Autore
Davide Amerio
di Davide Amerio.
L’esposizione Expo2015 è finita. Molto è stato scritto sull’argomento. Molte le celebrazioni della politica sopratutto da parte del governo individuando in Expo il “motore” per far ripartire l’economia del paese. Ma è davvero così? Cerchiamo di orientarci tra le esaltazioni e le critiche.
Indubbiamente la fiera ha avuto un riscontro positivo di pubblico con 21,5 milioni di visitatori. Un successo dichiarano politici e amministratori dell’evento. Non ostante l’ostracismo dei “gufi” (individuati nei gruppi di “tutta la sinistra anti qualcosa che alligna nel paese“), come sottolinea Fabrizio De Pasquale[1], Milano ha beneficiato dell’evento e ha dimostrato ” una prova che la storica efficienza di Milano e della Lombardia resistono e si rinnovano e che l’Italia potrebbe e dovrebbe puntare molto di più sul turismo.” E rimarca:
Expo ha funzionato bene perché è stata affidata, nel 2009, a una società (guidata ottimamente da Sala) che operava con logiche, responsabilità e obiettivi da privato. Non è un caso che ciò che rimase nelle mani del Comune sia finito tutto in ritardo o con risultanti meno brillanti: metropolitane, svincoli, promozione della città. Qualche riflessione andrà pure fatta sul perché il sito Expo era così pulito e sicuro e le nostre città no.
Il sito www.digital4.biz [2] sottolinea la portata dell’utilizzo delle tecnologia IT usate per la gestione della fiera:
Molte le innovazioni anche da un punto di vista energetico: Expo è stata una vera e propria smart city, dotata di tecnologie all’avanguardia che caratterizzeranno le città del futuro. Dai più moderni sistemi per la gestione e il controllo della rete elettrica, la smart grid, fino ad arrivare agli impianti di accumulo dell’energia elettrica, alle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici e all’illuminazione pubblica intelligente ed efficiente. Ogni padiglione ha poi avuto a disposizione un sistema di Energy Management dedicato che hanno reso partecipi i visitatori dell’utilizzo dell’energia e combinato le più avanzate tecnologie in grado di monitorare e controllare consumi e fabbisogno energetico, ottimizzare i flussi di energia e integrare gli impianti da fonte rinnovabile e i sistemi di accumulo.
Visitatori numerosi, contenti, tecnologia, volontariato (non dimentichiamoci del lavoro gratuito dei giovani); il governo Renzi magnifica l’evento come una sorta di “riscatto” per il paese nei confronti del mondo; il privato che ha gestito in modo esemplare. Tutto bene?
Non proprio, quando ci si munisce di carta, penna e una calcolatrice e si spulciano i conti.
Le prima valutazioni vengono fatte sul “successo” dichiarato con i 21,5 milioni di visitatori. Davvero è un successo? Quali sono i motivi per i quali si parla di “successo”? Afferma Vittoria Patanè [3]:
I motivi sono essenzialmente due: il primo riguardava la necessità di evitare una figuraccia di dimensioni globali, il secondo aveva invece a che fare con la necessità di coprire i costi.
Expo nasce nel lontano 1850, ma il vero e proprio boom arriva solo tra il secondo dopo guerra e gli anni 80, periodo caratterizzato da un numero medio di 32 milioni di visitatori per manifestazione. Successivamente la media è scesa a circa 19 milioni, eccezion fatta per i record (veri stavolta) raggiunti da Osaka 1970 e Shanghai 2010 con rispettivamente 64 e 73 milioni di visitatori ciascuna, cifre che però non possono essere prese come metro di paragone date le enormi differenze in termini di densità di popolazione. Nel 1992 Siviglia ebbe un grande successo con l’arrivo di 42 milioni di persone, mentre il grande flop internazionale è rappresentato da Hannover 2000 che ha registrato 18 milioni di visitatori.
Perché abbiamo elencato queste cifre? Perché rappresentano un primo esempio di quanto sia errato utilizzare la parola record quando ci si riferisce all’Esposizione Universale di Milano .
La domanda fondamentale è questa: i 21,5 milioni di visitatori coprono i costi dell’evento?
A detta di molti no! In primo luogo perché il costo intero del biglietto non è stato pagato da tutti i visitatori. Il ricavo medio, calcolato facendo una media tra i diversi prezzi cui sono stati venduti i biglietti è di 19 euro. Questo comporterebbe che i milioni di biglietti venduti hanno realizzato un incasso di circa 380 milioni.
Lo scorso 2 aprile, a un mese dall’inaugurazione, quando ancora si credeva che i suddetti costi di gestione non avrebbero superato gli 800 milioni di euro, Giuseppe Sala dichiarò quanto segue: “ Le spese di gestione di una macchina come Expo ammontano a 800 milioni di euro. Dagli sponsor abbiamo ottenuto 300 milioni: per raggiungere il pareggio di bilancio è necessario vendere 24 milioni di biglietti”. Tre giorni dopo lo stesso commissario ribadì che i costi di gestione sarebbero stati coperti con 24 milioni di biglietti al costo medio di 22 euro ciascuno.[3]
I costi di Expo paiono oggi più indirizzati sulla cifra di 960 milioni di euro di cui 380 coperti tra sponsor e royalties, mancano all’appello 660 milioni di euro per il pareggio di bilancio che non sono coperti dai 21,5 milioni di biglietti venduti.
Ma le cifre di cui sopra riguardano i costi di gestione. Ma i costi dell’infrastruttura?
Qui si apre un altro capitolo esaminato sotto il profilo economico da più parti. Esaminando il bilancio della società Expo 2015 S.p.A. che ha gestito l’evento, Michele Bellucco [4] rileva:
i soci di Expo 2015 S.p.A. sono “pubblici” (il che vuol dire che gestiscono soldi pubblici) e fino al 31/12/2014 avevano versato una cifra superiore al miliardo di euro, per la precisione 1.026.952.229 euro;
da quando Expo 2015 S.p.A. è nata ha cumulato perdite per 83.108.721 euro (ai dati di bilancio esposti sono stati aggiunti 5.033.000 euro di contributi in conto opere versati dai soci di Expo 2015 S.p.A. e riversati a conto economico tra i “ricavi”);
Visti questi dati, per poter affermare che questo Expo si è “ripagato da solo”, avrebbe dovuto chiudere il suo ultimo anno, ovvero il 2015, con un fatturato, non solo in grado di coprire tutti i costi del medesimo anno (più i contributi versati dagli azionisti nell’esercizio 2015) ma anche quasi 1,8 miliardi di euro dovuti alla sommatoria di 1.026.952.229 euro, 83.108.721 euro e 676.948.540 euro.
Dobbiamo infatti tener presente che la società Expo 2015 S.p.A. una volta terminato l’Expo 2015, avendo raggiunto il proprio obiettivo sociale, è destinata ad essere messa in liquidazione.
Oltre a questi costi ci sono poi quello per lo smantellamento, per le bonifiche e quello per non abbandonare le strutture rimanenti a se stesse impiegandole per usi futuri. Racconta Michele Sasso [5]:
La sfida da vincere nei prossimi mesi sarà quella di non avere una cattedrale nel deserto alle porte della città. […]
Ora sarà il momento-verità per la bonifica degli ettari di terra occupati e la tensione sale tra la società organizzatrice e quella proprietaria dei terreni (Arexpo, partecipata da Regione Lombardia, Comune di Milano e Fiera aveva acquistato dalla Fiera stessa e da una società del gruppo Cabassi) su cui il grande evento è stato messo in piedi.
In ballo ci sono i costi extra venuti a galla sulle bonifiche preliminari dell’area, con un conto finale da 72 milioni contro un preventivo di sei: e la discussione su chi pagherà e di chi è la colpa è appena iniziata. Prima di aprire i cancelli ha prevalso la strategia di fare in fretta e rimandare al post-evento. Ma ora i nodi sono venuti al pettine.
Poi ci sono gli investimenti effettuati nelle strutture esterne all’Expo:
Nel futuro della Lombardia c’è poi un lascito di tre lingue d’asfalto: laBrebemi tra il capoluogo e Brescia, la Pedemontana per collegare Varese con Bergamo senza passare dalla pianura e la tangenziale Est Esterna di Milano. Più di cinque miliardi e mezzo di euro investiti con risultati altalenanti.
La direttissima tra Brescia e Milano inaugurata in pompa magna nel luglio 2014 ha già richiesto un intervento di 360 milioni di euro dal governo Renzi e dal Pirellone del governatore Maroni. Costruita con il sogno di un’opera infrastrutturale finanziata al cento per cento dai privati, nonostante gli aiuti pubblici, è inchiodata a 35 mila vetture al giorno mentre la concorrente ne attira più di 120 mila. [5]
Nemmeno le spese addizionali dei visitatori pare avere portato benefici sufficienti per coprire i costi. Scrive Jerome Massiani [6]:
Più importante della biglietteria è però la spesa addizionale dei visitatori. La Lombardia è probabilmente quella che ha guadagnato di più da Expo, perché ha attivato flussi delle altre regioni. Ma per l’Italia nel suo complesso? Su questo punto, si possono esprimere varie perplessità. In primis, la proporzione di stranieri è stata inferiore a quella prevista. Risultati preliminari indicano un 16 per cento di stranieri (soprattutto francesi e svizzeri) contro previsioni tra il 20 e il 30 per cento,secondo un’indagine Eurisko del 2013. I non-europei, cinesi o altri, raggiungono quote insignificanti. L’Expo ha per lo più captato domanda nazionale o addirittura regionale (38 per cento di lombardi) e non i flussi internazionali. Ancor più importante è il fatto che, nei benefici, deve essere contabilizzata solo la componente addizionale della domanda, ovvero chi non sarebbe venuto in Italia senza l’Expo (o chi ha prolungato il suo viaggio in Italia per la manifestazione).
Implacabili come sempre, i nostri amici di Scenarieconomici [7] hanno relazionato sui costi effettivi dell’intera operazione Expo 2015, per la quale, non va dimenticato, sono in corso indagini per sub appalti in odor di mafia e gli appalti come quello di Eataly che concedono (senza gara) il beneficio del 95% dei ricavi sui 2,2 milioni di pasti. Il paragone con le Olimpiadi del 2006 è presto fatto. Per il Giubileo prossimo venturo possiamo già iniziare a metterci le mani nei capelli.
In un e-book scaricabile gratuitamente[8] il professor Roberto Perotti dell’Università Bocconi di Milano (ora commissario della spending rewiev) aveva già previsto e calcolato il possibile danno economico generabile con l’iniziativa della fiera, al punto da fargli scrivere:
[…] Ma né la corruzione né i ritardi sono il problema principale di Expo 2015. Il problema principale è che l’Expo non sarebbe dovuto accadere. Esso è nato e cresciuto per una amnesia collettiva della razionalità umana, sospinto da un’orgia di retorica come quella ben rappresentata nella citazione qui sopra. In tanti se ne sono fatti promotori. Le aziende lombarde, in primis quelle edili, per le quali l’occasione è sempre buona di aggiungere un po’ di cemento a quello che esiste già. Alcune forze politiche, che hanno preteso l’Expo come un parziale risarcimento per i tanti fondi trasferiti dalla Lombardia alle regioni del Mezzogiorno. Ma alla fine tutti sono saliti sul carrozzone. Fiere, congressi, strade, metropolitane, palazzi, centri adibiti a varie funzioni, ma anche alberi, vie d’acqua, piste ciclabili, giardini: con 14 miliardi tutto sembrava possibile, non c’era limite ai sogni. L’Expo di Milano divenne l’occasione per realizzare mille progetti, i sogni nel cassetto di ogni urbanista, ogni politico, ogni esponente della cultura, della finanza, dell’industria milanesi. Infine si sono aggiunti coloro che, in perfetta buona fede o presi da pura megalomania, si sono immaginati come portatori di un nuovo futuro per la scienza e l’umanità intera, di nientemeno che “un nuovo paradigma per l’esistenza del mondo”.
La conclusione? Sempre quella applicabile alle Grandi Opere in Italia: sotto la retorica della magnificenza si nascondono trucchetti contabili a vantaggio dei soliti noti (imprenditori e politici) cui difetta la capacità – e la volontà, – di gestire correttamente il denaro pubblico prendendo in considerazione il rapporto costi/benefici degli investimenti.
(D.A. 04.11.15)
Fonti:
[1] Fabrizio De pasquale su www.milanopost.it “I meriti di Expo, i giochetti della politica”
[2] “Expo cosa rimane di sei mesi d’innovazione” – www.digital4.biz
[3] Vittoria Patanè su it.ibtimes.com “Expo 2015 attenzione a parlare di record: i conti non tornano”
[4] Michele Bellucco su www.forexinfo.it “Expo 2015: bastano i 21,5 milioni di visitatori a coprire i costi dell’evento?”
[5] Michele Sasso su espresso.repubblica.it “Expo 2015, cosa rimane dopo l’evento?”
[6] Jerome Massiani su Lavoce.info “Ma quanto ha davvero reso l’Expo?”
[7] Ulrich Andersen su Scenarieconomici.it “Expo 2015 televendita con i conti in rosso”
[8] Roberto Perotti e-book di Lavoce.info “Perché l’Expo è un grande errore”
Davide Amerio
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