Autore
Davide Amerio
di Davide Amerio.
Anche oggi in Italia non ci facciamo mancare le misure cautelari per qualche burocrate di stato. Questa volta tocca a Dario Lo Bosco, presidente di RFI (Rete Ferroviaria Italiana, partecipata al 100% da Ferrovie dello Stato) e anche presidente della AST (Azienda Siciliana Trasporti). Sarà ovviamente la magistratura ad accertare le responsabilità. La novità sembra risiedere, sostengono gli inquirenti, nell’aver trovato un “libro mastro” delle mazzette, con nomi e cifre, nelle mani di un imprenditore agrigentino che ha pagato per velocizzare alcune pratiche e ora vuota il sacco con i magistrati.
L’elenco dei mis-fatti, dei nomi, dei ruoli di questa farsa che è diventata la nostra Repubblica popola da molti anni i libri di Marco Travaglio. In realtà non sono più libri. Sono enciclopedie con aggiornamenti annuali in fascicoli senza una scadenza. Il dato certo è che questa corruzione endemica e diffusa corrode il paese e brucia quelle risorse economiche di cui abbiamo bisogno per mantenere uno stato di benessere.
Cosa c’è che non va in noi Italiani? Nel 1651 Thomas Hobbes pubblicava il “Leviatano“, uno dei testi più importanti della storia del pensiero politico. In esso Hobbes individuava le ragioni della necessità di avere uno “Stato”. Secondo il filosofo l’uomo lasciato allo “stato di natura” è succube delle passioni e della paura che lo spingono verso una condizione di guerra perenne degli uni contro gli altri per sopravvivere. Gli uomini bramano le stesse cose e sono disposti a sopraffare i propri simili per ottenerle.
Lo Stato è lo strumento prodotto dall’uomo, e non dalla natura, concepito in termini razionali per impedire uno stato di guerra continua nel quale ogni individuo è privato della possibilità di godere del prodotto del proprio lavoro e di perseguire la felicità. Allo Stato gli uomini delegano il potere di essere rappresentati.
Uno Stato si dice che è istituito quando una moltitudine di uomini si accorda e pattuisce, ognuno con ogni altro, che, a qualsiasi uomo, o assemblea di uomini, sarà dato dalla maggioranza il diritto di rappresentare le persone di tutti loro, il che vuol dire di essere il loro rappresentante, e ciascuno di loro, sia colui che ha votato a favore sia colui che ha votato contro, autorizzerà tutte le azioni e tutte le decisioni di quell’uomo o di quell’assemblea di uomini allo stesso modo come se esse fossero sue azioni e sue decisioni, e tutto ciò allo scopo di vivere in pace fra loro e di essere protetti contro gli altri uomini. Da questa istituzione di uno Stato sono derivati tutti i diritti e le facoltà di colui o di coloro a cui è stato conferito il potere sovrano da parte del popolo riunito in assemblea […] (Th. Hobbes, Leviatano, II, cap. XVIII)
La concezione hobbesiana implica uno stato “forte” e autorevole che acquisisce il diritto di piegare anche con la coercizione la volontà dei singoli. Non a caso questo pensiero è stato sovente alla base della giustificazione di uno “stato autoritario” nel corso della storia.
Ma se la ragione di uno Stato è quella di “proteggere” i singoli, come può uno Stato corrotto – nel quale proprio i rappresentanti delegati a gestire i conflitti e armonizzare gli interessi dei singoli vengono meno al loro dovere istituzionale, – svolgere il suo compito?
Può sembrare banale, ma non lo è. La tolleranza e la complicità nei confronti della corruzione indica lo smarrimento di qualsiasi principio che lega lo “Stato” al popolo su cui deve vigilare.
La nostra Costituzione (la più bella del mondo!) è ricca di valori volti a offrire alle persone lo spazio, gli strumenti, e la possibilità di ricercare la propria felicità, di sviluppare le proprie attitudini, di godere del benessere, perché riconosce (sotto il profilo storico) l’importanza che queste cose hanno nel consentire il progresso di tutta la comunità e di mantenerla in una condizione di “pace”.
È questo senso originario dello “Stato” come comunità che abbiamo smarrito. Le persone che svolgono il loro compito istituzionale in modo onesto e trasparente sono considerate estranee ad esso. Le ideologie sono solo più un paravento di carta dietro al quale si consumano nefandezze quotidiane.
Eppure tanto è evidente questa condizione tanto più sembra esserci tolleranza e accondiscendenza verso questo sistema.
Se non torniamo a pensare di meritare qualcosa di meglio che questo modello di non-stato pervaso dalla corruzione saremo condannati all’infelicità e a una arcaica condizione di sudditanza.
(D.A. 29.10.15)
Davide Amerio
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