La storia dell’arte, unitamente alla letteratura italiana, dovrebbero essere uno dei caposaldi di tutti i programmi educativi, dalla scuola primaria ai programmi universitari, su cui un Paese come l’Italia dovrebbe essere all’avanguardia.
A partire dal 2008, quando la riforma del sistema scolastico, operata dall'allora ministro Mariastella Gelmini, diede inizio alla graduale eliminazione o riduzione delle materie artistiche nelle scuole italiane, poi completata nel 2010, si assiste a un continuo attacco alla cultura italiana da parte dei Governi che si succedono alla guida del Paese più bello del mondo in cui giace, spesso maltrattato, il 51% del Patrimonio storico-artistico mondiale.
Una strategia che lascia sbalorditi soprattutto perché lo studio dell'arte, introdotto in Italia dalla riforma Gentile nel 1923, è sempre stato ammirato dalle altre nazioni europee che, al modello italiano, si sono ispirate. In Francia nel 2008, Sarkozy rese obbligatorio l'insegnamento dell'arte nelle scuole elementari: un progetto questo per lungo tempo pensato ma mai reso concreto anche in Italia.
Addurre che sia l'insostenibilità della spesa pubblica per tali materie a rendere necessaria tale scelta è argomento del tutto falso per una Paese che dovrebbe puntare sull'arte e la cultura per trainare il suo progresso non sviluppo, sociale, economico e culturale. Il vero motivo è, invece, la costruzione di barriere insormontabiliche limitino l’accesso alla cultura (specie per i ceti con meno possibilità di un’istruzione universitaria od occasioni di formazione specialistica), controllino e perimetrino chi la conosce e che uniformino la società italiana su standard culturali infimi, al fine rendere gli italiani del domani un massa incolta e incapace di valorizzare il proprio Paese.
Malgrado il protocollo siglato dai Ministri Giannini e Franceschini nel maggio del 2014, il rischio che l’arte esca della scuole rimane serio e occorre, quindi, che tutti, storici e critici dell’arte, operatori culturali e appassionati d’arte s’investano del ruolo di guardiani della memoria artistica italiana impedendo il propagarsi di una deriva che renderebbe la “grande bellezza” una palude da cui affiorano capitelli, cornici e rimpianti.
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