I primi giorni di dicembre vedranno celebrare i cinquant'anni dall'uscita di "THEIR SATANIC MAJESTIES REQUEST" il disco più anomalo della storia degli Stones, il primo interamente prodotto da loro, quello psichedelico lontano anni luce , parafrasando il titolo di uno dei brani del disco, dal loro suono più blues, quello forse più odiato sia dai fans che da loro stessi con il senno di poi, pubblicato in un anno horribilis per i tanti problemi con la giustizia che vivranno in quei mesi. Se per molti versi non è un capolavoro immancabile, di certo è un disco ricco di tante suggestioni influenzato dall'uscita di Seargent Pepper e da ciò che echeggia in California, l'LSD non è forse la loro droga preferita si sa, ma il risultato è veramente psichedelico.
Su tutte le canzoni si ergono principalmente "Citadel", "She's A Rainbow", "2000 Light Years From Home" "200 Man" ecco, solo per queste varrebbe l'acquisto a mio avviso per originalità rispetto alla loro produzione, entrano però in conflitto con quella gentilezza "Hippie" a partire dal titolo dell'album , demoniaco ma non ancora come lo sarà il successivo "Beggars Banquet" decisamente inquietante, inquietante è anche l'astronauta che si perde nel cosmo di "2000 light..." che strizza l'occhio ai Floyd di "Interstellar Overdrive" o "Set The Control..." è tutto molto magico e al confronto di molta produzione psichedelica della stessa era ne esce per assurdo meglio di altri nomi più blasonati, e il tempo gli rende una grazia che all'epoca non ricevette nè dalla critica nè dai Fans.
un capitolo speciale lo merita poi la copertina, realizzata con Gatefold apribile con all'interno un gioco con labirinto e un collage di foto ritagliate e ricorrente nell'immaginario psichedelico di metà anni sessanta, la front cover è l'apoteosi delle immagini 3D realizzata in stampa lenticolare, all'epoca andavano per la maggiore per intenderci quelle immaginette delle cartoline con le donnine che a secondo del movimento si spogliavano o rivestivano, il tutto a ricordare molto la copertina di Sgt Pepper dei Beatles. A proposito dei Fab Four, fanno capolino in "Sing This All Together" Lennon e McCartney con i loro cori , oltre alle voci di Anita Pallenberg, Ronnie Lane, Steve Marriot anche alla chitarra degli Small Faces, e gli arrangiamenti agli archi di John Paul Jones.
Concludendo, un disco non per i cultori del suono classico degli Stones, oppure una sorpresa per chi ha amato altri suoni e detestato gli Stones di Brown sugar e Satisfaction.
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