Poesia del contrasto e dello stridore, si affrontano l’affanno dinamico e disperato della natura insieme agli interventi urbani di una modificazione paesistica che porta con sé il suono definitivo delle trombe apocalittiche. Eppure Tonini sa che non è il caso di fidarsi degli estremi, degli eccessi, del paesaggio che reca nel suo stigma il fiore aberrante dello sviluppo, inteso pasolinianamente, lo sviluppo retrogrado così avverso all’edificazione del reale progresso. Tonini, dunque, salva il pensiero dal canto della fine e della morte attraverso un linguaggio sapientemente ironico, un’ironia inquieta, ferrea che talvolta rasenta il sarcasmo.
Dalla postfazione di Alfonso Guida
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