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di Claudio Giorno.
…E secondo chiunque conosca “l’ambiente”…ci vuole altro che il “nuovo” codice appalti concordato tra “guardie & ladri”
Di seguito alcune risposte scelte con cura dall’intervista di Aldo Cazzullo sul Corsera del 21 aprile (anche ai giornalisti “grandifirme” e ai “giornaloni” – ogni tanto – gli scappa qualcosa di buono…)
E ora?
«Non hanno smesso di rubare; hanno smesso di vergognarsi. Rivendicano con sfrontatezza quel che prima facevano di nascosto. Dicono cose tipo: “Con i nostri soldi facciamo quello che ci pare”. Ma non sono soldi loro; sono dei contribuenti».
Non esistono innocenti; esistono solo colpevoli non ancora scoperti». Lo disse davvero?
«Certo. In un contesto preciso. Ma mi citano fuori contesto per farmi passare per matto».
Qual era il contesto?
«Appalti contrattati tra partiti e imprese: chiunque avesse avuto un ruolo in quel sistema criminale, non poteva essere innocente; uno onesto nel sistema non ce lo tenevano. Prenda la Metropolitana Milanese. Costruita da imprese associate, con una capogruppo che raccoglieva il denaro da tutte le aziende e lo versava a un politico che lo divideva tra tutti i partiti, di maggioranza e di opposizione. Di giorno fingevano di litigare; la notte rubavano insieme».
Oggi la situazione è come allora?
«È peggio di allora. È come in quella barzelletta inventata sotto il fascismo. Il prefetto arriva in un paese e lo trova infestato di mosche e zanzare, e si lamenta con il podestà: “Qui non si fa la battaglia contro le mosche?”. “L’abbiamo fatta — risponde il podestà —. Solo che hanno vinto le mosche”. Ecco, in Italia hanno vinto le mosche. I corrotti».
Davvero pensa questo del nostro Paese?
«È il rimprovero che mi fece Vladimiro Zagrebelski. Al Csm erano ospiti 35 magistrati francesi, che mi chiesero di Tangentopoli. Risposi che nel 1994 erano crollati cinque partiti, tra cui quello di maggioranza relativa e tre che avevano più di cent’anni. Però noi eravamo stati come i predatori che migliorano la specie predata: avevamo preso le zebre lente, ma le altre zebre erano diventate più veloci. Avevamo creato ceppi resistenti all’antibiotico. Perché dovemmo interrompere la cura a metà».
Aver pubblicato sulle liste del movimento No Tav della Valle di Susa queste poche righe ha suscitato il seguente commento amaro a Bianca Riva:
“… che tristezza… dovremmo sentirci sfiduciati, senza speranza… rassegnarci a che le cose si degradino sempre di più, lasciar perdere lotte e contestazioni, tanto questi ben descritti delinquenti fanno sempre quello che vogliono… pensare che non cambia niente anche se ci diamo fuoco…ritirarci sull’Aventino a piangere…”
Subito corretto con una sana e retta reazione: “e invece no. questo piacere ai delinquenti non glielo diamo! andate su google a guardare il doodle oggi e’ la giornata della terra… e noi siamo qui e abbiamo tutti i diritti di esistere e lottare perché anche se sembra che gli onesti siano in via di estinzione… e’ una bufala che si sono inventati i delinquenti! Fra tre giorni e’ il 25 aprile, questa data e’ dentro di noi, non possiamo ignorarla o celebrarla solo con un corteo perché ogni giorno è 25 aprile continuando il cammino che stiamo facendo. con fatica onestà dignità speranza…ognuno come può…
Non era mia intenzione (non conosco ovviamente quella di Davigo) suscitare tristezza e sfiducia. Ho replicato (nel mio piccolissimo e nel limite dei 140 caratteri!) anche a Gad Lerner che su Twitter aveva scritto:” L’intervista di Davigo al Corriere suona come una rassegnata dichiarazione di sconfitta dei giudici”: rassegnata non so, sconfitta sicuro, ma del paese più che della magistratura (= vittoria #malapolitica)… Che – nella sintesi obbligata – può apparire una resa incondizionata ma solo se si prescinde dalla storia di chi scrive: storia collettiva, sia chiaro, non la “mia”: una storia che non ci ha visto firmare dichiarazioni di resa neanche quando – in quattrogatti – abbiamo perso la partita con la Sitaf di Franco Froio (autostrada e traforo del Frejus), o – un’era geologica prima – quando Mario Cavargna, in splendida solitudine, denunciava coraggiosamente la cementificazione speculativa e mafiosa dell’alta valle (e mentre tutta la politica sabauda diceva “la mafia non esiste” come nella Brescello in “provincia di Delrio” succede oggi). Figuriamoci 26 anni dopo (e siamo ancora qui) aver dato avvio alla prima vera lotta popolare contro quelle che oggi sono diventate una categoria riconosciuta a livello continentale e globale: le “Grandi Opere Inutili e Imposte”. Le matrigne conclamate di ogni corruzione.
Alcuni di noi (e qui non mi nascondo, parlo anche di me) hanno vissuto dall’interno quello che un magistrato “capace, probo e all’antica” come lo definisce ancora Lerner, ha detto nell’intervista: “uno onesto nel sistema non ce lo tenevano”: Proprio così: il “Sistemaitalia” (che grazie a noi possiamo oggi anche definire “Sistemaeuropa”) funziona per esclusione: si tengono accuratamente fuori gli “alieni” dal “cerchiomagico”. (E quale che sia il contesto: che sia il Gruppo dirigente di una concessionaria autostradale, una Fondazione bancaria, la direzione di un partito o il Cda di una ex municipalizzata; fino alle Ferrovie, prossime acquirenti di Anas per consolidare il ruolo della più potente “stazione appaltante” del nuovo millennio). Una continuità per bande, come sottolinea ancora Davigo; e proprio per questo l’uomo di legge arriva a proporre l’impunibilità per i pentiti di corruzione e ricorda che un tempo lo sosteneva anche Cantone “anche se ora ha smesso di dirlo» Perché Cantone ha smesso di dirlo? Chiede Cazzullo? «Lo capisco. E non aggiungo altro», risponde il Magistrato che si è sempre rifiutato di “prestarsi alla politica”…
Una prospettiva dunque e se possibile, più devastante rispetto ai tempi di tangentopoli; perché allora la politica che – al pari della ex Unionesovietica pareva una invincibile armata – si abboffava a una mensa che pareva ricca e inesauribile, mentre oggi si ruba a sempre più numerosi poveri per dare a sempre più limitati ricchi. Limitati oltre che nel numero anche nella progettualità perché il gruppo di potere che ruota attorno al premier non ha certo lo spessore di chi aveva messo in piedi il Partito (la Ditta) che loro sono riusciti a “scalare” più per i palesi demeriti degli ultimi “gestori” che per la loro abilità strategica. Ma se le cose stanno così bisognerà provare a togliere il comando della “Costaconcordia” a “Schettino” prima che – un inchino dopo l’altro – si schianti su uno scoglio (peraltro molto ben segnalato su tutte le carte nautiche).
Ma a farlo non può essere un altro uomosoloalcomando, né può bastare un partito che poi venga lasciato solo contro i veri poteriforti della finanza globale in caso di vittoria elettorale… Ma – esattamente come avvenne non tanto il 25 aprile, ma attraverso la paziente opera ventennale che lo rese alfine possibile, nonostante la più sciagurata delle “scelte” del fascismo – l’entrata in guerra. E ora come allora in Valle di Susa abbiamo fatto e stiamo facendo la nostra parte, nonostante la disaffezione al voto abbia colpito (comprensibilmente) anche la nostra contrada e un po’ di naturale affaticamento possa far temere che ci stiamo rassegnando.
(C.G. 24.04.16)
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