La testata giornalistica Il Sole 24 Ore è alla frutta, e tra i padroni di Confindustria volano parole pesanti alla ricerca dei responsabili.
La stampa delle “importanti” testate giornalistiche è perennemente in crisi da diversi anni. L’avvento del web e la continua diminuzione dell’interesse per ciò che scrivono i giornali attestano un declino continuo. Come da copione, non manca “Pantalone” che contribuisce con generosi finanziamenti pubblici le barche in tempesta.
Onnipresenti le buonuscite milionarie a direttori e amministratori. Il bubbone scoppiò nei mesi scorsi, proprio a seguito della generosa (milionaria) liquidazione del direttore uscente Roberto Napoletano.
Confindustria rischia di mangiarsi una bella fetta del proprio patrimonio per tentare di rattoppare una situazione finanziaria disastrosa: si parla di 50 milioni di perdite della testata e di un fabbisogno di aumento di capitale tra i 60 e i 100 milioni di euro (ma c’è chi parla di 250). Senza contare le perdite della seconda parte di quest’anno.
L’associazione degli industriali cerca di battere cassa tra gli associati, ma molti di questi rispondono picche e sono fortemente critici sulla gestione dell’Associazione e del giornale. Una partita tutta politica tra poteri interni e di contorno nell’ambito del “ghota” industriale italiano.
Alle spalle della situazione economica ci sono i “padroni dei padroni”, ovvero le banche, le solite note. In borsa il titolo è ridotto a valore simbolico e la procura di Milano annusa aria di falso in bilancio.
Non manca la prospettiva di una cura da cavallo, ovvero licenziamenti, pre-pensionamenti, cassa integrazione. La marchetta concessa a Renzi sul referendum trova giustificati motivi nella situazione di Confindustria.
Morale: toccherà anche ai giornalisti del “Sole 24 ore” (e probabilmente anche ai dipendenti di Confindustria) mangiare un po’ di “austerity” e subire gli effetti delle “ristrutturazioni” necessarie. Chissà che a qualcuno non porti feconde illuminazioni sulle idee del neoliberismo tanto caro ai padroni del vapore.
A noi non rimane l’ennesimo triste spettacolo da parte di chi ci vuol insegnare a vivere; rappresentazione teatrale che ben conosciamo e della quale finiamo sempre per pagare, in un modo o nell’altro, un esoso biglietto.
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