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TALCO - ALICE ARDUINO
E Gesù disse: “Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me,
sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino e fosse gettato
negli abissi del mare” (Matteo 18,6)
Emiliano Fittipaldi è un giornalista dell’Espresso, famoso per alcune inchieste sul Corriere della Sera e il Mattino, nonché autore del bestseller del 2015 “Avarizia. Le carte che svelano ricchezza, scandali e segreti della chiesa di Francesco”. Nel suo ultimo libro, “Lussuria. Peccati, scandali e tradimenti di una Chiesa fatta di uomini”, uscito nel 2016, si cimenta in una nuova impresa raccogliendo documenti, denuncie e atti degli scandali che hanno coinvolto il Vaticano, i vescovi e i sacerdoti delle chiese di tutto il mondo negli ultimi anni.
Non è il primo giornalista che tratta certe tematiche pungenti. Fittipaldi si concentra soprattutto sul papato di Bergoglio, evidenziando come sia riuscito a creare una buona immagine di sé attraverso i media, nascondendo molto spesso i segreti della curia.
Sembra assurdo ma le prove che presenta nel suo libro, sono lettere scritte da esponenti delle alte sfere ecclesiastiche che testimoniano le denuncie non effettuate a danno di minori e l’insabbiamento dei reati realizzati da altri prelati, così da tenere gli atti confidenziali e sotto controllo. Una mossa magistrale compiuta dalla Santa Sede che continua indisturbata a proclamare amore e pace, condanna l’adulterio, ma compie allo stesso tempo peccati capitali.
Nel pagine sono citati 136 tra vescovi, sacerdoti e preti che hanno commesso abusi sessuali su minori o li hanno nascosti, coprendo le tracce e spostando i sacerdoti tra le varie parrocchie. 136 sono i nomi usciti dai commissariati di polizia di persone sotto processo condannati o citati come complici. Tra questi, spiccano nomi influenti, come Papa Francesco, Papa Benedetto XVI, Tarcisio Bertone, Angelo Bagnasco, George Pell, solo per citarne alcuni tra i più conosciuti. Essi erano a conoscenza dei fatti, ma hanno chiuso gli occhi davanti all’evidenza, sostenendo la mancanza di prove. Tutto falso secondo i dati riportati dal giornalista che in numerosi anni ha raccolto documenti e prove schiaccianti, ha dato voce alle vittime e scoperto le indagini in corso dalla polizia locale e nazionale. Grazie alle denuncie è riuscito a raccontare le loro storie e portare alla luce i danni perpetrati.
I casi dei preti pedofili conosciuti, sono molteplici ma la negazione degli orrori commessi da parte del Vaticano è una prassi. Il reverendo Lawrence Murphy accusato di aver molestato quasi duecento adolescenti sordomuti di un istituto, viene difeso dal Cardinal Bertone che sostiene “la difficoltà di provare un tale delitto per la difficoltà dei sordomuti a fornire prove e testimonianze senza aggravare i fatti tenuto conto dei limiti della loro menomazione”.
Di seguito verranno riportati alcuni casi citati ma per un maggiore approfondimento si rimanda alla lettura del libro.
IL CASO DON KEVIN O’DONNEL
Negli anni Ottanta, Padre Kevin era il direttore dell’istituto scolastico di Oakleigh a Melbourne in Australia. Uomo rispettato da insegnati e tutrici che ne riconoscevano l’autorità morale, viene indagato nel 1995 dalla Polizia dello Stato di Victoria per reati su minori. Gli stessi reati verranno confermati dal prete arrestato che sosterrà di “aver abusato di 11 maschi e una femmina tra gli 8 e gli 11 anni” scontando 15 mesi di carcere e morendo subito dopo il suo rilascio. In realtà gli abusi effettuati sono maggiori e sono stati perpetrati per circa 50 anni. Durante le indagini si scopre che molti all’interno della Chiesa erano a conoscenza dell’attività di Padre Kevin, ma nessuno li ha mai denunciati alle autorità competenti. Gli atti dimostrano che le denuncie effettuate a suo carico direttamente alle alte sfere ecclesiastiche sono diverse, ma per sviare le lamentele O’Donnel è stato trasferito in varie parrocchie Australiane. Gli investigatori scopriranno che Il parroco attraverso regali e favori, minacciava i piccoli sui peccati mortali con intimidazioni e li induceva al silenzio, continuando indisturbato a perpetuare i suoi abusi e che usava sciogliere delle droghe nelle bibite per stordire le vittime. Nonostante lo scandalo, il sacerdote non venne mai spretato, ma elogiato pubblicamente dal Cardinale George Pell, allora arcivescovo di Melbourne. Le reliquie conservate nella chiesa australiana sono ancora oggi onorate. Pell gestì in prima persona i casi di pedofilia negli anni Novanta, creando il “Melbourne Response”, un protocollo di risarcimento destinato alle vittime di abusi ma secondo la ricercatrice Judy Courtin “fu in realtà un sistema progettato per controllare le vittime, contenere gli abusi e proteggere la Chiesa”. Potrebbero essere illazioni, se non fosse che il sacerdote si scoprì in prima persona, con tanto di documenti firmati, quando dovette gestire il caso delle Sorelle Foster, due minori abusate da padre O’Donnel.
Emma e Katie Foster sono due bambine che in seguito al dramma subito, hanno avuto danni irreversibili. Emma dopo essere stata ricoverata in ospedale per diversi mesi per anoressia e depressione, si suicida nel 2008, a 26 anni, con una overdose di eroina; Katie è oggi costretta su una sedia a rotelle con gravi danni al cervello che richiedono cure ventiquattrore al giorno dopo aver iniziato a bere ed essere stata investita da un auto sotto gli effetti dell’alcol nel 1999.
I genitori vengono a sapere della violenza dopo l’arresto di O’Donnel. Nel 1997 decidono di aderire al “Melbourne Response” per ottenere giustizia e avere un risarcimento. Raccontano di un incontro diretto con George Pell e nei giorni successivi ricevettero una lettera che dichiarava l’offerta di 50mila dollari australiani, pari a 30mila euro.
Nel comunicato si legge chiaramente che “l’indennizzo è offerto dall’arcivescovo nella speranza che possa aiutare il recupero e fornire un’alternativa realistica a un contenzioso legale, nel quale altrimenti ci difenderemo strenuamente”. In breve, sintetizza perfettamente gli intenti della Chiesa Cattolica: difendere con tutte le sue forze lo scandalo, minimizzando il danno recato alle vittime con una somma ridicola.
L’arcidiocesi di Melbourne controlla due società. La Roman Catholic Trust Corporation e la Catholic Development Fund, hanno proprietà immobiliari, appartamenti, palazzi e fanno investimenti e obbligazioni per un ammontare di 1,3 miliardi. Tra il 1996 e il 2014 sono circa trecento le vittime che hanno chiesto risarcimenti per le violenze subite da preti pedofili. Ad ognuno sono stati dati circa 32mila dollari, circa 20mila euro, proponendo alle famiglie lo 0,7% dei loro guadagni. Briciole. “Il costo di una Fiat 500 accessoriata".
Come se non bastasse, altre indagini praticate dalla “Royal Commission” sulla Chiesa australiana, hanno portato alla luce un fondo economico di migliaia di dollari per aiutare alcuni ex preti pedofili accusati. È il caso di padre Wilfred Baker “pastore emerito” che ha molestato ventuno bambini e ha ricevuto un fondo pensionistico di 21mila dollari e di 12 mila per i prelati Desmond Gannon, David Daniel e Michael Glennon. I soldi per aiutare i preti caduti in disgrazia sono stati prelevati dal Fondo Pensione del Clero che paga lo stipendio, la pensione, l’affitto, l’assicurazione sanitaria, l’automobile e le spese legali ai sacerdoti ed è per la maggior parte finanziato dai contributi dei parrocchiani. Lo stesso arcivescovo Denis James Hart, sotto processo ha dichiarato che non è un gesto di cui vergognarsi, ma un “atto di pietà” e misericordia perché “ogni vescovo ha l’obbligo di fornire un sussidio minimo per tutti i preti, chiunque essi siano”.
GEORGE PELL
Dopo la vicenda Foster, anche George Pell entra nel mirino della Royal Commission. Oltre ad essere incriminato per aver dato risarcimenti troppo bassi alle vittime si è opposto a collaborare con le forze dell’ordine insabbiando i casi di violenze sessuali perpetrati nei confronti dei minori da parte di religiosi cattolici della sua diocesi. Nel 2002 viene accusato di aver molestato un ragazzo dodicenne, ma viene scagionato per mancanza di prove. Nel 2013, Papa Francesco lo chiama a Roma, indicandolo come “uomo fidato” e nominandolo nel 2014, Prefetto della Segreteria per l’Economia, facendolo entrare tra i primi tre uomini più importanti della Santa Sede. La sua positività non si incrina neanche quando nel 2015 arrivano dei documenti a Santa Maria, residenza di Bergoglio, sulle svariate voci di spesa esose: voli business class, vestiti su misura, mobili di pregio, computer, affitti, arredi di lusso, per un ammontare di 501 mila euro. Nel 2016 il “Ranger” viene accusato nuovamente dalla magistratura australiana di aver abusato di minori da testimonianze dirette ma si dichiara innocente. Papa Francesco continua a difenderlo strenuamente, nonostante il processo sia ancora in corso. Qualora risultasse colpevole, sarebbe un duro colpo per la Chiesa e avrebbe effetti imprevedibili su tutta la curia.
La Congregazione per la dottrina della fede definisce atti “contra sextum” i fascicoli disciplinari sui delitti contro il sesto comandamento con minori. Infrangere questo comandamento è considerato dal Vaticano “graviora delicta” un crimine grave al pari della violazione del sigillo sacramentale, dell’Eucarestia e dello scaricamento di pornografia infantile.
Nel 2015 sono giunte ben 518 segnalazioni, di cui la maggioranza è sugli abusi verso minori. Nel 2014 vi erano 587 cause aperte, nel 2013 su 522 ponenze, 443 riguardavano minorenni. In soli tre anni dal pontificato di Papa Francesco sono circa 1200 le denunce su bambini e adolescenti. Una media di 400 segnalazioni l’anno. Da un emendamento emesso nel 1962 dal Sant’Uffizio e approvato da Giovanni XXIII negli atti ufficiali del Vaticano, il “Crimen sollicitations” indica che i preti lussuriosi devono essere processati dal tribunale diocesano, il quale obbliga un “segreto istruttorio” sulle notizie di reati. Color che sono a conoscenza dei fatti sono tenuti al segreto su ogni evento appreso e su chiunque lo abbia commesso pena la scomunica “latae sententiae” per aver violato il segreto professionale. Se alcuni sostengono che questi atti servono a occultare le prove e nascondere i delitti commessi dai sacerdoti, secondo la curia, invece, servono ad evitare i casi di giustizia-spettacolo, proteggono le vittime, la loro privacy e i preti che “fino a prova contraria” sono innocenti. In teoria, però, il Crimen non impediva di denunciare gli illeciti alle autorità civili e alla polizia. Il segreto pontificio di fatto, nega la possibilità di indagare sui sospettati, di venire a conoscenza dei reati e l’esito degli interventi da parte del Vaticano. In pratica, chi viola il sesto comandamento, avrà giustizia divina, ma non terrena.
IL CASO DI ÓSCAR RODRÍGUEZ MARADIAGA
Maradiaga è cardinale e arcivescovo in Honduras ed è uno degli uomini più ascoltati da Bergoglio. Tra il 2002 e il 2003 ha ospitato in una diocesi sotto il suo controllo Enrique Vásquez, un prete incriminato di pedofilia dalla polizia di Costarica. La vittima è un giovane di 10 anni, chierichetto, di cui ha abusato per diversi mesi. Quando la madre scoprì il fatto, andò direttamente dal sacerdote, il quale si scusò, sostenendo che il ragazzo, cresciuto senza un padre era in “cerca di affetto”. Le violenze furono denunciate al vescovo della diocesi di competenza Angel San Casimiro Fernández il quale suggerì alla donna di non parlarne con nessuno, “da buona cristiana”. La madre non scoraggia, vuole giustizia e denuncia gli atti alla magistratura costaricana.
Dopo l’incriminazione ufficiale Vásquez inizia la sua latitanza. Scappa in Nicaragua, poi Stati Uniti dove viene accolto dall’arcidiocesi di New York, grazie ad una lettera di raccomandazioni dello stesso Casimiro. L’FBI nel 2002 individua le tracce del sospetto, viene preso e interrogato, ma pochi giorni dopo, sparisce nuovamente e si trasferisce in Messico fino a giungere in Honduras da Maradiaga.
Le gerarchie ecclesiastiche negano di essere a conoscenza dei fatti. Anche lo stesso Casimiro, nonostante venga scoperto ad essere il mandante di denaro al sacerdote. Si difenderà sostenendo: “il denaro inviato serviva per dargli il tempo necessario per affrontare il problema con dignità e curarsi”. Anche il decano John Allen sul settimanale “National Catholic Reporter” difende Vásquez dichiarando “Noi siamo pastori, non agenti del’Fbi o della Cia”.
La notizia è su tutti i giornali, dal New York Times, Washington Post e il Boston Globe (autore dell’inchiesta “Spotlight”, da cui è tratto il film omonimo). Maradiaga, viene chiamato in causa e rilascia varie dichiarazioni alla stampa, accusando i media locali di perpetuare una vera e propria persecuzione verso la Chiesa romana. “Dobbiamo chiederci come si comporterebbe Gesù in questi casi [...] i predi pedofili sono persone malate, ma è possibile una conversione [...] la Chiesa è amore e bisogna dare la possibilità a queste persone di redimersi”.
Ad oggi, non si hanno ancora notizie di Vasquez, Maradiaga è membro e coordinatore del gruppo dei cardinali a consiglio della Chiesa e Angel San Casimiro è vescovo di Alajuela.
Caso simile è quello dei vescovi Francisco Javier Errázuriz, Juan Barros Madrid e Ricardo Ezzani, protagonisti del più grande scandalo cileno, attaccati dai giornali, associazioni e magistrati per aver coperto le gesta di Fernando Karadima. Quattro denuncie dimostrano che il sacerdote è un pedofilo seriale con 15 anni di attività con tanto di documenti scritti tra Padre Fernando e Francisco. Dopo anni di indagini e insabbiamenti le accuse delle vittime sono arrivate in tribunale, che ha dovuto archiviare il caso per i termini di prescrizione. Nel 2011 il prete era già stato “condannato” dalla Congregazione della fede che aveva mandato Karadima, ormai 86anni ad una vita di “preghiera e penitenza” presso un convento. Al sacerdote è stato vietato di praticare messa in pubblico, ma nel 2014 viene fotografato mentre celebra la messa alle suore. Nessuno dei vescovi che hanno nascosto i fatti è stato dichiarato colpevole, nonostante all’arcidiocesi di Santiago vi siano richieste per ben 450 milioni di pesos.
Le voci giungono anche in Italia, ma nessun giornale si è mai occupato della vicenda, anche quando Errázuriz è stato nominato da Papa Francesco come cardinale di fiducia per la gestione della Chiesa. Durante lo scandalo, Bergoglio era l’arcivescovo di Buenos Aires. Impossibile, secondo le indagini, che non fosse a conoscenza del problema e del comportamento delle alte gerarchie. Fu proprio Bergoglio a nominare monsignor Juan Barros Madrid vescovo di Osorno e amico di Karadima.
Nel 2015 Barros, celebra la sua prima messa in un clima teso con circa duecento manifestanti fuori dalla Chiesa con cartelli contro il monsignore. Lo stesso anno, viene registrato attraverso un IPod un incontro tra un corista cileno e Papa Francesco in Piazza San Pietro. Il sacerdote sostiene che la Chiesa Cilena sta soffrendo per la nomina di Barros, ma Francesco ribadisce che le accuse sono una montatura da parte della politica di sinistra degli “zurdos” che non condividono la scelta vaticana del sacerdote.
Gli scandali della chiesa, continuano e si fanno sentire in tutto il mondo. Nel 2014 la Commissione Onu sui diritti dell’infanzia prende in esame la politica vaticana. Kirsten Sandberg dichiara che gli abusi sessuali sui bambini e gli spostamenti da una parrocchia all’altra, sono stati dimostrati a molte commissioni di inchiesta nazionali. Una prassi abitudinaria con cui la Chiesa tenta di velare i propri crimini, permettendo a molti preti di rimanere in contatti con minori e di continuare ad effettuare abusi. Il vaticano non ha voluto consegnare alle Commissioni i dati e le informazioni sui casi, negando anche i processi finali portati avanti dalla Congregazione della dottrina della fede. Il silenzio ha permesso a molti pedofili statunitensi di fuggire alla giustizia civile.
Alla commissione vengono anche riportati casi di suore e preti mobbizzati e spretati per non aver rispettato il silenzio e altri, che per aver fatto l’opposto, hanno ricevuto congratulazioni e promozioni. Un esempio eclatante è quello del vescovo francese Bayeux et Lisieux che nel 2001, preferì essere processato e condannato a tre mesi di prigione con la condizionale, piuttosto che denunciare un sacerdote pedofilo. Il vescovo è stato acclamato pubblicamente da Castrillón Hoyos che ha affermato “mi rallegro di avere un confratello che ha preferito la prigione piuttosto che denunciare un prete della sua diocesi”.
Secondo Sandberg il problema arriva dal fatto che in molti paesi non esiste l’obbligo di denuncia alle forze dell’ordine e le varie curie sono soggette alle leggi nazionali. In questo modo, l’omertà diventa l’opzione preferita di vescovi e cardinali. L’Onu chiede che venga istituita una legge, sia per coloro che commettono crimini, sia per chi li insabbia, perché di fatto, la Santa Romana Chiesa ha violato la Convenzione sui diritti dei fanciulli.
Uno dei punti chiave di Papa Francesco è sempre stato quello di ripulire la Chiesa dalla Corruzione, dichiarando guerra ai pedofili. Molte parole ma pochi fatti.
Jósef Wesolowski è un arcivescovo polacco accusato di aver adescato bambini sulle spiagge della Repubblica Dominicana. Secondo una inchiesta portata avanti dalla giornalista Nuria Piera, il padre, non solo era solito ubriacarsi nei bar di Santo Domingo, ma amava anche frequentare bordelli, giacere con minori e possedeva materiale pornografico sul computer. Scoppia lo scandalo e anche la cura dominicana decide di intervenire, aprendo una indagine ufficiale. Wesolowski, viene richiamato a Roma. Da alcune testimonianze documentate, la Santa Sede era venuta a conoscenza delle inchieste dei media e delle accuse sul prelato. Richiamarlo a Roma, fu un gesto sottile per sottrarlo alla giustizia dominicana, ed essendo un diplomatico e un cittadino vaticano, “per legge” non può essere estradato. Alle accuse di intralcio alla giustizia, il Vaticano sostiene di aver avviato un fascicolo su di lui. Accusato formalmente dalla Santa Sede nel 2014, viene messo ai domiciliari e poi rimesso in libertà per ragione di salute solo due mesi dopo. Il processo non si è mai svolto e Wesolowski è morto di infarto nel 2015.
Contenere gli scandali sugli abusi ed evitare notizie mediatiche è uno dei principali interessi del Vaticano. Un altro esempio è quello dell’Arcivescovo Godfried Danneels, insabbiatore seriale che ha protetto sacerdoti e vescovi per non rovinare il nome della sua gerarchia ecclesiastica.
Danneels è indagato dal 1997 per aver contenuto lo scandalo del parroco André Vanderlyn, arrestato per aver molestato sette ragazzini. Un processo che si concluse nel 1998 con sei anni di carcere per il parroco e 500 mila franchi di multa per Godfried. Recentemente è apparso ancora sulla prime pagine dei giornali accusato da circa venti testimoni per aver nascosto casi di pedofilia tra il 1980 e 2009.
Nel 2010 il prete Roger Vangheluwe confesso a Danneels di aver violentato il nipote ripetutamente per tredici anni e ricevette dal Vescovo una condanna per un trattamento spirituale e psicologico. Le prove arrivano da una registrazione fatta dalla vittima ad un colloquio con Danneels, il quale sostenne apertamente “che bisognava cercare il perdono” verso il suo aguzzino. Nonostante questo, ad oggi Danneels è uno dei fedeli di Bergoglio.
I CASI ITALIANI
In Italia i casi di abusi sono poco conosciuti. Le cronache ne parlano poco, non finiscono sulle prime pagine e non c’è mai stato l’esplosione di uno scandalo nel nostro bel paese. I giornali hanno sempre raccontato le notizie singolarmente ma mai si è arrivati ad una inchiesta dal governo nazionale. Le situazioni sono dipinte come “casi isolati” e sporadici, di un sistema ecclesiastico fondamentalmente sano. In Italia, non vi è una rete di supporto come in altri paesi, i risarcimenti sono ridicoli e il vaticano non si è preoccupato di fornire ufficialmente i dati raccolti. Nel 2010 il diacono Marco Ermes Luparia, psicoterapeuta specializzato nel prendere in cura i sacerdoti, minimizza, sostenendo una percentuale dei pedofili italiani del 2%. Un dato altissimo se si pensa a quanti bambini e adolescenti siano stati vittime di abusi senza essere stati dichiarati colpevoli.
Don Mauro Inzoli è un prete influente nel clero lombardo, con una esperienza invidiabile: rettore dell’Istituto “Santa Dorotea” fino al 1992, fondatore dell’Associazione Fraternità di Crema, preside del Liceo linguistico Shakespeare a Crema, vicepresidente della Compagnia delle Opere e attivista nel gruppo di Comunione e Liberazione. È soprannominato anche “Don Mercedes” perché amante delle auto tedesche. Nel 2014 si scopre che è stato spretato anni prima da Ratzinger e condannato ad “una vita di preghiera” ma viene riammesso con tonaca, stipendio e alloggio pagato da Francesco, il quale accettò il suo ricorso sostenendo: “è necessario accompagnare i suoi figli anche quando sbagliano piuttosto che condannarli, nessun peccato è terribile perché non vi si applichi misericordia”. Lo stesso anno il procuratore Di Martino decide di aprire una inchiesta e richiede alla Santa Sede gli atti processuali del prelato, ma la risposta è negativa perché “sotto segreto pontificio”. Le indagini continuano, vengono raccolte testimonianze tra il 2004 e il 2008, i reati sono tutti prescritti, tranne otto che sono ancora reperibili. Nel 2016 il Don viene incriminato in primo grado a 4 anni e 9 mesi per palpeggiamenti su minori nelle parti intime, avvenuti all’interno della parrocchia e nei campi di villeggiatura estivi. I ragazzi molestati hanno avuto un risarcimento di 25 mila euro a testa. Escono alcuni articoli sui giornali, ma nessuno sottolinea la mancata partecipazione del Vaticano alle indagini. Un atto grave perché di fatto, ha creato intralcio nelle indagini giudiziarie.
Casi simili sono riscontrabili anche in altri preti: Vittorio Damiani, Diego Rota, Matteo Diletti, Claudio Ballerini, Marco Baresi, Francesco Caramina, Giampiero Peschiulli, Franco Legrottaglie, Antonello Tropea, Francesco Oliva, Silverio Mura, Siro Invernizzi, Alberto Paolo lesmo e Ruggero Conti. Questi sono solo alcuni dei nomi presenti sul territorio nazionale, indagati e accusati di abusi sessuali su bambini e bambine, di avere materiale pornografico sul computer e di prostituzione minorile. Tutti sono stati coperti dal Vaticano e mai denunciati alle forze dell’ordine. La Santa Sede si è premunita di proteggere gli indagati, pagargli le spese legali e farli uscire di prigione per motivi di salute o depressione, confinandoli ad una vita di preghiera e misericordia.
La fama di cui si circondano gli uomini pii al servizio del Signore, venerati dai fedeli e protetti da loro stessi sono spesso motivo per cui i sacerdoti riescono a farla franca e a risultare “puliti” agli occhi dei media e della Chiesa stessa. Come il Caso di Don Marco Baresi, che una volta incriminato per i reati suoi minori, ha visto i suoi seguaci prodigarsi con manifestazioni di sostegno, dall’apertura di un sito internet di solidarietà che accusa i “poteri forti” di infangare il nome della Chiesa, alle manifestazioni in piazza con scritto “FreeDon”.
Molti sono riusciti a sfuggire alla giustizia per la prescrizione dei reati o per inconsistenza di prove, nonostante esse siano state rese note attraverso le testimonianze delle vittime. Un esempio è dato da Don Lelio Cantini che ha stuprato decine di bambini e bambine tra gli anni Settanta e Novanta, costringendoli a violenze psicologiche e fisiche consumate attraverso il plagio delle vittime, grazie anche alla complicità della perpetua Rosanna Severi che lo ha coperto e sostenuto. Don Cantini riuscì a far credere di essere il “Signore” mentre la collaboratrice domestica si dichiarava la “Madonna”. Le vittime designate erano convinte di essere le “elette” e i rapporti sessuali dovevano aiutarle nel loro processo di crescita e avvicinamento a Dio, dichiara il gip nel 2011. Ci sono voluti molti anni prima che le ragazze riuscissero a superare il senso di vergogna impostogli dal prete che le obbligava al silenzio, pena “il castigo divino”. Nel 2005 la Chiesa, dopo aver saputo dei reati, decide di trasferire il pedofilo in un’altra parrocchia, giustificando ai fedeli “motivi di salute”. Da Firenze arriva a Viareggio, ma quando nel 2007 lo scandalo scoppia sui media con inchieste e articoli sulla stampa, Don Cantini viene privato della facoltà di confessare e celebrare la messa in pubblico, con l’obbligo di recitare un salmo ogni giorno per chiedere perdono a Dio. “La Chiesa deve essere misericordiosa e mirare al ravvedimento dei peccatori cercando di vincere il male con la forza della mitezza” dichiara il Cardinale Antonelli. Ad un giornalista dell’Unità sosterrà di essere venuto a conoscenza di un caso di abuso da parte di Don Cantini, ma “pareva solo uno sbaglio, un singolo errore”. Anche Don Claudio Maniago, vicario di Antonelli, conosceva i fatti, ma non mosse mai un dito a favore delle vittime. Maniago fu Indagato per festini sadomaso, grazie alla testimonianza diretta di un ragazzo che vi partecipò e ricevette un bonifico di quattro milioni di lire provenienti dalla parrocchia, attestato dalla Banca di Jesi, oggi Banca delle Marche.
Don Cantini è morto nel 2012. Non ha mai scontato la prigione. Don Maniago è stato promosso dal Papa nel 2014 e trasferito dalla Toscana in Puglia come Vescovo di una parrocchia.
In Italia, la legge permette ai prelati, anche grazie a norme concordate dai Patti Lateranensi del 1929, tra Repubblica italiana e Santa Sede, di esonerare “i vescovi dall’obbligo di deporre o di esibire documenti in merito a quanto conosciuto”, di tacere, insomma. Il Vescovo della Cei, Gerhard Ludwig Muller, ricorda come il magistrato non può chiedere atti di un procedimento canonico perché facente parte dell’archivio segreto. Angelo Bagnasco ribadisce che i divieti sono per tutelare la privacy delle vittime e proteggere i loro drammi esistenziali e che la Chiesa non può condannare chi commette il crimine, in quanto tale compito spetta a Dio.
L’OMOSESSUALITÀ IN VATICANO
La Santa Sede ha sempre dichiarato battaglia verso le persone omosessuali, condannando gli “atti libidinosi” non finalizzati alla procreazione e promuovendo la “castità” verso coloro che hanno certi “atteggiamenti”. Al contrario però, tacciono sul passatempo di molti preti che fanno del sesso tra uomini una norma, violando di fatto, ciò che essi stessi proibiscono.
Nel libro ufficiale dell’istruzione religiosa è scritto: “Gli atti omosessuali sono intrinsecamente disordinati [...] precludono il dono della vita, [...] in nessun caso possono essere approvati”. Nei paragrafi del Sesto comandamento vengono citati passi della Genesi, da Sodoma alla lettera di San Paolo ai Romani, fino ai Corinzi. Lo stesso Ratzinger nel Levitico stilò una nuova lettera considerando l’omosessualità come “un comportamento cattivo e moralmente inaccettabile” facendo una personale lotta contro le Unioni Civili e condannando lo Stato Italiano a fare una scelta morale per non far passare una legge che tutelasse le coppie omosessuali. Nel 2005 firmò addirittura un decreto che vietava di entrare in seminario coloro che avessero “tendenze omosessuali”. Dal 2008, infatti, i nuovi adepti possono essere esaminati da una commissione di professionisti e psicologi in modo da bloccare eventuali fornicatori. Non vi sono però test sulle tendenze pedofile.
L’omosessualità è stata dichiarata “una variante naturale del comportamento umano” dall’American Psychiatic Association nel 1973 e depennata come malattia mentale nel 1990 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), mentre la pedofilia è considerata a livello mondiale una malattia che ha come pena il carcere. In breve, la Santa Sede vuole discriminare e condannare uomini e donne in base al loro orientamento sessuale, facendo passare un diritto umano come un peccato capitale, ma non si preoccupa del male causato sui minori da parte dei preti pedofili. Un problema di coerenza molto forte da parte di chi sostiene a spada tratta “l’amore verso il prossimo”, dimenticando troppo spesso il Sesto Comandamento: “Non commettere adulterio”.
Il sesso tra due persone adulte è legale a prescindere dall’orientamento sessuale, mentre gli abusi verso i minori, non solo sono atti di pedofilia condannabili, ma scaturiscono in violenza fisica verso soggetti non consenzienti, creando spesso danni psicologici permanenti nelle vittime. Il vaticano non fa differenza tra omosessualità e pedofilia, condannandoli entrambi, ma allo stesso tempo viola quello che lui stesso definisce “peccato capitale”.
Altre inchieste giornalistiche, dimostrano la presenza di numerosi sacerdoti frequentanti chat e siti online per incontri, sesso e orge sfrenate con “preti giovani e dotati”, foto osé, locali e saune gay, di cui la più grossa si trova a Roma nel palazzo della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. Tutte prove redatte da documenti, interviste e registrazioni di cui la Santa Sede non commenta.
Il Caso di Don Tony Anatrella è plateale di chi predica bene ma razzola male. Autore sul Lexicon di “Omosessualità e Omofobia” (che dichiara come la prima sia “un intrigo psichico che la società non può istituzionalizzare” e il secondo una parola inventata “per stigmatizzare chi si interroga sull’omosessualità”) è uno dei massimi esponenti sulla “teoria gender”. Nel 2016, alcune vittime dichiarano che il monsignore per “guarire” dall’omosessualità, chiedeva di immaginare situazioni scabrose con gli uomini, per poi compiere terapie corporali che si trasformavano in atti sessuali. Secondo padre Tony, sono tutte calunnie e su di lui, non è mai stata aperta un’inchiesta canonica.
Il Cardinale Domenico Calcagno, amante delle armi da fuoco, soprannominato “Rambo” per la sua passione e collezione di fucili Remington, pistole Smith&Wesson e carabine di fabbricazione turca, si rifiutò di denunciare i diversi abusi compiuti da Don Nello Giraudo all’interno della sua comunità per minori “La Lanterna”. Le accuse maggiori arrivano dalla vittima Francesco Zanardi, attuale presidente della Onlus Rete L’abuso, seguita da altre testimonianze, aventi al tempo tra i tredici e quattordici anni. Le dichiarazioni rilasciate da Zanardi ai media sono molteplici e anche il programma tv “Le Iene” tratterà il caso. In una lettera indirizza a Ratzinger, Calcagno informerà l’ex Papa del comportamento di Don Nello ma il prete verrà spostato in altre parrocchie, aprirà centri scout e continuerà ad essere a contatto con giovani ragazzini, fino a quando nel 2012, verrà incastrato dalla Polizia e patteggerà un anno con la condizionale. Durante gli anni, nessuno dei sacerdoti a conoscenza dei fatti denunciò i reati alle forze dell’ordine. Attualmente Calcagno è sotto inchiesta per reati sulla gestione di alcuni immobili del clero di Savona, ma sulle inchieste a suo carico nei casi di pedofilia non si fa cenno.
LA LOBBY GAY
Per ammissione dello stesso Joseph Ratzinger pubblicata nel 2016, ma passata nel silenzio, all’interno del vaticano i casi di omosessualità sono frequenti. Alcune indagini avviate già nel 2013 vedono la presenza di una lobby gay molto forte all’interno delle mura leonine con ricatti, minacce e favoritismi nelle carriere ecclesiastiche basati su segreti inconfessabili. Il Vaticano ha subito preso le difese sostenendo “un complotto ordito da forze oscure” per indebolire la Chiesa.
Qualche mese prima le stesse ammissioni erano state fatte dal teologo polacco Dariusz Oko che sosteneva come i legami “deviati” e gli interessi sessuali comuni portassero a nomine e promozioni interne. Secondo Oko, in alcuni studi pubblicati sulla rivista “Theologisches”, le cause, sono da ricercare già negli anni della rivoluzione sessuale americana del Sessantotto, dopo Il Concilio Vaticano II, quando una parte della teologia cattolica cominciò ad accettare l’apertura mentale verso gli omosessuali e insinuando le teorie in seminari e monasteri di tutto il mondo. Oko però crea un nesso tra omosessualità e pedofilia criminale come un tutt’uno di dannoso e pericoloso. A sostegno della lobby gay arrivano altre dichiarazioni dalla guardia svizzera Elmar Mäder che sostiene la presenza di una vera e propria “società segreta” di fedeli che si sostiene e copre a vicenda.
Vi è il caso di monsignor Battista Ricca nominato nel 2013 prelato ad interim dello Ior. Attraverso l’inchiesta di Sandro Magister de L’Espresso, si pensa che Ricca abbia ottenuto favori grazie ad una lobby gay e che i suoi precedenti siano stati cancellati per un avanzamento di carriera. Già in passato si era ritrovato in situazioni scomode, come l’essere picchiato all’interno di un locale gay, rimanere bloccato in ascensore con un ragazzo nel mezzo della notte o la sua relazione con il capitano dell’esercito svizzero, Patrick Haari scoperta dal ritrovamento di alcuni pacchi di preservativi e materiale pornografico. Nel 2005 viene richiamato a Roma e inizia la scalata al successo: prima entra negli Uffici degli Affari della segreteria di Stato Santa Sede, poi consigliere di nunziatura di prima classe e infine prelato della banca vaticana.
Se la Lobby gay ha il potere di far avanzare carriere ed è una vera e proria società segreta, può anche essere usata come macchina del fango per insinuare maldicenze, screditare gli avversari e renderli ricattabili. È il caso dell’ex direttore del giornale ecclesiastico Avvenire, Dino Boffo che venne additato come omosessuale e avente una relazione con un ragazzo. Sulla vicenda venne creata una campagna mediatica da Vittorio Feltri, allora direttore de “Il Giornale”. Il quotidiano era gestito dalla famiglia di Silvio Berlusconi, allora premier, di cui Boffo aveva avviato delle critiche sullo scandalo del Cavaliere con la escort Patrizia D’Addario. Solo tempo dopo lo stesso Feltri avrebbe fatto retromarcia ammettendo di aver creato uno scandalo senza prove certificate. La soffiata sul caso Boffo gli arrivò da Alessandro Sallusti che la ricevette da Tarcisio Bertone, “una personalità della Chiesa della quale ci si deve fidare”. A pagare per lo scandalo e la diffamazione di Boffo furono due cancellieri, colpevoli di essere entrati illegalmente nelle email di Boffo. Vittorio Feltri è attualmente direttore di “Libero”, Sallusti guida “il Giornale” e il Cardinal Bertone vive nel suo attico di 300 mq.
Non si capisce come mai all’interno del Vaticano vi sia una lobby gay molto potente, conosciuta da tutti gli ecclesiasti, ma segreta al di fuori delle Santa Sede. Allo stesso tempo non è chiaro come mai, tale condanna non sia applicata per i preti pedofili e contro i criminali beccati con le mani nel sacco che ogni anno abusano di minori portando danni permanenti alle vittime.
Anche il Settimo comandamento viene spesso infranto: “Non rubare”. Nel 2015 Pietro Vigorelli vescovo di Montecassino fu travolto dall’inchiesta che lo accusava di essersi appropriato di circa mezzo milione dell’8 per mille destinato ai bisognosi e alle opere caritatevoli per una vita sfrenata nel lusso tra case e viaggi: il sesso omosessuale, i narcotici, soggiorni in Hotel a cinque stelle, abiti di lusso. Riuscì a soggiornare all’Hotel Capital a Londra a 524 euro a notte, al lussuoso albergo Corinthia per 7314 euro, pagò una cena con ostriche e champagne a 690 euro e spese un totale di 4500 euro per vestiti e accessori di Prada e Gucci.
Il libro di Fittipaldi mette in luce i casi di pedofilia degli ultimi anni, denuncia la presenza di una lobby gay potente e scopre gli intrighi del vaticano. Mostra un mondo corrotto, ipocrita, che non solo pecca di vizi e lusso, ma fa del sesso e della pedofilia una questione ordinaria. Il Vaticano cambia le regole a proprio favore, giustifica i propri comportamenti o li incrimina a seconda delle proprie esigenze, creando un clima di silenzio e omertà a suo piacimento.
Quelli narrati sono solo alcuni dei casi scoperti, ma molti sono rimasti nascosti o fermi per mancanza di prove o l’eliminazione delle stesse. Viene da chiedersi fino a che punto la verità sia uscita fuori e quanti altri reati siano stati commessi da un organo di fatto autonomo, fuori dalle leggi statali come la Chiesa.
È necessario cambiare il sistema, obbligare alla denuncia, per il bene dei minori incriminare sia i pedofili che coloro che li proteggono. Bisogna creare leggi che superino gli ostacoli del “segreto pontifico” e permettano alla magistratura di indagare su ogni caso sospetto. Oltre a questo è giusto ribadire la netta differenza tra pedofilia e omosessualità, senza confonderle perché la prima è un crimine verso minori che va condannato con la prigione, la seconda, un tipo di amore tra due persone consenzienti, che non obbliga o costringe nessuno a compiere un atto contro la propria volontà.
C’è ancora molto lavoro da fare, molte inchieste e denunce da portare avanti. È necessario, investigare, parlare e raccontare, affinché ogni criminale paghi per i suoi peccati. Nessuno escluso.
APPROFONDIMENTI:
“Il Caso Spotlight”, regia di Tom McCarthy, Drammatico, Usa
Le interviste a Francesco Zanardi, vittima di abusi da parte del Cardinale Calcagno
LEGGI ANCHE:
IL PREDICATORE POLIGAMO E PEDOFILO, WARREN JEFF
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TALCO - ALICE ARDUINO
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