Autore
Davide Amerio
La normativa che obbliga l’utilizzo dei sacchetti di Bioplastica è entrata in vigore il 1 gennaio 2018 e ha scatenato non poche polemiche. Provare a ripercorrere le diverse tesi che sono apparse nei giorni scorsi, può aiutarci a capire come mai, in Italia, un’azione che potrebbe essere positiva, si trasforma in polemica politica.
La norma viene partorita il 3 agosto 2017, in commissione, con voto compatto del PD che inserisce il balzello all’interno del DL Mezzogiorno. Il decreto c’entra ben poco, ma in questi anni ci siamo abituati a “sorprese” infilate qui e là nei decreti, senza alcuna soluzione di continuità.
L’obiettivo dichiarato sarebbe quello di ridurre l’uso dei sacchetti di plastica rendendo obbligatori i sacchetti con almeno il 40% di componente biodegradabile. Il costo del sacchetto deve essere pagato dal consumatore, non può essere dato in modo gratuito. Viene sancita l’obbligatorietà dell’uso e l’impossibilità, per il consumatore, di poterne fare a meno, magari portando da casa delle borse alternative, su cui attaccare lo scontrino adesivo. Non si può nemmeno ri-utilizzare sacchetti usati in precedenza. Questi possono essere destinati al posto di quelli classi per l’immondizia. [1]
L’obbligatorietà di questa norma, dicono di dem, ci viene imposta dall’Europa.
Abbiamo già bene presente come l’obbligatorietà sia un tema caro a queste inciuciose maggioranze di governo. Il caso dei vaccini obbligatori è stato esemplare ed esaustivo in merito. Davvero non era possibile una alternativa? In Svizzera, la Coop, la pensa diversamente:
Per offrire un’alternativa ecostostenibile alle buste di plastica usate sino ad ora, La cooperativa ha scartato l’ipotesi di sostituire i vecchi sacchetti di plastica con quelli biodegradabili.“Siamo scettici sull’utilizzo dei cosiddetti sacchetti di plastica bio per diversi fattori. – spiega Coop Svizzera – I sacchetti di plastica biologici spesso sono prodotti con amido di mais, che fa concorrenza alla produzione di generi alimentari e di mangimi per animali. Quindi non derivano da agricoltura biologica, ma piuttosto da una agricoltura industriale non sostenibile e contengono una percentuale di plastica derivante da petrolio (essenziale per la resistenza). La definizione di “bioplastica” suggerisce al cliente qualcosa che il prodotto non contiene.” [2]
In Svizzera vengono proposte delle reti di plastica riutilizzabili
Le Multi-Bag, certificate da Oecoplan e sostenute dal WWF, sono realizzate in Lenzing-Modal®, una fibra a base di cellulosa ricavata da legno di faggio sminuzzato. [2]
Sui Social si scontrano opinioni differenti: chi approva la norma, chi non tollera l’ennesimo balzello, chi la ritiene inutile nel dissuadere l’uso della plastica.
C’è chi fa notare che se non si vuole incorrere all’imposizione, si può semplicemente ricorrere – e sarebbe un bene,- ai negozi sotto casa oppure ai ricchi mercati rionali dove si trovano i produttori locali. Sarebbe quindi questa l’occasione per tornare a valorizzare il prodotto più genuino rafforzando la catena produttore-consumatore. Ed eliminare di fatto i sacchetti di bioplastica.
In effetti indignarsi per una spesa aggiuntiva di circa 15 euro all’anno per i nuovi sacchetti non ha un presupposto di credibilità: si potrebbero ben spendere per lo scopo. Ne spendiamo molti di più per abbonamenti telefonici con i quali spedirci sms banali e inutili.
Pare che la maggior beneficiaria di questa iniziativa, dal punto di vista economico, sia la Novamont, azienda a monte della filiera della produzione della bioplastica. L’amministratrice delegata Catia Bastioli, è alquanto inviperita contro le insinuazioni degli ultimi giorni, che vedrebbero l’azienda da lei gestita come destinataria dei benefici del decreto.
Non siamo avvezzi all’uso di far processi alle intenzioni; certo il fatto che la signora abbia partecipato alla Leopolda che consacrò Matteo Renzi e sia stata anche nominata tra gli amministratori di Terna, qualche dubbio, su questa fortunata serie di coincidenze, lo fa sorgere. [3]
La signora ci perdonerà, ma nel paese in cui i conflitti di interesse sono la norma, e non l’eccezione, qualche perplessità a riguardo ci assale. Vieppiù considerando una serie di questioni ambientali e come esse sono state trattate dal mondo politico (di destra e di sinistra) negli ultimi decenni. Tanto per citarne alcune:
L’amministratrice della Novamont ha, dal punto di vista aziendale, le sue ragioni condivisibili. Dal punto di vista politico la sua scelta è un po’ infelice in un ambiente dove gli “ambientalisti” – alias quelli del “No”- non sono visti molto di buon occhio dal potere politico.
Per esempio quelli che si oppongono alle grandi opere tipo il Tav (Val Susa, Terzo Valico, Tunnel Tav di Firenze). Oppure quelli che si oppongono al TAP in Puglia. In quei luoghi la cronaca non la fanno i sacchetti, ma i manganelli delle Forze dell’Ordine.
Le conseguenze, di certe scelte politiche, sono quelle raccontate, ex post, dalle vicende giudiziarie con le decine di capi di imputazione per disastro ambientale e le falde acquifere prosciugate, per esempio in Toscana. Mentre le opinioni e i consigli, ex ante, vengono sistematicamente ignorati.
Oppure la voglia irrefrenabile di bucare montagne in Val di Susa ricche di amianto (una galleria che doveva essere pronta per le olimpiadi del 2006 fu interrotta per la “scoperta” dell’amianto; ultimata di recente dopo oltre 10 anni); così come i cantieri che radono al suolo intere porzioni di montagna. E che dire della recente notizia che conferma – scientificamente,- il risaputo: falde sismiche tra la Sicilia e la Calabria, laddove governi di cdx e csx sognano di costruire il grande ponte (e per il quale hanno già buttato nel cesso milioni di euro dei contribuenti italiani per i progetti e per la propaganda politica).
Ma per i sacchetti biodegradabili “c’è lo chiede l’Europa!”, diranno i nostri giovani lettori piddin-forzisti. Vero, e la cosa dimostra che anche in Europa qualche pensata giusta viene compiuta. Ma, altresì, induce a considerare la continua sudditanza cui il nostro paese è sottoposto, senza avere voce in capitolo.
“Ma questo è un bene”, diranno i nostri giovani lettori liberal-radicali-pro europa senza se e senza ma. Difficile smentire chi ha fede illimitata nell’impianto ordo-liberista e convintamente sostiene regole economiche, imposte a 500 milioni di persone, errate, mal interpretate, quando non prive di solidità scientifica. Se non ci credete guardate il film PIIGS, recentemente trasmesso da Rai3, per avere una summa rapida delle tesi farlocche e dei danni dell’euro (RaiPlay è gratuito).
Insomma questo “ambientalismo” dell’ultima ora non ci convince; e le tante recriminazioni nate sui social appartengono, purtroppo, alla categoria di quel popolo stanco di essere raggirato da una classe politica impresentabile e per nulla credibile.
(D.A. 07.01.28)
Fonti:
[1] www.dagospia.it
[3] www.corriere.it (Fabio Savelli)
Davide Amerio
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