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di Davide Amerio.
Di Pier Paolo Pasolini mi rimane fissata nella mente una frase che racchiude la sua visione del mondo della borghesia: il problema dei borghesi è che non concepiscono possa esistere altro all’infuori di loro stessi, l’ambizione di ciascuno non può che essere mossa dal desiderio di diventare un borghese.
Credo sia la sintesi più efficace e feroce che abbia mai letto nei confronti del pensiero liberale e, appunto, borghese. Pasolini fu un’infinità di cose: scrittore, intellettuale, poeta, regista, preveggente sui mali e malesseri che avrebbero attanagliato la nostra società e soffocato l’individuo (magistralmente intuì le nefaste conseguenze della televisione sul livello culturale del paese).
Personaggio scomodo e ostacolato, come tutti i pensatori liberi nello spirito e nel cuore, poco amato dalla sua “famiglia” politica, odiato dai benpensanti per la sua dichiarata omosessualità, che ne faceva, ai loro occhi, un perverso.
Proprio la sua sessualità fu usata per spiegare le ragioni del suo omicidio, efferato e crudele. Per molti anni la sua morte fu collegata a questioni meramente sessuali, ignorando i segnali che indicavano chiaramente la strada di un delitto politico. Nel 1995 il regista Marco Tullio Giordana diresse il film “Pasolini, un delitto italiano”, in esso veniva ricostruita la storia delle indagini e del processo farsa che, con grande fretta, chiuse il capitolo dell’omicidio. Nel 1994 Abel Ferrara diresse un film che invece si concentrava nelle ultime ore di vita di Pasolini.
Un nuovo film, questa volta di David Grieco, amico e collaboratore dell’intellettuale ucciso nella notte tra il 1 e il 2 novembre 1975, ricostruisce la storia di quell’omicidio riconducendolo alla sua sostanza politica. L’idea è nata proprio dopo il film di Ferrara, spiega Grieco in una interessante intervista su minimaetmoralia.it, per ricostruire la storia degli eventi, e degli interessi economici e politici, alla luce del lavoro di Pasolini. Il film di Ferrara, obbietta il regista, si concentra solo sugli aspetti sessuali della vicenda Pasolini.
Il titolo “La macchinazione” offre l’idea degli intrecci da ricostruire per avere una verità credibile sulla storia.
Ricorda Adriano Ercolani sul Fatto Quotidiano:
Pasolini stava scrivendo “Petrolio” in cui denunciava la P2 sei anni prima che venissero scoperte le liste di Gelli, e in in cui descrive la bomba alla stazione di Bologna 5 anni prima dell’effettivo attentato; Sergio Citti fu avvicinato pochi giorni prima da membri della Banda della Magliana per trattare la restituzione delle bobine di Salò; Pelosi ritrattò dopo 30 anni la confessione dicendo che era stato minacciato; numerosi testimoni parlarono di almeno 5 persone che massacravano il poeta; avvocati e consulenti psichiatrici dietro la versione ufficiale erano legati all’estrema destra e alla Banda della Magliana.
Rispondendo alla domanda su quali fossero le fonti, su cui si basa il film, David Grieco ha posto l’accento proprio su quelle testimonianze che sono state trascurate, volutamente, durante le indagini:
C’è parecchia gente, direi forse centinaia di persone, che conosce dettagli e passaggi di quella che io ho definito una macchinazione. A cominciare dalle 36 persone che vivevano nelle baracche sul luogo del delitto. Molti di loro hanno parlato: con me, con Sergio Citti, con Furio Colombo che si recò lì il 2 novembre per scrivere un articolo per La Stampa. Ci dissero che l’avevano massacrato in tanti ma non vollero mai andare a deporre perché erano stati intimiditi in mille modi, anche con la minaccia di demolire le loro casupole abusive.
La verità è che chi voleva indagare non ha voluto indagare. Non serviva che un testimone andasse spontaneamente a deporre. La magistratura procede sempre d’ufficio se qualcuno, intervistato da un giornalista, racconta come sono andate veramente le cose. Questa è la prova evidente che si è trattato di un Delitto di Stato.
Senza contare un testimone oculare russo, che si chiama Bessendorf, vive a New York e quella notte vide tutto. Nessun magistrato si è mai preso la briga di andarlo a trovare, o di mettere in moto l’Interpol, per chiedergli conferma delle sue affermazioni riportate da Paolo Brogi sul Corriere della Sera.
A 40 anni dalla sua morte, la figura di Pasolini fa ancora paura. Nel marzo di quest’anno alcuni vandali hanno danneggiato e oltraggiato la lapide che ricorda l’intellettuale nei pressi di Ostia, nel luogo dove fu barbaramente ucciso.
Le verità che egli aveva dedotto con le sue ricerche e le sue esperienze, erano destinate a confluire nel suo ultimo romanzo “Petrolio” in cui parlava dell’Eni gestita da Eugenio Cefis e dell’assassinio di Enrico Mattei. Un lavoro incompiuto, interrotto dalla sua morte; un lavoro che lo avrebbe occupato per anni, come confidava all’amico Alberto Moravia.
Una storia complessa, un mistero da svelare, e qualcuno ancora trema al pensiero di possibili verità rivelate. Il film di Grieco ha conosciuto parecchi ostacoli per la sua diffusione. In un primo momento il Ministero dei Beni Culturali aveva imposto il divieto ai Minori di 14 anni; un gesto chiaramente politico per impedire la visione del film nelle scuole.
Si spera che la Commissione Pasolini (istituita presso la Camera dei Deputati) riesca a fare un po’ di luce. La relatrice Celeste Costantino (Sinistra Italiana) è una donna che ricorda la compianta Tina Anselmi (che fu a capo della Commissione per indagare sulla P2), afferma David Grieco. Ella ha dichiarato “Che il Delitto Pasolini sia stato un delitto politico credo non esistano ormai più dubbi”.
(D.A. 10.10.16)
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