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QUERELLE : L’INDIVIDUO AL RISCATTO
Tutta la storia del Novecento è stata caratterizzata dal rapporto tra arte e politica, che, dopo la Rivoluzione Industriale, si sviluppa al di fuori del dominio della ritualità. Gli strumenti di riproducibilità tecnica, come ben comprese Walter Benjamin, allargano enormemente la base fruitiva dell’arte e la collocano decisamente nella sfera della politica. Nella prima metà del secolo, l’epoca in cui nascono totalitarismi di vario colore, l’arte persegue con tenacia la possibilità di condizionare il potere, incanalandone le scelte al fine di costruire una società egualitaria, in cui il momento ludico della creatività sia considerato importante al pari del tempo di lavoro. La tragedia del secondo conflitto mondiale genera, nei primi anni del secondo dopoguerra, una disillusione negli artisti soprattutto relativamente ad un ruolo positivo che la tecnologia può giocare per creare una società estetica. In Italia abbiamo il dibattito, tutto interno alla sinistra post resistenziale, sul ruolo che intellettuali ed artisti possono ricoprire per agevolare un processo di profondo rinnovamento sociale, con la famosa contrapposizione, che durò poco, tra “figurativi “ ed “astratto -formalisti”.
La ricostruzione ed il “boom economico”, fin dalla metà degli anni Cinquanta generano nuovo ottimismo e la convinzione, sviluppata dal Situazionismo di Guy Debord, Pinot Gallizio, Asger Jorn e Costant, di come l’arte e gli artisti debbano essere investiti da un ruolo di primo piano in una società in rapida evoluzione, e dell’abbattimento totale di qualsiasi barriera tra arte, vita e politica. Questa “onda lunga” proseguirà fino al Sessantotto ed al Maggio francese, con slogan come “l’immaginazione al potere” , di diretta emanazione situazionista, propagandosi per tutto l’arco del vitalistici, ma anche tragici e contraddittori, anni Settanta. Il decennio successivo, l’ingresso nella dimensione post moderna e l’esaltazione dell’individualismo generano, al netto di qualsiasi valutazione estetica, una rarefazione nei rapporti tra arte e politica, in cui, nei casi peggiori, si rinvengono nuovamente aspetti di cortigianeria e di esaltazione succube ed interessata del potere.
I tempi che viviamo, sotto la sferza del dominio della finanza e della globalizzazione, rivendicano nuove forme di partecipazione, che non si limitino a ricalcare, fuori tempo massimo, parole d’ordine ed atteggiamenti degli anni della contestazione. Il consenso ottenuto dalla Street Art, che è un’ espressione di libertà, è la prova di come l’arte avverta forte l’esigenza di riscoprire la sua dimensione etica. L’arte può e deve giocare un ruolo importante in questa fase storica. Le giovani generazioni si trovano a vivere nella dimensione di un eterno presente, privi di punti di riferimento, e facile preda di demagoghi di ogni risma.
L’arte può sviluppare in concreto una riflessione importante sulle contraddizioni sociali e sulla necessità di salvaguardare libertà e diritti civili che non si devono dare per acquisti una volta per tutte, ma per i quali è necessario lottare, anche per allargarli alla luce dei nuovi bisogni.
In base a queste considerazioni, necessarie per contestualizzare la storia nell’attualità, è importante che, anche nella congiuntura “liquida” che stiamo attraversando, caratterizzata dalla incertezza del futuro e dalla crisi, questa ormai datata, delle ideologie e del senso progressivo del cammino dell’umanità, gli artisti non si arrendano e mantengano ben salda la loro posizione di attori sociali attivi, schierandosi a sostegno delle battaglie civili, contribuendo a rafforzarle donando a queste il loro senso estetico e la capacità di sintetizzare un’emozione.
Da alcuni anni il Museo d’Arte Urbana, nato e sviluppatosi attorno ad una tematica realmente politica, come quella dell’arte pubblica, si è trasformato in un Museo “aperto” a trecentosessanta gradi, con iniziative che frequentemente si occupano dei diritti civili.
Oltre all’annuale monitoraggio che compiamo relativamente ai percorsi per portatori di disabilità nel Borgo Campidoglio, principale sede del MAU, e ad altri progetti, dal 2015, con un Flash Mob contro l’Omofobia e la Transfobia, portiamo avanti un’azione di sostegno alle tematiche della comunità LGBTQI, proseguita con due progetti di Alice Arduino, “Dimmi di sì : ieri, oggi e domani”, sulle unioni civili, e “Celebrate Yourself”, fotografie, interviste e dibattiti sulla comunità, i suoi problemi e le aspirazioni.
Il progetto del 2019 gode del patrocinio del “Lovers Film Festival”, attuale declinazione del rivoluzionario progetto di Ottavio Mai e Giovanni Minerba, concepito nel 1981 e di cui, dopo una tenace battaglia, si tenne nel 1986 la prima edizione dal titolo Festival Internazionale di Film con Tematiche Omosessuali “Da Sodoma ad Hollywood”.
Giovanni Minerba, che ha portato avanti con passione il Festival dopo la scomparsa di Ottavio Mai nel 1992, è attualmente Presidente e Consulente Scientifico di “Lovers” , diretto artisticamente da Irene Dionisio
Presso i locali della Galleria del Museo d’Arte Urbana, sarà allestito, dal 23 aprile, un interessante ed originale progetto di Antonio Minerba, artista, scrittore e contaminatore di linguaggi, dal titolo “Querelle : l’individuo al riscatto”.
Il progetto ruota attorno al romanzo di Jean Genet, scrittore, drammaturgo e poeta francese, “Querelle de Brest”, del 1947, ed alla trasposizione cinematografica operata dal grande regista tedesco Rainer Werner Fassbinder nel 1982, ultimo suo film prima della scomparsa avvenuta nel medesimo anno, con protagonisti Brad Davis, Franco Nero e Jeanne Moreau.
L’attenzione verso Jean Genet testimonia l’inclinazione che Antonio Minerba ha nei confronti delle personalità acute e trasversali che hanno attraversato la storia culturale novecentesca con sguardo obliquo, pronto a cogliere la realtà in tutte le sue mille sfaccettature, per simboleggiarla in una dimensione allegorica ed esemplare.
Uomini che non hanno avuto paura di vivere una esistenza piena ed attenta ai fenomeni in apparenza marginali e periferici, alla eccentricità, al disagio, talvolta al crimine, consci che la vera realtà delle cose la si può percepire solo in questi mondi realmente innocenti e disarmati, in grado di afferrare e talvolta cogliere la pienezza dell’essere.
Jean Genet, da questo punto di vista, è una personalità esemplare.
Adottato in tenera età, dopo un’infanzia nella norma iniziò ad adottare atteggiamenti devianti rispetto alla morale comune come il furto, sublimò la sua condizione omosessuale come attitudine esemplare posta al centro della sua poetica.
Una poetica che lo portò, dopo controverse esperienze giovanili, a scoprire una vocazione alla scrittura tramite cui sfornerà, con attitudine di febbrile perfezionismo, capolavori di una letteratura autenticamente esistenzialista, intessendo in parallelo rapporti con molti tra i più significativi creativi del secolo scorso e manifestando, nella parte conclusiva della sua intensa esistenza, un impegno politico nei confronti dei popoli oppressi, in particolare mediorientali.
La sua è una poetica della lateralità, che vede la luce nei meandri apparentemente più oscuri delle metropoli, e nei luoghi di transito e di fuggevole contatto, come il porto di Brest, in Bretagna.
La storia del romanzo, come quella del film, è una sostanziale ricerca della vera identità del marinaio Querelle, tra i bassifondi ed i locali del porto, in mezzo a ladri, prostitute e ad una variopinta umanità accomunata dal collante relazionale della trasgressione e del sesso.
Antonio Minerba vede, nel romanzo e nel film, e su quanto ha ruotato e continua a ruotare su di loro, come i disegni di Jean Cocteau, la grafica di Andy Warhol, ed i fotogrammi di Fassbinder, uno sfondo ideale per la sua ricerca verso la dimensione “stratificata” dell’immagine.
Scrive l’autore : “Elementi che si sovrappongono attorno ad un personaggio che cerca di “riscattarsi” da un mondo senza scampo, dove i rapporti d’amore sono invariabilmente declinati secondo un’ottica di sopraffazione e di sofferenza. Un riscatto dalla solitudine per poter raggiungere finalmente l’identità che va disperatamente cercando nell’esperienza di ogni nefandezza” .
Con attitudine eclettica, pienamente sintonica al clima della post modernità, dove la citazione si contestualizza nella dimensione del presente, dotandolo di nuovo significato, Antonio Minerba persegue una ricerca sincretica tra varie discipline creative, ricondotte nell’alveo sperimentale della visività artistica.
Questo è testimoniato dalla sua recente prova d’autore “Atti intimi”, pubblicato per i tipi di Chiaredizioni, dove una serie di immagini realizzate con varie tecniche dialogavano con la poesia di Sandro Penna, Antonin Artaud e Pier Paolo Pasolini e con la prosa musicale di Luigi Tenco, e Fabrizio De Andrè, tra gli altri, tutte personalità tormentate e creative, alla perenne ed inesausta ricerca dell'”altro da se”.
Questa vocazione alla realizzazione di un’opera il più possibile “totale”, dove vengano meno gli steccati linguistici per permettere di intuire e percepire la comunicazioni delle parti con il tutto, si esprime al meglio con lo sfondo della creatura artistica di Genet/Fassbinder.
Citando ancora l’artista : ” Difatti l’opera fassbinderiana in questione non è solo cinema. E’ teatro con le sue scenografie, citazioni pittoriche, cabaret, danza”.
La serie di opere, tutte di dimensioni medie, che suggellano il progetto “Querelle : l’individuo al riscatto”, sono realizzate con tecniche miste quali xerografia, fotografia ed acquarello.
Nella scia della migliore tradizione dell’avanguardia novecentesca nei termini della miscellanea di immagini e della poesia visiva, il risultato è uno stimolante ed armonico puzzle, dai timbri cromatici vivi e squillanti, evocanti energia e ritmo,
Fotogrammi del film, brani di scrittura, apparizioni di Brad Davis, Franco Nero, Rainer Fassbinder e Jean Genet, epifanie di Warhol, manifesti, si alternano in un sapiente gioco ad incastro dove dal frammento si riesce agevolmente a risalire alla totalità, in una sinfonia corale di colore ed immagine.
Edoardo Di Mauro, marzo 2019.
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