Autore
Edoardo Di Mauro
Fathi Hassan è considerato, ormai, come testimoniato da importanti rassegne ed autorevoli pubblicazioni, uno dei più significativi artisti africani dell’ultima generazione, Hassan infonde al suo stile, in cui sono peraltro inconfondibili i richiami simbolici alla sua terra d’origine, i caratteri propri di un linguaggio non delimitabile con precisione in un preciso e circoscritto ambito territoriale e culturale, ma in grado di dialogare e farsi comprendere, pur senza ricorrere a scorciatoie formali, ad un pubblico immaginabile come esteso su di una ipotetica dimensione planetaria. Hassan, nubiano nato al Cairo, dove spesso tuttora si reca, e trasferitosi in Italia all’inizio degli anni ’80, si esprime con modalità operative allargate, pur in presenza di una decisa prevalenza dell’immagine pittorica, e con uno stile dove l’impiego di una manualità consapevole e raffinata si sposa ad una poetica decisamente intrisa di concettualismo per immagini sviluppato tramite la sempiterna forza del simbolo. La pittura, quindi, ma anche, all’occorrenza, la fotografia, l’installazione e la performance contribuiscono alla costruzione di un edificio artistico di grande compattezza ed assoluta riconoscibilità. Le immagini dell’universo africano proposteci da Hassan non sono tratte dal repertorio cui gli strumenti di comunicazione contemporanei ci hanno abituati, non hanno nulla del “reportage” sociale, provengono invece dall’immenso giacimento di icone tratte dall’archetipo millenario di quel mitico continente. Grafie arabe nervose e stilizzate, santi, animali, sabbie ed anfore si mescolano sulla tela con grande equilibrio ed infondono al fruitore un senso di quiete sollecitata, però, da un sentimento di mistero, di trascendenza, di autentica spiritualità. Quei segni e quei simboli, a cui spesso si uniscono reperti visivi tratti dalla tradizione bizantina, suonano familiari alla nostra sensibilità di uomini mediterranei, legati all’Africa da innumerevoli episodi storici e da un’antica ed ineludibile fratellanza che ha visto i due popoli, con intenti diversi e non sempre raccomandabili, prodursi in reciproche migrazioni. Ma, come dicevo prima, l’iconografia di Hassan è decodificabile ovunque, complici il clima di globalizzazione economica e, in questo caso, culturale, e la diaspora africana che ha diffuso nel mondo tracce inconfondibili di quella tradizione. L’artista, ben conscio di tutto ciò anche in virtù della sua stessa esperienza esistenziale, adopera una maestria da “sciamano d’immagini” per condurci in un mondo magico dove la dimensione interiore si esterna con la forza del linguaggio poetico. Si va dalle grafie degli anni ’80, aniconico reticolo di segni di pari ermetico e familiare, da sempre Hassan gioca sulla varietà dei possibili significati dispiegando agli affascinati fruitori la vasta gamma dei suoi simboli grafici, figurativi ed oggettuali, fino ai ritratti di guerrieri, nomadi, animali ed alle icone di santi, caratterizzate da un sincretismo figlio di una tradizione spirituale non legata al dogma ed all’esclusione, ma all’apertura spirituale e all’inclusione in un universo aperto e permeato dal senso del sacro, reso intelligibile dalla sensibilità artistica. E poi le installazioni, omaggio alla ritualità africana e mediterranea, con oggetti ed animali investiti di una forte pregnanza simbolica, materia fattasi forma per mediazione divina, come la “Fellucca”, imbarcazione metafora del nomadismo geografico ed intellettuale od il letto di sabbia del deserto, dove compaiono coccodrilli di terracotta e scarabei sacri. Ma anche la tecnologia fa la sua comparsa come elemento integrativo di uno stile dove passato e futuro si sincronizzano in opere dalla perenne attualità, al di fuori del tempo e dello spazio. Ecco quindi le fotografie dove Hassan mette a frutto i suoi trascorsi di performer teatrale, travestendosi e ponendo in atto un sottile gioco di rimandi e narcisistici rispecchiamenti, e l’installazione video studiata per l’occasione ,intitolata “Blessed Nubia”, letteralmente “Santa Nubia”, in cui personaggi di quella mitica terra danno vita ad una rappresentazione astratta di parole e gesti rituali giocata sul filo del paradosso, con il fine ultimo di fornirci, da messaggeri ispirati ed entusiasti, ammonizioni e consigli sul corretto percorso sul quale incamminarci.
Edoardo Di Mauro
Edoardo Di Mauro
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