittima di superficiali interpretazioni critiche, la pittura mantiene una invidiabile vitalità che le consente di calcare egregiamente la scena, adeguandosi con armonia alle mutazioni del sociale. La pittura è da sempre la casa di tutte le tecniche e di tutti i progetti, luogo eletto da cui traggono origine le manifestazioni sensibili dell’arte. Lo stile prescelto da Leonardo, pur in una accezione “alta” anche se non aulica, riesce a sintetizzare lo spirito di molte stagioni novecentesche ed al tempo stesso essere di estrema attualità. Si tratta di composizioni strutturalmente complesse, realizzate con tinte vivaci ma al contempo non squillanti, tenui nel loro raffinato lirismo. La prima impressione è quella di trovarsi davanti ad una forma di astrazione “dolce”, dove la linea curva prevale sulla rigidità dell’angolo retto, ma una più attenta osservazione svela quello che è il preciso intento rappresentativo. Si tratta infatti di figure umane nell’ interezza anatomica, sezionate nelle linee forza, scandagliate nella loro interiorità, e miscelate fino ad ottenere un effetto di inedito spiazzamento visivo, realizzato con armonia, però, ed in grado di ipnotizzare colui che vi addentri lo sguardo oltre un certo limite.”
Nella personale presso la Galleria del Museo d’Arte Urbana Leonardo presenta una serie di pitture recenti di dimensioni medio -grandi, dove sarà possibile ammirare la plasticità cinetica del corpo inorganico che si plasma e si ricompone, in una dimensione di movimento cosmico, al di là del tempo e dello spazio.
Il titolo “Nessuna critica, si ignora….”, è una ironica stoccata, giocata sul piano dell’ambiguità voluta dell’affermazione, su di un certo ambiente medio – alto borghese di Torino, negli atteggiamenti esteriori progressista e “culturalizzato”, ma nei fatti tendente alla ghettizzazione di quanto non sia interno, per origine o cooptazione, al proprio ambiente, in poche parole, non “corretto politicamente”.
Questo modo di fare, spesso esteso al mondo dell’informazione, si basa non tanto sulla critica, che in quanto tale comporterebbe inevitabilmente visibilità per l’oggetto della stessa, ma sull’ignorare quanto avviene al di fuori del proprio angusto recinto.
Atteggiamento di cui in molti abbiamo sofferto, specie nei decenni Ottanta/Novanta, poi attenuatosi, pur non scomparendo, in virtù di un sempre più esteso rimescolamento sociale che sta mutando gradualmente il volto del capoluogo piemontese.
Uno spirito libero ed indipendente come quello di Santo Leonardo ha certo patito di quella condizione riuscendo però, con perseveranza, a tenere dritta la barra del timone nel periglioso viaggio all’interno dell’arte.
Edoardo Di Mauro, dicembre 2017
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