Autore
Davide Amerio
Hai lavorato come Presidente della società Eur SpA di Roma, una società del MEF una esperienza importante nella tua carriera di architetto. Cosa ci puoi raccontare di questa avventura?
Una esperienza straordinaria. L’Eur è un luogo di grande interesse e potenzialità. La società Eur spa è una società del MEF (90%) e del Comune di Roma (10%): società diventata spa dal 2000, mentre prima era un Ente indirizzato alla valorizzazione del patrimonio immobiliare e paesaggistico dell’Ente Eur che era quello delle Olimpiadi e quello della Esposizione Internazionale del 1942, che non si è mai tenuta a causa dell’entrata in guerra dell’Italia.
Il potenziale del luogo non era particolarmente espresso, ho avuto la possibilità di portare un contributo di idee e di progettualità cercando di approcciare l’Eur come un obiettivo turistico, culturale, internazionale, per la città di Roma.
In genere quando si parla di Eur ci si riferisce al palazzo della Civiltà Italiana, detto anche “Colosseo Quadrato” e in genere, come Italiani, non conosciamo cosa c’è dietro questo palazzo.
Oggi quel palazzo è la sede del quartier generale della Maison Fendi, ed è proprietà di Eur spa; non tutti i palazzi dell’Eur sono di proprietà della Spa. Su questo palazzo, anche se risulta privato, in quanto affittato da Fendi, abbiamo comunque intrapreso iniziative per l’accesso al pubblico a questi palazzi monumentali con la loro collaborazione.
Ci sono molti altri esempi di architettura straordinaria, come il Palazzo dei Congressi progettato da Adalberto Libera, il Palazzo dello Sport di Marcello Piacentini e Pierluigi Nervi, lo stesso palazzo degli uffici, e molti altri, circa una trentina, di particolare pregio architettonico dell’epoca razionalista. Oltre a tutta la parte dei parchi che mi ha permesso di creare delle progettualità importanti: riaprendo il Giardino delle Cascate, il Laghetto dell’Eur, creando un progetto di riqualificazione per un bacino che è lungo 1 km per 80 metri, in una città dove ci sono attività sportive come il canottaggio.
Abbiamo cercato di sfruttare al meglio questa parte di Parchi monumentali (70 ettari!) creando eventi che la valorizzassero: per esempio Videocittà (manifestazione dell’immaginario audio visivo), il Festival del Cinema sul Laghetto (con un Cinema “galleggiante”). Ci siamo occupati molto della manutenzione dei Parchi, con investimenti sul verde, lotta ad alcuni “parassiti” che minacciavano l’ambiente, realizzando un lavoro di ricerca in collaborazione con l’Università Federico II di Napoli.
C’è poi tutto il settore congressuale e turistico: rilanciando strutture come la Nuvola di Fuksas, sia ai fini congressuali, ma anche a favore del settore artistico. Abbiamo aperto una stagione “Eur culture per Roma”, cercando di mischiare il valore congressuale (molto importante per Roma), con un calendario turistico, musicale, per i periodi di non utilizzo, che oggi sono diventati un riferimento per la città.
Ho avuto quindi la possibilità di conoscere un luogo straordinario, è lo in particolare per i Romani che abitano in quella circoscrizione: una popolazione superiore a quelli della Val d’Aosta (188.000), che considerano il Presidente dell’Eur Spa un po’ come un mini sindaco del luogo. Abbiamo quindi anche operato per contribuire al buon funzionamento dei servizi del IX Municipio di Roma.
Ci siamo anche occupati di una società di Eurtel che gestiva la parte tecnologica e di gestione dati (e di una Data Center) del Comune di Roma. Sotto l’Eur ci sono 6 km di gallerie di infrastrutture che utilizzavamo per le reti di fibra ottica. E’ stato il primo anello di fibra ottica più grande d’Italia; originariamente era una rete di posta pneumatica tra i vari edifici: all’Eur ci sono sedi di importanti aziende internazionali (Oracle, Poste Italiane, Eni, etc etc), un polo tecnologico di notevole importanza.
In questi tre anni abbiamo quindi cercato una combinazione tra la parte architettonica, i parchi urbani, i servizi, la cultura (ci sono molti musei), la parte ludica (Luna Park), la promozione della formula E automobilistica, i droni. Una esperienza che mi ha consentito di combinare diversi campi: turismo, cultura, gestione amministrativa, societaria, del personale, la valorizzazione del verde, dello sport, dell’efficienza energetica, della sostenibilità ambientale, manutenzione degli immobili.
Tu sei stato uno dei primi in Italia ad occuparti di efficientamento energetico degli immobili. La situazione in Italia è pressoché al palo, non ostante i tentativi del Bonus 110 (con le sue pecche), e abbiamo una UE che si indirizza ad imporre delle ristrutturazioni alle case, per renderle “green” quando molti cittadini non hanno la disponibilità dei capitali necessari. Quali sono, secondo te, le linee guida che dovrebbero guidare una politica corretta e fattibile di transizione energetica?
In Italia è sempre mancata una Legge sulla gestione energetica: una Legge che ci permettesse di crearci una “nostra” autosufficienza attraverso adeguati investimenti. Se può essere normale dover acquistare energia dagli altri, è assolutamente un danno non progettare, almeno nel corso di 50 anni, una prospettiva, un piano energetico nazionale che abbia una concezione e un progetto della direzione che si vuole intraprendere.
Lo abbiamo visto due anni fa con il prezzo dell’energia schizzato alle stelle, e le difficoltà che ha creato al paese. Un piano energetico nazionale si dovrebbe porre degli obiettivi estremamente alti, cercando di valorizzare, in modo anche “drastico”, tutto ciò che “in potenza” può essere utile a creare energia. Manca totalmente uno studio in prospettiva della valorizzazione delle energie rinnovabili.
Il tema dell’energia, in un certo senso è piuttosto semplice: la miglior energia è quella che non viene consumata. Per esempio, nel caso degli edifici l’idea di fondo è quella di costruire edifici che siano sempre meno energivori: che possano quindi esistere consumando poca energia. Questo tipo di energia può essere “naturale” (insolazione), o prodotta da fonti rinnovabili stoccate. Il problema dello “stoccaggio” è importante: le energie rinnovabili sono straordinarie ma discontinue, e diventa importante imparare a stoccarle. Con il fotovoltaico e l’eolico ci sono le batterie di accumulo.
Ci sono poi le fonti “fossili” come la legna o altri prodotti. L’Italia ha problemi energetici piuttosto complessi. Da una parte ci sono da alimentare i trasporti, dall’altra ci sono le esigenze dell’industria. Ultimamente si vantano numeri di “risparmio” in questo settore, ma ciò è più dovuto a processi di desertificazione industriale che a politiche di riqualificazione del settore industriale.
Infine c’è il comparto residenziale edilizio: sia la parte “istituzionale” (ministeri, scuole, amministrazioni locali), sia gli edifici privati e di edilizia popolare.
Tutto questo patrimonio è stato dimenticato per lunghissimo tempo: il concetto di “manutenzione” è stato molto scarso che, aggiunto alla scarsa qualità del costruito, ci ha portato a una situazione piuttosto devastante. Manca anche una “cultura” (sia nei professionisti, sia negli amministratori) di riqualificazione edilizia. Il Bonus 110 ha dato un contributo per acquisire una certa consapevolezza del problema, ma ha dato una “mazzata” negativa su come è stato gestito. E’ stata travisata la qualità del patrimonio che si è creato. Si è passati dal non considerare la riqualificazione a realizzarla improvvisamente come se tutti gli attori fossero competenti.
Un edificio correttamente costruito ha sia dei committenti “illuminati”, ma anche dei professionisti capaci che sono in grado di gestire il tutto. Ma questo non te lo inventi in uno spazio di tempo breve, tanto meno brevissimo. Sotto questo punto di vista in Italia si è creato un dibattito tra ciò che è stato speso e quanto ha migliorato effettivamente il patrimonio immobiliare.
Ciò non toglie il fatto che l’obiettivo dovrebbe essere sempre quello: una riqualificazione del patrimonio, un abbattimento (annullamento) del consumo del suolo (tema sul quale sono molto ferreo). C’è in giro una quantità di immobili e di zone già antropizzate che sono abbandonate. Non c’è una incentivazione, neanche a livello dei regolamenti comunali, oltre che nazionali, all’utilizzo prioritario dei volumi già esistenti. In Italia si continua a investire sul suolo vergine; questo avviene ovunque: pianure, città, e anche in montagna. Il riutilizzo dell’esistente qui dovrebbe essere l’asse portante delle riqualificazioni energetiche e ambientali.
Da una parte ci deve essere un investimento sulle rinnovabili; che sia idroelettrico, eolico offshore o meno (interessanti le applicazioni in Olanda e Danimarca), anche un micro idroelettrico. In tema, che riguarda anche la questione della siccità, la necessità di creare bacini di accumulo, per la gestione dei prati pascoli e altro. Sono tutti temi fondamentali.
Non bisognerebbe dubitare della necessità di investimenti per la riduzione drastica dei consumi energetici. Oggi si potrebbe pensare a realizzare edifici che consumano un decimo rispetto all’attuale consumo energetico. Quindi potresti avere un decimo del riscaldamento della spesa per il riscaldamento, oltre al fatto che il 60% di questa spesa potrebbe essere sostenuta dalle rinnovabili.
Lo Stato dovrebbe quindi indirizzarsi verso una emancipazione da soggetti terzi. Oggi vediamo le implicazioni nella politica internazionale di questa dipendenza. Il costo della produzione dell’energia ha riflessi anche sul costo delle merci che dobbiamo acquistare perché non siamo in grado di produrre. Un problema vecchio come il mondo che l’Italia o per incapacità o per sudditanza non ha mai affrontato correttamente.
Ricordo quando tu, già molti anni fa, promuovevi l’idea, presente in Europa, di cooperazione tra Stato, banche e privati, per finanziare la riqualificazione degli edifici.
Erano le Energy Service Company (ESCO). In Italia purtroppo non hanno creato un bacino di interesse. Le ESCO investono sull’inefficienza, e la trasformano in valore: per esempio in una scuola (il discorso valeva anche per gli edifici pubblici) o in un edificio privato, investendo sulla riqualificazione dell’involucro, e degli impianti, vincolandoti per esempio per 10 anni, a un costo dell’energia pari a quello che pagavi prima dell’intervento (magari con uno sconto del 20%), loro (ESCO) guadagnavo un delta tra quanto tu (Stato o privato) gli continui a versare, e il nuovo costo dell’energia dopo le operazioni di efficientamento.
Purtroppo in Italia le ESCO si sono focalizzate solo sull’impiantistica e la gestione del calore. Questo sistema economico molto interessante, che in altre parti d’Europa ha preso molto piede, ha consentito di riqualificare anche laddove i soldi non c’erano. Da notare che l’aumento dei costi dell’energia renderebbe questo discorso sempre molto interessante.
Sulla situazione climatica, su quanto questa sia influenzata dall’attività umana, e dal sistema produttivo, c’è una contrapposizione netta tra negazionisti e ambientalismo che, sovente, sembra pilotato da interessi esterni. Vista la tua esperienza nell’occuparti di energia, che sensazione hai su questa questione?
Sul patrimonio privato si possono considerare due linee guida. Una è la questione normativa: in Italia abbiamo avuto un punto di svolta nella legge 30/373 del 1976, dopo la crisi energetica provocata dalla crisi del Kippur, diventata così la Legge sul progetto degli edifici; si è così passati dal non considerare il problema energetico come problema a un coordinamento legislativo necessario per la progettazione degli edifici. Si può quindi, attraverso strumenti legislativi, rendere più stringente la questione energetica: si crea un binario che porta costruttori, professionisti, e anche politici, verso l’efficientamento energetico.
Sull’altro versante ci sono le incentivazioni, sulle quali nutro delle riserve. Sono però strumenti che esistono in Europa (diversa la situazione negli USA, dove il dibattito è aperto, ma distorto da una attività che tollera dei consumi che da noi sarebbero improponibili), per esempio la legge della Germania sugli incentivi ai fotovoltaici della fine degli anni ‘90, che prevedeva non l’occupazione di terreno fertile per gli impianti, ma l’utilizzo dei tetti delle abitazioni.
Quella iniziativa ha prodotto 100.000 impianti mentre, negli anni successivi, l’Italia è arrivata timidamente a produrne 10.000. Se rapportiamo il dato alla popolazione, Germania 90ml di abitanti, Italia 60ml, il rapporto è decisamente basso. In Germania l’incentivo è stato visto come una sollecitazione per avviare il settore per poi lasciarlo camminare sulle proprie gambe.
Per quanto riguarda la parte del Pubblico è necessario creare una consapevolezza dei punti deboli e dei punti di forza. Sostengo, da 10 anni a questa parte, che, sopratutto nelle aree metropolitane, ci si dovrebbe rivolgere a un tema di riqualificazione totale del contesto. Una deasfaltizzatione totale, creando al loro posto delle superfici permeabili, eliminando il più possibile quelle impermeabili.
Necessario un incentivo alla riqualificazione e rigenerazione del verde urbano (con un aumento importante della superficie erborifera ed erbosa): questo per realizzare un abbattimento delle temperature, e una riqualificazione e miglioramento dell’aria.
Riqualificazione degli spazi pubblici, e poi c’è il tema fondamentale della mobilità. Il trasporto pubblico, se garantito nella qualità e nell’investimento, può ridurre il traffico privato (che è un costo sociale, ambientale, sanitario, ed economico per i proprietari dei mezzi): questo rappresenterebbe un vero salto di qualità. Ci sono poi gli investimenti nella mobilità “leggera” come le piste ciclabili.
Ho sempre sostenuto che gli investimenti nelle piste ciclabili dovrebbero essere pari a quelli per le linee tranviarie. Le piste ciclabili non possono essere “residuali” e pericolose. Se, per esempio, vai a Bolzano oppure ad Amsterdam e usi le piste ciclabili, ti rendi conto che non sono piste “turistiche”, sono piste di “lavoro”: ci sono magari 1500 ciclisti che vanno a portare i bambini a scuola, che vanno a lavorare, consegnano i pacchi. Le piste sono realmente sostitutive degli autoveicoli.
Si eliminano così costi di benzina, di assicurazione, emissioni; non ci sono gli “ingombri” dei veicoli nelle città: spazi che possono essere restituiti alla città sotto forma di verde o di spazi commerciali o servizi. C’è molto da fare, è una progettualità tutta da costruire. Tutto questo se si ritiene, ma non sono d’accordo, che le città siano, in futuro, un collettore.
In realtà, a livello internazionale, studi ipotizzano che nel 2040-50 le proiezioni prevedono che il 70% della popolazione mondiale vivrà nelle eco urbanizzazioni. In Italia non abbiamo sensibilità a riguardo, ma ci sono nazioni (e delle città) anche africane, indiane, degli Emirati, sud americane, che hanno dagli 11 ai 30 milioni di abitanti dove il problema della urbanizzazione è molto sentito.
In Italia la situazione è diversa: non ha metropoli che si stiano allargando così tanto. Però il problema della antropizzazione dei territori, con la conseguente cattiva qualità dell’aria e dell’acqua, dei servizi, è un questione presente: non ha quindi senso vedere le città come un futuro inequivocabile, sopratutto rispetto a tutto il resto del territorio antropizzato che l’italia possiede.
Le Campagne e le Montagne sono territori di grandissima qualità ambientale, e di vita, che potenzialmente, attraverso una maggior consapevolezza, e una nuova capacità di gestione, amministrativa, tecnologica, possono diventare una valida alternativa, ripristinando anche quel senso di “comunità” che nelle città spesso viene smarrito.
Gli investimenti vanno programmati sul lungo periodo. Un “amministratore” dovrebbe programmare le politiche su un arco di 25 anni: essendo una programmazione strutturale è qualcosa che ti “sorpassa” e vive oltre le campagne elettorali. Purtroppo nelle amministrazioni locali, la pianificazione non va oltre i 4/5 anni. Sicuramente ci sono degli investimenti, per esempio nel trasporto pubblico, che confliggono con gli interessi industriali. Torino ne è un esempio: la forte presenza industriale sui veicoli privati ha certamente fatto crescere la città, ma ne ha anche condizionato lo sviluppo verso una idea di trasporto primariamente privato. A Milano, per quanto riguarda lo sviluppo del trasporto pubblico, la direzione è stata diversa.
Possiamo però dire che certi ragionamenti “non fatti”, dopo 25/30 anni ti presentano il conto. La “mobilità facile” è uno dei migliori elementi che ti consente anche la scelta di un luogo rispetto a un altro.
Un’ultima domanda per parlare di questa tua candidatura a Sindaco per il comune di Usseaux, paese montano recensito come uno tra i più belli borghi d’Italia.
Conosco da circa 12 anni l’attuale Sindaco Andrea Ferretti, un amico, conosciuto attraverso l’agenzia Casaclima di cui sono auditore in quanto lavoro con l’agenzia per controlli sui progetti. Usseaux è un paese piccolo di 182 abitanti circa, in Val Chisone, un comune composto da cinque borgate. Avendo lui terminato i due mandati, mi ha voluto incontrare in merito ai miei progetti per le Montagne (Riabitare le Alpi, sostenibilità dell’abitare, recupero dei borghi abbandonati, etc etc) e mi ha proposto di seguire questa esperienza, proprio alla luce delle mie competenze maturate nel corso del tempo.
Usseaux è uno splendido paese dove sono stati realizzati investimenti significati sulla parte pubblica da 25 anni, quindi c’è una continuità amministrativa che attraversa diversi sindaci, nel corso del tempo, con una visione e una progettazione che è stata passata di mano tra diverse amministrazioni.
Ho ritenuto questo tipo di esperienza molto interessante. Ho partecipato a una serie di incontri aperti alla cittadinanza su una proposta per continuare questa esperienza, e ho potuto constatare una comunità di persone molto coinvolte, anche se non appartenevano alla maggioranza. Il Comune è visto come luogo di partecipazione.
Il tema del programma lo stiamo costruendo a livello partecipato e collettivo, con il coinvolgimento anche di Luca Mercalli. L’obiettivo è quello di creare, oltre ai servizi per il cittadino, un “campione” di Best Pratice, ovvero di buone pratiche su quello che può essere l’innovazione legata all’ambiente, al turismo sostenibile, a una visione anche operativa sul tema dei cambiamenti climatici: ci sono i temi dei prati pascoli, dell’alta montagna, degli impianti sportivi con riqualificazione a zero consumo di suolo. Una sfida interessante anche per i paesi che risiedono intorno. Un progetto di continuità, ma anche un modello nel complesso che tiene in conto anche l’aspetto della ri-abitazione.
Ri-Abitare le Alpi aveva come slogan “nuove prospettive per vivere, abitare, e lavorare”; dal punto di vista pratico il lavoro è uno dei problemi più importanti: occorre una riflessione sui servizi che possono portare a un lavoro “stabile”. Proprio a Usseaux si sono create nuove attività che si sono successivamente sviluppate.
La mia volontà è di lavorare su questo aspetto, creando nuovi residenti, perché creano presidio del territorio: per esempio una cooperativa ha recentemente riaperto una locanda che svolge anche altre funzioni, come la gestione del punto turismo, e una serie di servizi alla comunità che sono essenziali - e non sempre in comuni così piccoli l’amministrazione è in grado di sostenerli. C’è quindi bisogno di collaborazione tra i privati e la collettività.
Grazie per la tua disponibilità e per quanto ci hai raccontato.
Davide Amerio
On-line dal 28-05-2024 questa pagina
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