La mostra presenta tre fra le più recenti serie di dipinti di Daniele Galliano.
Galliano qui abbandona la tela come supporto pittorico, e opta per gli antipodi: la
materia nella sua pienezza e gravità, il legno, che scava, raschia, incide, e la sua versione
effimera, la carta, prediletta per preziosità e raffinatezza.
In Empty heads (2017) e We’re gonna have a real good time together (2016) Galliano
sottrae i connotati a uomini ritratti nelle vesti del potere - politici, bancari, affaristi.
Tradizionalmente la testa è considerata sede dell’anima, della vita, della forza, del
daimon o genius (spirito divino). La sottrazione dei lineamenti e la loro dissoluzione
priva i personaggi non solo della loro specificità e identità, istanza ultima di ogni essere
umano, ma della loro stessa anima. Tale è la decadenza di un mondo e del suo esercito
di servitori.
In “Come in cielo così in terra” (2015), la prospettiva cambia drasticamente e guarda
questa volta non più a singoli presi frontalmente, ma alle folle - tema prediletto
dall’artista. La veduta è aerea, sovrasta gli individui. Solo da questa altezza si può
abbracciare con lo sguardo la moltitudine e accedere al grande spettacolo dell’umanità
nella sua dimensione collettiva, nel suo farsi folla.
Nel lavoro di Galliano individui e folle sono però solo apparentemente due soggetti
pittorici e due entità distinte e separate. In realtà dialogano in continuità, secondo un
movimento focale che va dal particolare al generale, e viceversa, a ricordare che
l’individuo non si esaurisce nella folla. Sia prima, che dopo l’azione aggregativa o la
performance collettiva, i soggetti che popolano i quadri di Galliano sono quelli che
sono, e restano tali: uomini, anche quando dannati alla rovina. Come in cielo, così in
terra. Come in alto, così in basso.
E.C.
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