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di Claudio Giorno.
“La ricostruzione più utile e completa su un episodio di disobbedienza civile straordinario, e davvero “di base” e collettivo, unico nella recente storia italiana e forse europea. Se i No-Tav non hanno avuto l’impatto sulla nazione che la loro lotta avrebbe meritato, è stato, io credo, per l’assenza da tempo in questa storia di una sinistra che difendesse proletari e reietti invece di schierarsi ciecamente con i concreti sostenitori e impositori di un’idea di sviluppo supina agli interessi della grande finanza, che mai è stata così cieca nei confronti degli interessi collettivi e così disinteressata a quelli degli ultimi, dei “perdenti”. Nel libro di Wu Ming si ricostruisce anche una storia passata della valle e vi si ritrovano per esempio figure luminose come Ada Gobetti, comandante partigiano, o Carlo Carretto, organizzatore cattolico e poi frate nel deserto, che entrambi ho avuto la fortuna di conoscere, o Achille Croce, militante nonviolento, o un prete saldissimo nelle sue convinzioni come don Giuseppe Viglongo (e sulla partecipazione cattolica alla storia del no-Tav è uscito l’anno scorso un libro fitto di immagini e documenti scritto dai “Cattolici per la vita della Valle”, Il nostro No – edizioni Morra – prefazione di monsignor Ricchiuti di Pax Christi). Con ampiezza inusitata e controllata passione, Wu Ming 1 ha scritto un libro che resterà e che tanti dovrebbero leggere, per capire cosa davvero è accaduto nella valle e cosa certamente vi accadrà ancora di importante per tutti.
Sin qui Goffredo Fofi nella recensione di “Un viaggio che non promettiamo breve” pubblicata su Avvenire(!) il 2 dicembre 2016, sei mesi fa.
Oggi Papa Bergoglio ha scelto la inusuale formula della visita privata per potersi raccogliere in preghiera – è stato scritto – nei luoghi del “confino” in cui erano stati relegati due sacerdoti che di Don Viglongo furono tra i principali riferimenti: don Primo Mazzolari – il prete partigiano e don Lorenzo Milani – priore di Barbina.
Dico subito che non intendo appropriarmi della visita papale intestandola a “Dialogo in Valle” (la rivista “eretica” dove gli scritti e i libri dei due sacerdoti “messi all’indice” venivano citati e recensiti continuamente dal “collega” a sua volta “distaccato” nelle borgate montane di Condove). Ma rivendicare – questo si – la straordinaria, pur se meno conosciuta, lungimiranza di Don Giuseppe che se oggi fosse ancora tra noi proporrebbe un numero speciale del giornale per commentare nel modo giusto la visita del Papa “venuto da lontano” (dallo stesso continente di un altro dei riferimenti spirituali ed etici di Don Giuseppe: Monsignor Oscar Romero).
Nel modo giusto, si perché chi ha avuto tempo e voglia di ascoltare la “diretta” della visita non ha potuto non notare la prevedibile parata di personaggi che hanno sfruttato la presenza di Francesco per godere dei riflessi dei riflettori e approfittato dei microfoni aperti per tentare di arginare l’essenza del suo pellegrinaggio: l’inequivocabile invito a seguire la scelta di “quei due”: dalla parte degli ultimi come Bergoglio non si stanca di dire che debba stare la Chiesa tutta. http://www.radiorai.rai.it/dl/portaleRadio/popup/player_radio.html?v=1
Il Papa gesuita che fu in qualche modo esiliato anche lui dalla Compagnia di Gesù (lo ha affermato Monsignor Paglia ricordando che anche di Romero, Bergoglio ebbe a dire che chi lo fece soffrire furono soprattutto “i suoi confratelli”).
Niente di più, niente di meno: esprimere la gratitudine alla sorte di chi di noi ha avuto la fortuna di conoscere Don Viglongo – “il nostro prete esiliato” – (di cui l’allora vescovo della diocesi di Susa ebbe il cattivo gusto di provare a “rimproverare” persino le sue spoglie mortali sul sagrato della chiesa di Condove da dove sarebbero state riportate nel suo paese di origine tra le risaie del vercellese). La gratitudine a un uomo grazie al quale oggi – a mezzo secolo dalla morte di Don Milani e alla vigilia dell’inizio del processo di canonizzazione di Don Mazzolari possiamo affermare con legittimo orgoglio che noi non li abbiamo scoperti oggi.
E che chi oggi ha fatto parte delle “delegazioni ristrette”, definite nei soliti luoghi e con le solite procedure ha tentato ancora una volta – ma finalmente invano – di esiliarne lo spirito visto che non è più possibile farlo con le persone.
DOCUMENTAZIONE:
E’ bello considerare quanto anche gli ultimi contributi di don Giuseppe a Dialogo siano stati un’ultima volta una coerente testimonianza. L’ultimo articolo da lui curato (il ricordo di monsignor Romero) pubblicato a pag 5 dello scorso numero di aprile e l’ultimo che avrebbe voluto veder pubblicato (una riflessione sulla enciclica “Centesimus annus” da lui insistentemente richiesta ancora poche ore prima di partire) sono due segnali indicatori: da una parte la figura del vescovo scomodo da vivo (tanto è vero che lo hanno ammazzato) ma anche dopo morto (tant’è che in Vaticano ne parlano con poco entusiasmo, mentre tra la gente dell’America Latina è ormai un santo; e dall’altra un documento ecclesiale che al di la dei contenuti specifici affronta rilevanti problemi di impegno sociale come quelli del mondo del lavoro.
Una buona sintesi di don Giuseppe Viglongo, prete profetico e scomodo (che evidentemente con ragione sentiva particolarmente vicina la figura di Romero) e testimone nella Chiesa di un impegno concretamente immerso nella realtà sociale.
La Redazione di Dialogo in Valle, Editoriale del numero speciale in morte di don Viglongo, Condove, maggio 1991
L'articolo don Giuseppe Viglongo un sacerdote nella storia No Tav sembra essere il primo su TG Valle Susa.
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