Autore
Davide Amerio
Davvero è sempre più difficile creare uno spartiacque tra la “verità” e le bufale sul web?
A sentire Pitruzzella (garante della concorrenza) è un problema serissimo e riguarda proprio la rete.
Sarà che sforniamo “garanti” come se piovesse, e ciascuno deve giustificare un perché alla propria esistenza, ma se vogliamo parlare di post-verità (l’ennesimo termine amabile coniato dai post intellettuali di sinistra), dovremmo prima chiarirci le idee sulla “verità”, la sua interpretazione, e la sua attuale relazione con la libertà di informazione.
Le statistiche internazionali sulla libertà della stampa condannano il nostro paese nei bassifondi delle classifica e, dopo le splendide prestazioni dimostrate dai nostri media durante la campagna referendaria, penso che per questo anno qualche altra promozione, verso il basso, non c’è la negherà nessuno.
Qualche anno fa Marco Travaglio scrisse un interessante libro (“La scomparsa dei fatti”), nel quale illustrava con dovizia le tecniche usate dai giornalisti della carta stampata e dell’informazione televisiva, per “manipolare” i fatti a uso e consumo della politica, eliminando la descrizione del fatto stesso e sostituendola direttamente con una interpretazione di parte.
Negli anni ‘80 Giorgio Bocca scriveva “Il Padrone in Redazione” nel periodo in cui il pensiero politico dominante vedeva nell’acquisizione della proprietà delle maggiori testate giornalistiche, da parte dei privati, la soluzione migliore per mantenere il “pluralismo” informativo.
Poi l’esclusiva della vendita dei giornali fu tolta alle edicole e la carta stampata poté essere distribuita ovunque; anche qui con la convinzione che una diffusione più capillare avrebbe portato più lettori e più pluralismo. Nel mezzo, il perenne finanziamento pubblico delle testate; l’occupazione (con spartizione) continua e sfacciata della Rai da parte della politica; le leggi a favore di Berlusconi, con l’uccisione sistematica della concorrenza al duopolio televisivo (lo vogliamo ricordare il caso di Europa 7 dell’imprenditore Francesco Di Stefano?).
La storia dell’informazione in Italia è tutto fuorché un racconto di libertà e tutela del pluralismo. Tranne coraggiose eccezioni che hanno dovuto lottare duramente per imporsi.
Difatti l’avvento di internet ha impiegato poco a mettere in crisi l’impianto di un giornalismo da tempo sempre troppo preoccupato a far da zerbino al potere. Per dirla splendidamente con Travaglio: “Se in America il giornalismo è il cane da guardia del potere, in Italia è il cane da compagnia. O da riporto” (libro citato).
Così come l’avvento sulla scena politica di un soggetto (M5S) estraneo (nel bene e ne male) alle logiche del potere uniforme e della pubblicistica al suo servizio, ha prodotto una violenta azione di rigetto e una incapacità totale nella lettura del fenomeno (politico e sociale) crescente. Le Bufale e le menzogne raccontate sul movimento, se raccolte, potrebbero costituire una piccola enciclopedia Treccani.
Se quindi il Pitruzella (o chi per esso) avesse davvero a cuore la produzione delle “bufale”, prima di calarsi nel web avrebbe già molto lavoro da svolgere all’esterno. Ma è vero che sul web girano stupidaggini e notizie che potrebbero creare allarmismi e false convinzioni.
Il rimedio, però, non è nella censura (tentazione sempre molto presente in un paese come il nostro dove il fascismo non è mai morto veramente), bensì nella consapevolezza dell’uso degli strumenti.
Navigare sul web con un computer è come avere preso la patente e sedersi su una Ferrari. Si guida sempre con il volante e con le marce ma offre prestazioni che se non impari a dosare ti portano a schiantarti sul primo albero o muro che troverai sulla tua strada.
La colpa non è mai negli strumenti ma nell’incapacità di chi li usa. E l’analfabetismo tecnologico che pervade la mente delle nostre classi governative non può che partorire un mucchio di sciocchezze su come gestire il web e le problematiche da affrontare.
Di organismi che “controllano e verificano” non ne sentiamo alcuna necessità (visti anche gli scarsi risultati di quelli già operativi). Necessitiamo di cultura e conoscenza basilari in una società complessa, per essere dotati dell’ABC per comprendere scienza, tecnologia, economia, informatica, politica. Abbiamo bisogno di più scuola (Pubblica) dove i ragazzi imparino l’amore per la conoscenza e il rispetto per gli altri. E le lingue straniere sul serio! E l’uso del Web.
Paura delle bufale virali? A me fanno sempre maggior paura le “Wanne Marchi” che stazionano in televisione a tutte le ore o le interminabili programmazioni di trasmissioni concepite per ridurre l’intelligenza e la cultura del pubblico. Le bufale virali si smontano da sole e finiscono nel dimenticatoio collettivo. Certo se uno crede che un po’ di sale in un bicchiere d’acqua ti toglierà il malocchio è probabilmente più sensibile alla bufala sul web… ma non è certo colpa dello strumento tecnologico.
Concordo con Mentana, quando scrive sulla sua pagina FB, che un grande passo avanti si otterrebbe eliminando l’anonimato. Basta con pseudonimi. Nomi e Cognomi veri e registrazione dei dati reali. La maggior parte delle persone che posta o commenta non ha certo bisogno dell’anonimato per le fesserie che scrive. Anche se, in qualche modo, potrebbero esserci delle necessità di garantirlo. Ecco, qui potrebbero esserci controlli e regole. Di sicuro chi si comporta con educazione e cerca un confronto reale non ha bisogno di anonimato. L’uso di uno pseudonimo potrebbe essere autorizzato solo se dietro esistono i dati reali registrati su un data base, con la richiesta specifica di poter utilizzare uno pseudonimo (e la motivazione).
E per cortesia la si smetta con la manfrina del giornalismo che dovrebbe essere svolto solo da professionisti riconosciuti nell’Albo; questo esiste solo in Italia e fu voluto da Mussolini. L’art. 21 della nostra Costituzione garantisce la libertà di espressione a tutti. L’unico vincolo è creare le condizioni affinché chi scrive si debba assumere le responsabilità di ciò che sostiene e dei modi in cui esercita il diritto di esprimere il proprio pensiero. A riguardo è sufficiente l’esempio dell’estero con banche dati di associazioni libere di giornalisti o, più in generale, operatori dell’informazione.
La stessa polemica tra Grillo e Mentana è assolutamente priva di un qualche utilità. Grillo parla per generalizzazioni, e al direttore de La7 è saltata la mosca al naso; ma stiamo parlando di banalità. Proprio Mentana è stato uno dei pochi giornalisti a comportarsi correttamente nei confronti del M5S. Piantiamola lì e occupiamoci dei filoni di pensiero che minacciano realmente la libertà di espressione e di informare in modo “alternativo”, al potere dominante, il pubblico; questo è il vero pericolo.
Il web ci ha regalato la possibilità di conoscere il pensiero e le interpretazioni di giornalisti, scienziati, filosofi, letterati, politici che, in genere, i media di regime evitano accuratamente.
Il web è la reale possibilità di costruire una propria cultura personale seguendo i propri interessi e condividere la conoscenza con il mondo, per diventare persone e cittadini migliori. Non lasciamoci tarpare le ali da quattro ciarlatani ignoranti (chiamali Webeti se vuoi) e da politici mediocri.
Davide Amerio
On-line dal 04-01-2017 questa pagina
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