Autore
Simone Cutri
“In Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli anti-fascisti”, diceva anni or sono il grandissimo e colpevolmente trascurato dai più Ennio Flaiano. Ma, come molti intellettuali spentisi trenta ed oltre anni fa, non immaginava che ogni presa di posizione, provocazione, amaro e cinico aforisma sarebbero stati superati, e di molto, dalla realtà dei fatti italiani di questi ultimi ridicoli anni.
Infatti, in un momento storico mondiale, e soprattutto italiano, nel quale l’ideologia politica non è che un miraggio di riferimento per qualche giovane con bisogni d’appartenenza e per qualche anziano nostalgico, continuiamo a sentire, durante gli improponibili dibattiti televisivi, l’appellarsi ad oltranza alle due categorie suddette. È bene fare chiarezza: il 99% di chi, di tanto in tanto, estrae dal cilindro il termine “fascista” per offendere o mettere in cattiva luce il suo contingente avversario non ha né vissuto quegli anni né studiato con cura gli eventi, le date, i personaggi, i processi storici. Usa questo termine che, ad onor del vero e probabilmente a torto, non spaventa più nessuno, al modo di usare le quattro frecce quando si mette la macchina di traverso sui binari del tram davanti ad un parcheggio per disabili o al modo che hanno le donne di farsi perdonare: scusami sai, ma sto attraversando un periodo un po’ strano. Il pubblico e gli astanti in genere rimangono attoniti e rinunciano alla qualsivoglia risposta che risulterebbe vana.
La contro-parte, quella per intenderci che rimprovera alla sinistra di non essere più sinistra, se non nell’accezione di “suscitare paura”, per conto suo avrà l’asso nella manica: citare a casaccio Berlinguer. Quando c’era Berlinguer, Berlinguer diceva che, ah se ci fosse Berlinguer, senti cosa diceva Berlinguer, ho visto un’intervista a Berlinguer, cosa avrebbe detto Berlinguer… e così via. Senza, come si diceva di quegli altri, aver vissuto quel momento storico, né studiato approfonditamente gli eventi, niente di niente. Soltanto edulcorando sinistra e fascismo della pericolosissima patina dell’allontanamento temporale e della glorificazione del passato, tanto invisa ai futuristi, che non può che annebbiare e patinare i fatti e le verità.
Tuttavia ora, mi pare, ed è questo il superamento dell’efficace aforisma di Flaiano, non esistono nemmeno più le due categorie di inizio articolo: fascisti ed anti-fascisti pur fascisti si sono uniti per osmosi in una squallida miscela di pensiero unico per principianti. Chi è escluso da questa pappetta liofilizzata è un frustrato, un visionario, un complottista, un fallito, un dietrologo, un poveretto. Il fascismo non è più camicie nere, olio di ricino, filmati Luce del Duce che arringa dal noto balcone di Piazza Venezia. Il fascismo è aver imposto, grazie ad anni di propaganda televisiva e massmediatica in genere (che il MinCulPop a confronto sarebbe appena la pubblicità di Pittarosso), un modello unico di vita e pensiero: chi non partecipa a questo flusso è escluso. Beceramente in concreto si potrebbe tradurre così: chi non sale a bordo del pensiero unico è privato della possibilità di esprimersi senza essere considerato uno stucchevole ribelle di poco conto, un critico rosicone, un poveretto che è rimasto escluso dal giro che conta; è privato dei finanziamenti, dell’attenzione della critica, dell’opportunità di manifestarsi nel mainstream. Il fascismo oggi non è fisico ma psicologico, non visibile ma sottile, violento non sul corpo ma sull’anima: può privare di ambizioni e futuro.
Il fascismo oggi è mandare in onda una fiction su RaiUno, strumento potentissimo, sulla costruzione dell’Autostrada del Sole, sull’entusiasmo di quegli anni, sul boom economico, sull’Italia felice che esce dalle macerie della guerra… per instillare negli aventi diritto al voto il forte dubbio che sì, le grandi opere in effetti sono da farsi. Senza spiegare che quelle di un tempo erano necessarie, che c’erano i soldi del piano Marshall, che l’Italia conservava ancora qualche metro quadro non cementificato.
Dopo decenni passati a glorificare uno dei due momenti dell’intera storia nazionale che ci hanno visto tirare fuori l’orgoglio, ovvero la Resistenza (l’altro, a mio giudizio, è l’interventismo nella Prima Grande Guerra), assistiamo impassibili all’imporsi della peggiore tra le libertà: quella soltanto presunta.
Simone Cutri
On-line dal 10-11-2014 questa pagina
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