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TALCO WEB
“Ovunque vi sia una norma, una legge, un protocollo, una morale rigida o una educazione al servizio del potere, ci saranno trasgressioni. Le commetteranno i bambini/e, i pazzi/e, i selvaggi/e, i delinquenti/e. Non faccio niente di nuovo. Faccio solo il mio lavoro”.
[Diana J. Torres]
Si chiama Diana J. Torres, ed è un’attivista, donna ribelle incallita, spacca balle, “pornoterrorista” come ama definirsi, che dedica il suo tempo ad attuare strategie contro la Chiesa, lo Stato e il sistema etero patriarcale [1] nel quale ogni giorno viviamo, spaziando dalle performance (da cui è dipendente dal 2001), alla scrittura di libri, workshop, dibattiti, fino ad arrivare alla provocazione sessuale, centro del suo attivismo. Nasce a Madrid nel 1981 e i suoi libri sono testi essenziali per la lotta del femminismo pro-sex e per l’assunzione della sessualità e del corpo come territori da decolonizzare dalla repressione patriarcale, ecclesiastica e capitalistica. Sono stati pubblicati in Italia, Spagna, Francia e Messico.
Diana incita all’espressione della libertà. Una critica spietata all’ipocrisia, al conformismo, contro la censura del sistema, un grido per la riappropriazione dei propri corpi e della propria sessualità. I suoi libri sono autobiografie della sua filosofia di vita e delle sue lotte politiche.
Le sue performance considerate scandalose manomettono il sistema attraverso una riflessione radicale e azioni che non solo fanno esplodere nello spazio pubblico sessualità e desiderio, rilegati solitamente alla sfera privata, ma anche pratiche e relazioni non normative che aprono la mente a nuove possibilità dell’immaginazione. Il corpo diventa luogo, prodotto, mezzo, manifesto, artificio, strumento di sovversione, di critica, di reazione alla violenza della società normata. È un grido di denuncia di un sistema patriarcale che opprime e sanziona tutto ciò che considera “fuori-norma” e “de-generato”.
Il suo metodo fa paura al sistema, è violento. Non una violenza fisica, ma interiore. Si avvale del riconoscere che il nostro peggior nemico è ciò che abbiamo dentro. Sono le nostre paure, vergogne, tabù che creano una gabbia. Le troviamo guardandoci allo specchio, ogni mattina. È una esplosione mentale, è offensiva perché parla di cose che non vogliamo sentire o vedere. È la voglia di dar fastidio, di cambiare le cose in modo brutale e netto. Molti concetti fanno traballare la struttura del sistema. Una persona etichettata come mostruosa, scabrosa, degenerata è un virus, come tale, pericoloso/a per gli equilibri sociali e va emarginato.
Non ha peli sulla lingua e parla in modo scurrile, Diana: “Credo che il linguaggio osceno o volgare sia non solo più potente e comunicativo delle parole “normali/normative, ma trasgredisce anche una legge: quella di dire ciò che è “adeguato” e “misurato”. Viviamo in un mondo che vuole uomini e donne rilegati nei ruoli sociali, ordinati ed eleganti. Individui che in modo ripetuto seguono un copione scritto: lavoro, casa, scuola, matrimonio, figli. Ci chiedono di identificarci e vivere in modo accettabile, come ingranaggio funzionali del meccanismo sociale. La società ti etichetta, ti classifica: il gay, la lesbica, la prostituta, la deviata, la maiala, la maschiaccia, il delinquente etc. “Bisogna trasgredire infrangere, violare un preconcetto, una legge, uno statuto; oltrepassare i limiti imposti da una norma, da un regolamento”.
Se sei una donna e ti chiamano “maschiaccio” è perché non rientri nei canoni stabiliti di femminilità. Se Sali sugli alberi, corri, salti, ti sporchi le mani e i vestiti, fai a pugni, combini guai, fai cose “da maschio”, ti etichettano come uomo, togliendoti la tua identità di essere pensante e fuori dal “gregge” che deve essere incanalato e ingabbiato. se hai il seno e i capelli lunghi, o la gonna, sei donna. Se fai qualcosa che non rientra in questi schemi, allora sei un’altra cosa. Sei sbagliata, sei da curare o da riportare sulla “retta via”. In questo campo le persone transgender [2] e transessuali [3] hanno svolto un ruolo fondamentale: hanno trasformato i canoni estetici, culturali, sessuali ed emozionali di secoli, riuscendo a destabilizzare una delle strutture più potenti del sistema: il genere [4]! Ogni volta che ci proibiscono qualcosa è perché questo mette a rischio il potere stabilito, portandoci a diventare marionette non libere.
Lo stato costruisce i nostri corpi, o meglio è l’erede di ciò che ha svolto la Storia dell’Umanità. Li manipola perché culturalmente e storicamente gli sono stati dati gli strumenti per farlo: Diana ribadisce la necessità di un cambio radicale, possibile in piccole azioni che compiano la teoria del caos. Per questo realizza spettacoli, show e performance che non lasciano indifferenti, ma puntano a scandalizzare lo spettatore: “Noi siamo liberi/e di essere noi stessi/e e lo rivendichiamo con forza”.
Nei suoi libri Diana esprime bene la definizione di “Pornografia Mediatica” quella generata dai media e dalle televisioni con il bombardamento costante di contenuti e di notizie manipolate e senza scrupoli. Molti considerano gli atti che realizza osceni. Spogliarsi in pubblico e praticare sesso scandalizza. Sussurrano: “Sono violenti, fanno schifo”. “Ma anche la violenza dei telegiornali fa schifo, ma quella la mandi giù insieme alla cena”, dice Diana. La guerra, le violenze che ogni giorno trasmettono e raccontano i telegiornali fanno parte della quotidianità di ognuno di noi. Le guardiamo, osserviamo e digeriamo come un piatto di pasta. Perché questo è accettato? Perché la violenza brutale si, e il sesso libero no? Perché proclamare amore tra due omosessuali è uno scandalo? Perché censurare le scene di sesso? Qui si vieta l’amore in tutte le sue forme, qualunque esse siano, si decide cosa è giusto e sbagliato per noi. Continuano ad esserci un tabù sui nostri corpi, il sesso deve essere esclusivo alla sfera privata e mai vissuto o parlato al di fuori di questa.
Anche YouTube e i social censurano i corpi nudi. Mostrare il seno fa scalpore ma il pestaggio di un ragazzo in una scuola superiore no. In alcuni paesi c’è la pena di morte, l’incarcerazione o la tortura solo perché alcune persone hanno scelto di andare a letto con qualcuno che gli piaceva, con una persona che non era stata stabilita e “indicata” dal sistema culturale del posto. La verità è che il corpo femminile nudo, altera l’ordine pubblico!
Nella nostra società vi sono crimini socialmente accettati, promossi da religioni e governi verso i bambini/e: come l’infibulazione, tagliare il prepuzio, le mutilazioni genitali o i matrimoni combinati con minori equivalenti alla pedofilia. Queste norme vengono equiparate e adeguate alla normalità. Sono istituzionalizzati come processi normali, il sistema li premia e li sostiene. Gli adulti abusano continuamente dei bambini/e ma la cosa non viene demonizzata a meno che non si parli di sesso. Eppure sono molte le cose che vengono fatte che non prevedono la scelta e la coscienza del bambino/e. Non hanno l’età per capire il funzionamento di ciò che li sta coinvolgendo, ma la loro integrità viene colpita tramite credi e rituali che possiamo definire criminali. Quando c’è di mezzo il sesso diventa tutto sporco. Negli Stati Uniti a 16 anni puoi possedere un arma o guidare un auto, ma non puoi fare sesso legalmente. Hai abbastanza cervello per uccidere, ma non per andare a letto con chi vuoi! Essere minori, talvolta vuol dire appartenere alla proprietà dei genitori/adulti che decidono per te cosa sia meglio. Ma siamo sicuri che tali decisioni siano a favore del bambino/e?
Diana è una provocatrice. Il suo obbiettivo è far riflettere sempre lo spettatore o il lettore. Non importa quanto le persone siano infastidite da ciò che fa, anzi meglio, perché questo significa colpire dritto allo stomaco, come un pugno. E solo allora, ti poni delle domande e cerchi risposte.
La sua critica continua sul sistema educativo scolastico: l’educazione sessuale nelle scuole non esiste e dove viene realizzata, all’estero, è monitorata. Abbiamo una società di giovani che crescono senza affrontare seriamente i pericoli delle malattie sessualmente trasmissibili, senza una guida che spieghi il rispetto di una donna, il limite tra consenso e violenza. I canali di apprendimento sono diventati i social, luoghi in cui è presente di tutto, senza censura. Se da un lato può essere positivo perché si affrontano tematiche tabù, dall’altro c’è il pericolo di formare una generazione allo sbando, senza regole di rispetto verso il prossimo, senza una coscienza sessuale del proprio e altrui corpo.
Per quanto una società si dimostri “moderna” la sessualità è sempre legata alla riproduzione. Per questo la sessualità verso i disabili non è vista come lecita e pertinente, nonostante le campagne pubblicitarie sull’integrazione sociale. È normale concedergli un minimo di autonomia, ma nessun diritto sotto le lenzuola. Un uomo che va in guerra ad uccidere altri uomini non è produttivo eppure è l’immagine del guerriero che si identifica con la sua virilità. Non è spiegabile perché l’identità della persona con cui si hanno relazioni sessuali sia determinata per la validità del proprio genere. Per questo un uomo, grande, grosso e peloso, simbolo di virilità, crea terrore nel sistema etero normativo quando si dichiara omosessuale. Non è possibile mettere in dubbio la virilità maschile!
Perché gli operai e muratori che lavorano ad un grattacielo possono stare a petto nudo e dire frasi sconce alle ragazze in gonnella che passeggiano? Perché questo fa parte della “norma”? Qualcuno ha mai pensato che essere considerate come oggetti sessuali è una violenza verso il nostro corpo? E se fossero le donne a stare a petto nudo, commentando, urlando e fischiando gli uomini che passano? Questo sarebbe visto male. Saremmo considerate delle p*****e, donne sguaiate e assetate di sesso.
Questa è violenza, fisica e mentale. Questa è censura! Questo è ciò contro cui dobbiamo lottare per essere liberi. E Diana lo fa attraverso l’esibizione del suo corpo, rivendica il suo essere “p*****a”, se questo significa essere libera: “La mia carne, il mio sangue, la mia pelle, il mio regno. Dove io comando, dove io comando. […] Il mio corpo, il mio corpo, IL MIO CORPO, dove io comando, s******!
Se non impariamo che la differenza uomo/donna è una produzione culturale, come lo è la struttura gerarchica patriarcale che ci opprime, rafforzeremo la struttura che ci tiranneggia: la frontiera uomo/donna. Ci deve essere un movimento nuovo, diverso e forte, non dovremmo lasciarci guidare da stupidi criteri legati alle persone con cui andiamo a letto. È più interessante e produttivo sapere se dietro ai nostri gesti c’è etica, coscienza politica, responsabilità.
Per maggiori approfondimenti sui libri di Diana J. Torres e per la lettura degli articoli con testo integrale visitare il blog www.talcoweb.com
È possibile ordinare e acquistare i suoi testi presso Golena Edizioni o la libreria “Nora Book & Coffee” (Via delle Orfane 24/D ) a Torino.
LEGENDA:
[1] Eteropatriarcato: (da etero [sessualità] e patriarcato) è un sistema sociopolitico nel quale il genere maschio e l'eterosessualità hanno supremazia sugli altri generi e sugli altri orientamenti sessuali. Si tratta di un termine che sottolinea che la discriminazione esercitata contro le donne e contro le persone LGBTI hanno lo stesso principio sociale maschilista. Il sistema in cui viviamo è patriarcale e prevede l'essere maschile come superiore alla donna in tutti i campi della società: lavoro, casa, sesso, relazioni sociali; rilegando la figura femminile ad essere inferiore e sottomessa al suo volere. Le lotte femministe puntano proprio alla parità dei sessi e all'uguaglianza uomo/donna.
[2] Transgender: persone il cui genere attribuito alla nascita e quello effettivo non coincidono, ovvero esiste una discrepanza tra sesso biologico e genere. Non tutte le persone transgender decidono di affrontare la transizione ormonale e chirurgica per modificare il proprio aspetto e i propri genitali, ma questo non toglie niente alla loro identità di genere.
[3] Transessuale: persone che pur essendo dotate di attributi sessuali primari solo maschili o solo femminili, non si considerano appartenenti al proprio sesso e si identificano nel sesso opposto, tendendo ad assumerne i caratteri fisici e sessuali, anche sottoponendosi a interventi chirurgici, che rendano la trasformazione anatomica più completa possibile.
[4] Genere: La costruzione culturale che definisce l’uomo e la donna, ossia il maschile e il femminile. Gli esseri umani nascono biologicamente uomo e donna perché rispettivamente possiedono un pene o una vagina. Mentre gli attributi pene/vagina rappresentano il sesso fisico e biologico dalla nascita, il genere è una costruzione sociale, culturale ed educativa e come tale può essere messa in discussione e cambiare.
Ruolo di Genere: norme comportamentali associate a maschi e femmine, rispettivamente, in un dato gruppo o sistema sociale. È ciò che socialmente e culturalmente viene definito come maschile o femminile attribuendo ai singoli ruoli di comportamento da attuare all’interno della società che si addicano al sesso in cui si è nati (es. i bambini giocano con le macchinine, le bambine con le bambole, l’uomo non deve piangere, la donna non deve essere aggressiva etc…)
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