Autore
Davide Amerio
Una notevole controversia è stata sollevata dopo la diffusione del recente video che ha mostrato un incontro tra il Dalai Lama e un ragazzo di 7 anni. Il “caso” ha dato luogo a interpretazioni poco generose nei confronti di sua Santità, ma spiega piuttosto bene il profondo abisso che separa le culture e dovrebbe invitare tutti alla riflessione sulla confusione che si genera intorno alle intenzioni e ai desideri delle diverse culture.
Nel video il Dalai Lama, durante una cerimonia pubblica, chiede a un ragazzo di darli un abbraccio e gli dice “succhiami la lingua”. Le reazioni al video, nel mondo occidentale, sono state di condanna e non proprio edificanti nei confronti del Dalai Lama: accusato di un comportamento inappropriato, i critici si sono lanciati in speculazioni sulla sua senilità, sulla pedofilia, o entrambe.
Altri hanno fatto notare che nella tradizione tibetana mostrare la propria lingua è un segno di benevolenza verso qualcuno, per dimostrare che essa non è nera, la qual cosa indicherebbe un segno del demonio. Tuttavia qualcuno precisa che chiedere di succhiarla non fa parte della tradizione. Esiste però un possibile equivoco. La frase tibetana “Che le sa”, può essere tradotta, grosso modo, in “mangia la mia lingua”. Frase che i genitori usano amorevolmente verso i propri figli come a dire “ti ho dato tutto, per cui la sola cosa che ti rimane è mangiare la mia lingua”.
Chiaramente il significato originale si è perso nella traduzione: il Dalai Lama parla Inglese come seconda lingua, ma non possiede dimestichezza a livello nativo. Ma le pratiche della tradizione non possono certo sottrarsi a critiche. Un esempio estremo è quello della clitoridectomia che fa parte di una tradizione non Tibetana; anche il Tibet è pieno di antiche tradizioni che oggi consideriamo pratiche umilianti volte a imporre rigide gerarchie non più accettabili. Anche quella della “lingua” ha subito nel tempo delle evoluzioni.
Proprio in riferimento a questa vi è un racconto che narra come, durante la rivoluzione culturale in Cina, se un vecchio proprietario terriero incontrava per strada ex servitori della gleba emancipatisi, egli si accantonava sul ciglio della strada, si inginocchiava e metteva fuori la lingua: una cortesia dovuta dai servi di rango inferiore a quelli superiori. Avrebbe ripreso la strada solo quando questi fossero passati.
Con le riforme di Deng Xiaoping le cose sono tornate indietro: è toccato agli ex servi tornare sul ciglio della strada inchinandosi e tirando fuori la lingua in segno di rispetto e sottomissione. Questo è stato un processo sottile, del tutto volontario, senza alcuna imposizione.
Esporre la lingua era quindi una auto umiliazione, non un gesto d’amore. Gli ex servi della gleba avevano in chiaro di essere tornati al fondo della scala sociale. Molto interessante è come gli stessi rituali sopravvivano nel tempo non ostante notevoli trasformazioni sociali.
Per quanto concerne il Dalai lama è probabile, ed estremamente plausibile, la diffusione del video sia avvenuta da parte delle autorità cinesi, per gettare discredito sulla figura che maggiormente rappresenta la resistenza tibetana verso la dominazione cinese.
Risulta quindi evidente che l’interpretazione occidentale, in termini altamente sessuali, del gesto giullaresco del Dalai Lama, riflette un divario culturale incolmabile, non potendo egli essere considerato come uno di noi, bensì un vicino di casa che possiede una “alterità” impenetrabile per noi.
Casi di impenetrabile alterità sono riscontrabili anche nel mondo occidentale. Rimasi traumatizzato scoprendo che i nazisti, nel torturare i prigionieri, usavano strumenti schiaccia-testicoli industriali per procurare un dolore insopportabile. Eppure, recentemente, mi sono imbattuto in una pubblicità on-line che reclamizzava lo stesso prodotto per giochi erotici: un dispositivo con morsetto in acciaio per torture hard core, per brutalizzare i testicoli del proprio partner.
Supponiamo ora che io passi in una stanza dove due uomini si stanno divertendo con questo dispositivo. Sentendo uno di loro gemere e piangere per il dolore, probabilmente avrei frainteso ciò che stava accadendo. Dovrei bussare alla porta e chiedere educatamente, a rischio di essere un idiota, "È davvero consensuale?". Dopotutto, se continuassi a camminare, ignorerei la possibilità che sia stato davvero un atto di tortura.
Oppure immaginiamo uno scenario in cui un uomo stia facendo qualcosa di simile a una donna, torturandola consensualmente. In quest'epoca di correttezza politica, molte persone presumerebbero automaticamente la coercizione, oppure concluderebbero che la donna ha interiorizzato la repressione maschile e ha iniziato a identificarsi con il nemico.
La situazione presenta ambiguità, incertezza o confusione: ci sono davvero alcuni uomini e donne che godono ad essere sottomessi con un certo grado di tortura; specialmente se essa può apparire come non consensuale. Rituali sadomasochisti nei quali l’atto della punizione indica un desiderio soggiacente che lo giustifica.
Ad esempio: in una cultura in cui lo stupro è punito con la fustigazione, un uomo potrebbe chiedere di essere fustigato brutalmente non per espiare la colpa, ma solo perché nutre un profondo desiderio di violentare le donne.
In un certo senso, il passaggio dallo schiaccia-palle naziste a quelle erotiche usate nei giochi sadomasochisti può essere visto come un segno di progresso storico. Ma corre parallelo al "progresso" che porta alcune persone a ripulire le opere d'arte classiche da qualsiasi contenuto che possa ferire o offendere qualcuno.
La nostra cultura ammette il procurare il disagio consensuale a livello di piaceri corporei, ma non nel regno delle parole e delle idee. Ironicamente gli sforzi per proibire o sopprimere certe parole o idee, renderanno queste semplicemente più attraenti e potenti come desideri segreti e profani. Il fatto che qualche Super-io li pratichi, fornisce loro un piacere che altrimenti non avrebbero avuto. Perché la crescente permissività sembra comportare una crescente impotenza e fragilità.
Perché, a certe condizioni, il piacere può essere goduto solo attraverso il dolore? Il momento della psicoanalisi è giunto, contrariamente a quanto hanno sostenuto i critici di Freud per lungo tempo: è l’unico quadro che può rendere visibile il grande pasticcio che chiamiamo “sessualità”.
(*) Slavoj Žižek, Professor of Philosophy at the European Graduate School, is International Director of the Birkbeck Institute for the Humanities at the University of London and the author, most recently, of Heaven in Disorder (OR Books, 2021).
Davide Amerio
On-line dal 19-06-2023 questa pagina
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