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di Daniele Trematore
(Tratto dal libro “Forchette, occhiali, bottoni e altri scritti occasionali” per gentile concessione dell’autore)
Ci sono cose che non si possono spiegare. Per tutto il resto c’è la filosofia. In tempi oscuri come i nostri potrebbe essere un ottimo slogan pubblicitario. Che “i tempi sono oscuri, i costumi corrotti, e anche il diritto alla critica viene, quando non soffocato con provvedimenti di censura, indicato al furor popolare”, lo diceva già Umberto Eco nel 2006 pubblicando “A passo di gambero“. Aveva ragione allora, l’Italia viveva tempi di berlusconismo trionfante, ma la situazione oggi non è affatto cambiata e, anzi, con la crisi economica è solo peggiorata.
Le discipline umanistiche sono considerate sempre più inutili: perché? Perché non danno da mangiare. Mica uno mangia Tommaso d’Aquino (già pinguissimus di suo)! In effetti, è più o meno questa la logica brutale che è stata imposta in questi tempi oscuri, in cui trionfa la tecnica e in cui conta solo l’economia. Per cui se una cosa non puoi venderla, non puoi ricavarci neanche un euro, non serve: ci guadagno per caso qualcosa leggendo la Repubblica di Platone? No, allora che senso ha insegnarla? Cosa aspettiamo a tagliare le ore di filosofia nelle scuole!
Per fortuna c’è sempre qualcuno che reagisce al conformismo imperante: Nuccio Ordine è uno di questi qualcuno. Ha scritto un libro, “L’utilità dell’inutile“, successo strepitoso in Francia e ora in tutta Europa, e anche in Italia, dove è stato edito da Bompiani. Ordine, massimo studioso di Giordano Bruno, sostiene che vi sono saperi apparentemente inutili che in realtà contribuiscono allo sviluppo dell’umanità. Se ci pensiamo, anche nella scienza il progresso scientifico è possibile da una ricerca che all’inizio è pura, libera e disinteressata, da una ricerca che non si pone subito problemi di applicazione pratica, ma che prende avvio da una meraviglia, dal semplice desiderio di conoscere.
Eppure, c’è un bisogno di risposte. Quelle risposte che possono dare solo le humanae litterae. Altrimenti non si spiega il proliferare di manuali, per esempio, di storia della filosofia. Che, nonostante tutto, la gente compra. Perché vuole sapere, vuole ancora continuare a pensare. Proprio recentemente sono usciti due manuali di filosofia, ed è uscito anche un pamphlet di Diego Marconi, sul “Mestiere di pensare”, che difende da una prospettiva analitica il professionismo del filosofo, come uno che analizza e risolve problemi di cui ha competenza. Ma non bisogna restringere troppo lo sguardo, abbandonando quello sguardo “totale” tipico della filosofia, e perdere d’occhio la storia e le precedenti implicazioni dei problemi filosofici nonché l’orizzonte in cui essi si collocano.
Per questo i due manuali di filosofia – finalizzati all’insegnamento, ma accessibili a tutti – hanno un forte taglio storico: il primo, curato da Eco e Riccardo Fedriga, è da poco uscito da Encyclomedia in collaborazione con Laterza “Storia della Filosofia. Ottocento e Novecento“. Il secondo, “Storia della filosofia contemporanea”, è firmato dalla coppia Cambiano-Mori (autori già per Laterza di due storie della filosofia: antica e moderna) i quali, attuando una scelta interpretativa ben precisa, fanno terminare la modernità non con Kant, ma con Hegel. Quindi, “considerando l’idealismo un processo culturale inseparabile dalla filosofia trascendentale”, iniziano la loro storia con le reazioni all’hegelismo (“Contro e oltre Hegel” è il titolo del primo capitolo).
Di qui i due autori proseguono – non solo in ordine cronologico ma anche facendo attenzione alle connessioni e agli eventuali rimandi come si addice a una buona storia delle idee – all’analisi del pensiero dei vari pensatori e delle correnti tradizionali. Uno spazio notevole è dedicato agli sviluppi del pensiero filosofico negli ultimi anni, in particolare ai problemi del linguaggio, anche se manca una parte dedicata alla filosofia italiana contemporanea, dopo Croce, Gentile e Gramsci.
Diverso, per impostazione, è invece il manuale curato da Eco e Fedriga – il primo di una serie composta di tre volumi che arriva sino al Novecento – che inizia dall’Antichità e termina col Medioevo. Riccamente illustrato, è un lavoro collettivo ed è prevalentemente destinato ai liceali. La sua caratteristica fondamentale, tra l’altro tipica di molti lavori di Eco, è l’indersciplinarità: grande attenzione è infatti dedicata a quella “vita materiale” tanto studiata da Le Goff, al contesto storico e culturale, con approfondimenti trasversali (e suggerimenti di lettura che possono essere fatti anche online) che sfociano nella medicina, nell’arte, nell’astronomia e anche nella gastronomia. E grande attenzione viene posta, oltre che sugli ultimi sviluppi del dibattito contemporaneo (si veda il riferimento al “nuovo realismo” di Maurizio Ferraris), su figure o argomenti generalmente trascurati dalla manualistica tradizione: basti pensare ai capitoli sulla linguistica, lo strutturalismo, la semiotica e la comunicazione.
Avevo scritto qualche tempo fa, sulla Stampa, una lettera in difesa della filosofia che un progetto ministeriale avrebbe voluto tagliare riducendone le ore di insegnamento nelle scuole da tre a due anni. Non che la filosofia avesse bisogno di me per essere difesa. E infatti questi testi appena usciti lo dimostrano: cari apocalittici, la filosofia è viva e vegeta! È vero, non paga molto. Ma è in ottima forma, e mangia. Possiamo vivere benissimo, anche se un po’ piattamente, senza porci i problemi che essa pone. Ma nessuno può farne a meno, innanzitutto perché ci parla del mondo in cui viviamo e ci dice chi siamo e da dove veniamo, e poi perché tutti bene o male pensiamo. E chi ci fornisce gli strumenti per ragionare? A voi la risposta.
L'articolo La filosofia è viva e lotta insieme a noi sembra essere il primo su TG Valle Susa.
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