Questo allestimento presso la Galleria del Museo d’Arte Urbana è la prima concreta iniziativa che si pone l’obiettivo di celebrare la storia e l’attualità del percorso artistico di Maria Bruno-Sisterflash a due anni dalla prematura scomparsa.
La cifra stilistica di una protagonista dell’avanguardia torinese ed italiana della post modernità tra fine Novecento e nuovo Millennio si pone con coerenza e rigore tra scena urbana, musica, performance e sperimentazione astratto-cinetica, nel segno di un’energia stigmatizzata dal titolo della mostra : “Flusso vitale : l’arte di Maria Bruno-Sisterflash tra scena urbana e sperimentazione”
La prima parte della carriera di Maria Bruno si colloca nell’ambito di una dimensione pionieristica della Street Art.
Nei primi anni di un’attività che è nata come vocazione, a contatto con i giovani autori di quell’epoca distante ma per molti versi ancora attuale, ho registrato il rinnovamento della pittura dopo l’ondata della Transavanguardia, in un clima di contaminazione multidisciplinare e di enfasi espressiva, fortemente venata da suggestioni provenienti dall’estetica metropolitana, dalla moda, dalla musica e, soprattutto, dal fumetto.
Dagli States giungevano gli echi delle gesta dei primi graffitisti, che invadevano con la vernice spray gli anfratti della metropoli e le subway, coniando, in piena post modernità, un nuovo alfabeto pre moderno, mentre nelle discoteche, che al tempo frequentavo anche come organizzatore contaminando tra loro vari generi, si iniziava a proporre il rap, a quelle esperienze strettamente correlato.
Incanalatosi nella dimensione di un ingresso nel mercato al più alto livello , comunque ancora equilibrato se paragonato agli eccessi degli anni Zero, soprattutto per le migliori individualità quali Basquiat, Haring, Sharf, Cutrone , Ramalzee l’arte di strada, oscurata per buona parte degli anni ’90 da altri fenomeni quali il Post Human di Jeffrey Deitch e l’invadenza, soprattutto in Italia, di un neo concettuale citazionista, stereotipato e molto “politicamente corretto”, ha conosciuto nuovo vigore ed un allargamento delle sue potenzialità di linguaggio negli anni Zero.
Molti giovani artisti iniziano ad usare le strade e le piazze delle città come luoghi per esprimere la propria creatività adoperando tecniche diverse, con uno stile non più vincolato unicamente all’impiego della bombola spray, che pure rimane veicolo privilegiato, con finalità che vanno dalla critica sociale anche radicale alla rivendicazione della libertà espressiva al di fuori dei canali tradizionali.
Ma anche da questo punto di vista c’è da registrare una novità sostanziale. Mentre l’ingresso dei graffitisti americani nelle strutture di mercato apparve all’epoca come una sorta di “tradimento” della loro originale vocazione underground, la maggior parte di questa nuova generazione, così è anche in Italia dove il fenomeno è molto esteso, non vive alcuna contraddizione nel proporre la sua arte sia in strada che in strutture espositive “tradizionali”.
La forza e la sintesi del linguaggio di molti artisti ha reso il fenomeno una componente innovativa nello scenario contemporaneo, come da profezia di Walter Benjamin, che sosteneva che l’arte, entrando grazie agli strumenti di riproducibilità tecnica nella sfera della “politica”, fosse destinata a perdere l’aura di esclusività che per secoli l’aveva contraddistinta.
Un’aura che è inaspettatamente rientrata in scena negli ultimi anni grazie alle follie del mercato ed all’esaltazione della personalità di artisti dello star system ormai tramutatisi in veri e propri “brand” commerciali, ma che un fenomeno come quello della Street Art è in grado di esorcizzare.
Maria Bruno inizia il suo confronto con lo spazio urbano precocemente, nella seconda metà degli anni Ottanta, poco più che ventenne.
Il percorso di studi presso l’Istituto d’Arte Passoni, e poi allo IED, unito ad una spiccata sensibilità verso il nuovo e la sperimentazione, la mettono in contatto con un antesignano come Assi-One, il cui stile si collega direttamente al muralismo politico degli anni Settanta, che la influenza in positivo insieme ad altri artisti, tra cui Bostik, anch’egli precocemente scomparso.
Sisterflash è una delle prime donne ad adoperare una tecnica antica e post moderna al tempo stesso come lo stencil, ed il suo stile sarà da esempio per i gruppi emersi negli anni Zero, come Il Cerchio e le Gocce ed i Monkeys Evolution, con cui stabilirà un rapporto estremamente positivo, nei termini di una reciproca stimolazione.
Ma la dimensione pubblica si coniuga inevitabilmente al ritmo ed alla musica. Maria è una sperimentatrice anche in questo campo, attenta alle nuove sonorità elettroniche che coinvolgono l’ultima generazione in febbrili e dionisiaci raduni, che prendono la denominazione di rave party.
Intorno alla metà degli anni Novanta fonda con altri il Sound System Acid Drop, la cui proposta si orienta verso suoni hardcore, industrial e acid.
Street Art e musica sono il naturale sfondo della sua collaborazione con alcune delle più significative gallerie dell’underground torinese, come GaloArtGallery, Oblom, Amantes e Square 23.
Ad un certo punto Maria Bruno indirizza la sua ricerca verso la relazione ed il confronto con spazi quali gallerie e musei, dimostrandosi conscia di una considerazione quanto mai attuale, cioè che la Street Art è un termine ormai stretto per indicare una dimensione di rinnovamento del linguaggio tra le più significative della scena artistica contemporanea.
Linguaggio che può e deve continuare a confrontarsi con lo spazio urbano, ma al tempo stesso esige la libertà di muoversi verso una sperimentazione estesa a trecentosessanta gradi.
Agli inizi del 2000 Maria inizia la sua collaborazione con la galleria di Guido Carbone, espone in diversi spazi pubblici e lavora con il multimediale Share Festival.
La sua proposta, estremamente innovativa e stimolante, la conduce verso il territorio dell’astrazione di impronta cinetica, attenta al coinvolgimento fisico e percettivo dello spettatore.
Il termine “astrazione” etimologicamente deriva dal latino con il significato di “trarre via da” o “allontanare” e storicamente è il dato stilistico che caratterizza in maniera predominante il Novecento a proposito della negazione di ogni rapporto con gli elementi naturalistici e del confronto con forme ricavate della realtà.
La teoria del secondo Novecento vicina alla proposta di Maria Bruno è legata soprattutto alle riflessioni della critica statunitense Rosalind Krauss.
La “griglia”, secondo la Krauss, è l’emblema dell’avanguardia modernista novecentesca e ricorre costantemente, lungo tutto l’asse del secolo, a partire dal Cubismo, per proseguire, per citare alcuni autori, con Mondrian. Malevic. Ad Reinhardt, Robert Ryman e Jasper Johns.
Il suo scopo è quello di proclamare drasticamente il concetto di autonomia dell’arte e la sua vocazione antinaturalistica, elevando una barriera tra arti visive e arti verbali.
Nella tradizione novecentesca la griglia indica la volontà dell’arte di interrogarsi su se stessa ma, al contempo, di approdare all’Universale, in un mondo che ha perduto la certezza del suo orizzonte metafisico.
Le opere di Sisterflash, una cui selezione è presente in questa mostra, riprendono la sua tecnica urbana dello stencil puntinato, creando delle tele realizzate con spray acrilico , e strutture tridimensionali su parallelepipedi in ferro
Si tratta, per citare il testo di Francesco Bernardelli su un catalogo pubblicato nel 2012 da Prinp Editore, di “Illusioni ottiche”.
Maria Bruno riesce a creare un illusorio senso di profondità per le sue opere, sconcertando ed ammaliando al tempo stesso il fruitore, che si inoltra in un gioco di rispecchiamenti e rimandi percettivi che, lo rendono, per certi aspetti, componente imprescindibile della composizione.
Empatia che si accresce nelle sculture, dove l’inevitabile rotazione fa perdere i punti di riferimento monoculari e rende l’installazione un monolite proveniente da altri luoghi, calato nella nostra dimensione per scuoterci dall’inerzia delle certezze apparenti.
Ho conosciuto di persona Maria tardi, nei primi anni Dieci, ed ho avuto subito l’impressione di trovarmi di fronte ad una persona in grado di unire la dirompente creatività ad una grande carica umana.
La collaborazione tra noi ha avuto subito positivi effetti concreti, con la realizzazione di un’opera murale parte di una più ampia composizione sul tema dell’affettività realizzata insieme a Kasy 23 ed Orma, sul muro del Circolo Ricreativo della Parrocchia di San Alfonso in corso Tassoni, e ad una Panchina d’Autore presso la Galleria Commerciale Auchan di corso Romania, sempre a Torino, da poco restaurata, entrambe prodotte dal Museo d’Arte Urbana.
Il dolore per la improvvisa scomparsa ci ha indotto a farci promotori di un progetto allargato, insieme al fratello Ugo ed alla famiglia, e a tutti gli amici, gli artisti e gli operatori suoi compagni di strada, con il fine di realizzare una serie di appuntamenti culminanti nella pubblicazione di un libro sulla sua attività.
Questa è la prima tappa.
Edoardo Di Mauro
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