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Amministratore
di Simonetta Mitola.
Il 28 ottobre 2015, a Torino, si è tenuto il convegno dal titolo “Verso il deposito nazionale: sicurezza e benefici per il territorio nella gestione dei rifiuti radioattivi” presso l’assemblea annuale dell’Anci
Sul deposito per i rifiuti nucleari, Legambiente lancia un appello “Nella partita della messa in sicurezza e dello smaltimento dei rifiuti radioattivi in Italia, è necessario e urgente realizzare un deposito unico nazionale di un certo tipo, che accolga solo scorie di bassa e media radioattività e non quelle ad alta radioattività. Queste ultime non possono essere gestite in Italia, nemmeno temporaneamente, ma come prevede la direttiva europea possono essere, invece, accolte in un deposito internazionale a livello europeo”. L’appello è stato lanciato il 28 ottobre 2015 da Torino, in occasione del convegno all’assemblea annuale dell’Anci dal titolo “Verso il deposito nazionale: sicurezza e benefici per il territorio nella gestione dei rifiuti radioattivi” al quale l’associazione ambientalista ha partecipato. Dalla città del Lingotto Legambiente torna a ribadire anche l’importanza di avviare al più presto un percorso partecipato, trasparente e di condivisione territoriale per arrivare alla scelta di un sito dove realizzare il deposito in questione.
Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente sostiene “Sul percorso avviato fino ad oggi e che dovrà portare all’individuazione del sito siamo molto preoccupati perché c’è poca trasparenza, ci sono forti ritardi, non c’è certezza sui tempi e mancano controllo e garanzia. Lo scorso gennaio la Sogin ha consegnato all’Ispra la Carta delle Aree Potenzialmente Idonee, la Cnapi. L’Ispra, dopo un’attenta analisi, ha inviato la sua valutazione ai ministeri competenti. Questi ultimi, dopo aver chiesto ulteriori approfondimenti tecnici a Ispra e Sogin sulla Cnapi, a fine agosto avrebbero dovuto comunicare la lista dei siti idonei a ospitare il deposito dei rifiuti nucleari pubblicando la Carta. Ma dai dicasteri non è arrivata mai nessuna risposta in merito, non c’è stato nessun dialogo con i territori ed, inoltre, ad oggi non è ancora operativo l’Isin, l’ente di controllo che dovrebbe seguire con la Sogin la questione del deposito. Siamo, dunque, convinti che i troppi ritardi e la poca trasparenza che hanno caratterizzato fino ad ora questo lungo e complesso percorso, rischino di far partire il tutto con il piede sbagliato. Per questo torniamo a ribadire l’urgenza di avviare un percorso trasparente, partecipato e condiviso che coinvolga i territori e le amministrazioni locali, ma che sia anche condotto e controllato da personalità di provata esperienza e competenza”.
Dopo la chiusura delle centrali nucleari, in Italia sono rimasti 90.000 mila metri cubi di scorie radioattive, di cui il 60% derivanti dallo smantellamento delle centrali nucleari e il restante 40% dalle attività medico industriali, che continueranno a produrre rifiuti radioattivi anche in futuro. Sul totale sono poi 15mila metri cubi di scorie ad alta radioattività che, secondo Legambiente, devono essere smaltite all’estero.
L’associazione ambientalista ricorda che, ad oggi, i rifiuti a bassa e media radioattività sono raccolti, seppur in maniera temporanea, in depositi spesso non idonei e a rischio come accade ad esempio a Saluggia, in provincia di Vercelli, in Piemonte, dove nel centro Eurex sono custoditi l’85% dei rifiuti nucleari italiani tra cui anche quelli ad alta radioattività. L’impianto si trova sulle sponde della Dora Baltea, vicino alla confluenza di questa con il Po, in una zona ad elevato rischio alluvionale, oltretutto sopra le falde acquifere piemontesi. Sempre a Saluggia si stanno costruendo due nuovi grandi depositi “definiti temporanei”. Su La nuova Ecologia di ottobre un approfondimento sulle scorie radioattive d’Italia: http://lanuovaecologia.it/scorie-cercano-casa
Abbiamo anche intervistato Gian Piero Godio, responsabile di Legambiente per il vercellese.
Come mai l’elenco dei siti idonei non viene pubblicato?
Sogin, nella propria attività, è tenuta a rispettare quanto sarà stabilito dal Programma Nazionale, e non può assumere arbitrariamente decisioni che, ai sensi del Dlgs 4 marzo 2014, n. 45, sono riservate a tale Programma, di imminente emanazione da parte del Governo, il quale, come stabilito dall’articolo 8 del suddetto Dlgs, dovrà definire, fra l’altro:
gli obiettivi generali della politica nazionale riguardante la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi;
i progetti o piani e soluzioni tecniche per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi dalla generazione fino allo smaltimento, ivi incluso il Deposito nazionale.
Ci auguriamo che il Programma Nazionale venga presentato e discusso al più presto, e che, come Legambiente e Pro Natura ripetono da decenni, stabilisca che il problema degli attuali siti nucleari a rischio non può essere risolto costruendo nuovi depositi in questi stessi siti, ma individuando, con trasparenza e oggettività, un nuovo sito collocato in una area che, a livello nazionale, sia la meno inidonea possibile, e trasferendo lì al più presto tutti i materiali radioattivi per ottenere la maggiore sicurezza possibile.
Un anno fa la Francia aveva deciso di bloccare il trasferimento del combustibile nucleare da ri-processare, dal momento che l’Italia era in ritardo nell’identificazione del deposito unico nazionale di rifiuti radioattivi. Attualmente nulla è cambiato per quanto riguarda il sito, e allora come mai la Francia ha deciso di sbloccare la situazione?
E’ proprio giusto chiedersi come mai la Francia abbia ripreso ad accettare le barre di combustibile nucleare italiane. Come mai ora le accetta di nuovo? Secondo Legambiente e Pro Natura del Vercellese, dato che sul deposito nazionale per ora si sono fatte solo chiacchiere, quello che può avere convinto la Francia è l’autorizzazione ottenuta da Sogin per realizzare depositi nucleari in piena regola (definiti “temporanei”, ma senza scadenza!) sia a Trino, sia a Saluggia, dove la costruzione è addirittura già iniziata. In altre parole, sono i nuovi depositi nucleari di Trino e di Saluggia a fare da “garanzia” per la Francia! Prepariamoci quindi ad essere la destinazione anche degli indebiti, rischiosi e costosi trasporti nucleari “di ritorno”, e a tenerci poi i materiali radioattivi in questi siti a rischio chissà fino a quando!
Quando saranno finiti i trasporti in Francia, quale percentuale di rifiuti radioattivi ospiteremo in Piemonte?
Resteranno i rifiuti radioattivi (di cui oltre il settanta percento è da sempre in Piemonte). Successivamente torneranno anche i rifiuti radioattivi derivanti dal riprocessamento a Sellafield e a La Hague
Voi di Legambiente prevedete una mobilitazione di protesta come quella realizzata a Scanzano Jonico nel 2003?
Noi di Legambiente e di Pro Natura stiamo facendo tutto il possibile per scongiurare che i rifiuti radioattivi restino qui per sempre. Vogliamo cogliere l’occasione per ribadire che, in questa situazione, dopo che da tempo i cittadini hanno perso la fiducia nelle “istituzioni preposte” che, negli anni, hanno ridotto Saluggia in questo stato, il recente episodio delle tangenti – portato alla luce dalla magistratura milanese – per l’aggiudicazione di un appalto per la costruzione di un impianto nel sito di Saluggia rende ancora più urgente disporre, da parte dei Cittadini, di uno strumento diretto per ottenere quella trasparenza e quei controlli che continuano a mancare.
Ai cittadini sembra che queste “istituzioni preposte” si dedichino principalmente a escogitare svariate “furberie istituzionali” attraverso le quali superare il dissenso della popolazione, e particolarmente la contrarietà ai nuovi depositi nucleari.
Questi comportamenti delle istituzioni, uniti alla mancanza di trasparenza (che nel settore nucleare ha una lunga tradizione) hanno progressivamente reso le istituzioni poco affidabili agli occhi dei cittadini, e certamente il recente episodio delle tangenti a Sogin non migliora la situazione!
Oggi i cittadini di Saluggia e di Trino, ma anche quelli a loro prossimi e quelli degli oltre cento Comuni che bevono l’acqua prelevata appena a valle degli impianti nucleari, hanno il sacrosanto diritto di pretendere che venga affidato a loro stessi il compito di vigilare sui pericoli del nucleare e sulle sospette omissioni e furberie degli Esercenti, attraverso l’istituzione di un apposito “Osservatorio dei Cittadini sul Nucleare”.
(S.M. 31.10.15)
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