SACRI CUORI
L’America rivisitata dalla band più richiesta del momento
Aprono il concerto i Dead cat in a bag
La scena musicale italiana non finisce mai di stupire: sotto la superficie commerciale e mediatizzata dominata da vecchi dinosauri e ragazzini sfornati con lo stampino da talent show vari, esiste un mondo fatto di grande qualità tecnica e fervore di idee non banali. I Sacri Cuori sono uno splendido esempio di questo substrato che fatica a emergere presso il pubblico di massa, ma che è ben presente agli addetti ai lavori, gli stessi musicisti in primis, che fanno la coda per garantirsi le grazie e la collaborazione di questa fantastica band. Richard Buckner, Robyn Hitchcock, Dan Stuart, Hugo Race, Woody Jackson e Pan del Diavolo: questi gli altisonanti nomi che negli anni si sono avvalsi del sound unico dei Sacri Cuori. Un sound radicato nell’America più alternativa e al tempo stesso più profonda, in bilico tra il Texas e New York, tra Ry Cooder e i Lounge Lizards, tra il roots e l’avanguardia. Un crocicchio musicale dove è possibile imbattersi in Santo and Johnny, Nino Rota, Piero Umiliani, i Los Lobos Trovajoli, Morricone, i Calexico e Lee Hazelwood. Sempre in bilico tra blues, folk, rock e la psichedelia più intrigante. Una musica che ritrova anche le suggestioni letterarie di John Fante, le allucinazioni di David Lynch, il Messico immaginato dalla fisarmonica di Castellina/Pasi. Una musica dagli ascolti colti ma dall'anima popolare, che affronta senza remore la propria italianità, la sfida della melodia. E che cerca l'avanguardia nella sintesi delle influenze più che nel gesto ad effetto.
Due i dischi all’attivo “in proprio”: Douglas and Dawn, registrato a Tucson (Arizona) nel 2008 con la partecipazione di John Convertino e Jakob Valenzuela dei Calexico, Howe Gelb, Thoger Lund, James Chance, Marc Ribot e tanti altri. E il più recente Rosario, uscito nel 2012, al quale hanno partecipato, fra gli altri, il leggendario batterista Jim Keltner (John Lennon, Dylan, Neil Young e mille altri), David Hidalgo dei Los Lobos, John Convertino dei Calexico, Marc Ribot, Woody Jackson, Stephen McCarthy (Long Ryders, Jayhawks), Isobel Campbell. L’accoglienza dalla critica italiana e internazionale è entusiastica, addirittura imbarazzante, ecco qualche esempio:
Uncut: molto bene!
XL di Repubblica: 8,3
Rumore: 8 un secondo album da brividi
Il Mucchio: 8 E con questo facciamo tris. Dopo il disco dei Fatalists insieme a Hugo Race e quello in cui accompagnano Dan Stuart, l'ultimo asso dei Sacri Cuori è la carta che sbanca il tavolo.. Una sensibilità strumentale fuori dal comune.. e una leggerezza di tocco che evita le trappole del citazionismo
RockOl: ****
Blow Up: Questo disco è una fiammata nata da braci che hanno covato a lungo. E per questo solida. E per questo abbagliante
Jam: *** 1/2 I Sacri Cuori mettono a fuoco un altro cardine della musica strumentale
No Depression: this album is ridiculously good
SentireAscoltare: 7.3 Se il primo disco dei Sacri Cuori era la riscoperta degli Stati Uniti più polverosi e cinematici, questo è il ritorno a casa con la consapevolezza di averla dentro, l'America...un parterre d'eccezione che nobilita un lavoro già ottimo di suo
Indie-Eye "un monile da tenere vicino e sgranare poco alla volta" (disco della settimana e contest con cd in omaggio)
A Maison Musique i Sacri Cuori, ovvero Antonio Gramentieri (chitarre), Francesco Giampaoli (basso), Christian Ravaglioli (un sacco di strumenti) e Diego Sapignoli (batteria e percussioni).
Ad aprire il concerto una interessante band folk-blues locale: i Dead Cat in a Bag. Con all’attivo un cd, Lost souls, pubblicato nel 2011 i DCB sono un quartetto polistrumentista, itinerante nell'attitudine, folk-blues nelle sonorità, anglofono ed estremamente curato nelle liriche.
Quella di Dead Cat in a Bag è musica fatta di fumo e ruggine, esplosioni noise e vagabondaggi lungo la canzone d’autore francese, il country americano, sapori balcanici più cabaret mitteleuropeo e fanfare mediterranee (Blow Up, Enrico Veronese)
On-line dal 06-02-2013 questa pagina
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