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contributo di Antonio Alei.
E’ di questi giorni la “scoperta” che molti fra i nostri ragazzi usciti dalle scuole superiori si esprimono male quando scrivono in italiano e apprendono con difficoltà i contenuti di un testo scritto e i torna a parlare di analfabetismo di ritorno.
Riporto qui una serie di date e periodi storici che a prima vista non vi diranno nulla:
– dal 6 maggio 1923 al 10 giugno 1940;
– dal 11 giugno 1940 al 24 aprile 1945;
– dal 25 aprile 1945 al 1° gennaio 1948;
– dal 2 gennaio 1948 al 14 giugno 1955;
– dal 15 giugno 1955 al 31 dicembre 1962;
– dal 1° gennaio 1963 all’11 dicembre 1969;
– dal 12 dicembre 1969 al 30 luglio 1973;
– dal 31 luglio 1973 al 4 agosto 1977.
Questo elenco di date così espresso significa ben poco se non lo “rivestiamo” del loro contesto storico, allora sì che le cose si fanno più interessanti.
Il 6 maggio 1923, con il Regio Decreto n. 1054, inizia la cosiddetta “Riforma Gentile“. Essa si basa su tre decreti, il primo per la scuola media di 1° e 2° grado, il secondo per l’università e il terzo (il R.D. n. 2185 del 1° ottobre 1923) per la scuola elementare. Con questi provvedimenti viene modificato in modo incisivo l’intero ordinamento dell’istruzione. Altri due decreti andranno a riformare l’amministrazione centrale e periferica della Pubblica Istruzione.
Già la riforma Gentile prevedeva un obbligo di frequentazione scolastica fino ai 14 anni di età, ma questa norma non venne quasi mai applicata.
Il 10 giugno 1940 inizia per l’Italia la sciagura della 2^ Guerra Mondiale.
Il periodo che va dall’11 giugno 1940 al 24 aprile del 1945 è quello della durata per noi italiani del 2° conflitto mondiale. Il 25 aprile non a caso è la festa della “Liberazione”.
Cosa accade di saliente in questo periodo dal punto di vista dell’istruzione di stato?
Molti addetti (maestri, professori, docenti universitari, amministrativi) sono richiamati sotto le armi e parecchi di loro non faranno più ritorno a casa, sepolti per sempre sotto le sabbie dei deserti libici ed egiziani o nelle steppe innevate dell’allora Russia sovietica o fucilati dopo l’8 settembre 1943 (come accadde a Cefalonia) perché si erano rifiutati di collaborare con i nazisti o morti di stenti nei lager in cui vennero internati dopo l’armistizio insieme ad altri 650.000 ex combattenti. Per non parlare delle migliaia di caduti “pregiati” (per l’elevato grado di istruzione) registrati dalla Regia Aeronautica e dalla Marina Militare.
Ne conseguì un “impoverimento” della qualità dell’insegnamento e, soprattutto dopo il fatidico 8 settembre, un allentamento delle maglie selettive degli studenti dovuto a fattori contingenti (bombardamenti, sfollamenti di città, distruzioni, fame, precarietà, ecc.). I corsi di studio venivano interrotti e ripresi a singhiozzo oppure si concedevano attestati, diplomi e lauree a studenti con una preparazione che sarebbe stata decisamente inadeguata in tempi normali. Ovviamente, in tale sconquasso, i controlli stessi erano molto aleatori e la qualità degli studi opinabile; in questa situazione di caos prosperarono episodi di corruzione o di scambio di favori (persino diplomi o lauree in cambio di cibo dato che si era alla fame più nera) che mortificarono ancor più un quadro già fortemente compromesso.
Il periodo che va dal 25 aprile 1945 (la liberazione dal nazi-fascismo) al 1° gennaio 1948, data in cui diviene vigente la nuova Costituzione repubblicana, è dominato come tutti i periodi storici d’interregno da avvenimenti tumultuosi e caotici dove avviene di tutto, persino una guerra civile mai ufficializzata, ma che ha comportato di fatto migliaia di morti. Anche l’istruzione ne subisce le ovvie conseguenze e anche qui si verificano fenomeni di “sciacallaggio” culturale per cui, per meriti o millantati crediti non verificabili, molte persone acquisiscono titoli di studio del tutto indebiti. Purtroppo molti dei “titolati” baciati dalla sorte non si accontenteranno di appendere alla parete l’attestato di studio per farne bella mostra, ma andranno ad occupare posti più o meno importanti o prestigiosi nella pubblica amministrazione, nell’istruzione stessa, nelle libere professioni e in politica, con benefici per il Paese e la collettività che avrebbero dovuto essere degni già allora di opportune indagini e di approfondimenti; purtroppo l’eccessivo tempo trascorso stende su tutta la vicenda un “velo pietoso”.
C’è anche un altro aspetto peculiare delle guerre che spesso è sottaciuto o sottovalutato.
Secondo voi una guerra produce più vittime fra i “puri di cuore”, le persone eticamente corrette, gli idealisti, gli onesti, gli eroi come Salvo d’Acquisto oppure fra i furbi, gli imboscati, i vigliacchi e i traditori?
Ecco, se siete riusciti a darvi la risposta da soli, comprenderete anche quali guasti profondi possa avere fatto il 2° conflitto mondiale – ma ancor di più ne fece per l’appena riunificata e ancora non “assestata” Italia quello precedente, combattuto nel 1915-’18 – sull’intera classe dirigente di una nazione, ivi compresi i responsabili dell’istruzione scolastica.
Per questo ho definito le guerre come dei “setacci negativi”, dove anziché separare la pula dal grano, si butta il “grano” (la roba buona) e si trattiene la pula (lo scarto).
Dal 1948 al 1955 vi è un periodo di assestamento delle nuove istituzioni repubblicane, accompagnato da forti turbolenze sia politiche che sociali, amplificate dall’instaurarsi dei due blocchi contrapposti, Est e Ovest, e dal confronto ideologico sfociato in Guerra Fredda fra USA e URSS. L’istruzione scolastica si avvia verso una sorta di “normalizzazione”.
Il 14 giugno 1955, con Decreto Presidente della Repubblica n. 503 vengono varati dal Ministro della P. I. Giuseppe Rufo Ermini i nuovi programmi per la scuola elementare.
Qui riporto alcuni passi essenziali della riforma dei programmi per i 5 anni di elementari:
L’acquisizione della scrittura e della lettura sia il risultato di una personale scoperta dello scolaro. A tal fine dovranno essergli offerti in libero uso, e sotto forma di gioco, tutti quei comuni sussidi didattici (alfabetieri murali e mobili, cartelloni con disegni, schede illustrate, ecc.), che favoriscono l’interesse per l’iniziale distinzione e il possesso degli elementi grafici essenziali .
L’insegnante accerti sempre che ogni alunno abbia chiaramente compreso il significato delle parole e delle frasi, incoraggiando le necessarie richieste di spiegazioni. L’usuale esercizio del parlare corretto, del leggere e dello scrivere, anche sotto dettatura, miri ad assicurare, senza esercizi artificiosi, la padronanza delle più comuni norme ortografiche.
La scrittura, fin da principio, non sia considerata un fatto meramente meccanico, anche se implica talvolta l’adeguamento al modello, ma una delle espressioni della personalità. Essa deve quindi tendere alla semplicità, alla chiarezza, all’ordine, al decoro.
Per conseguire questa finalità, l’insegnante incoraggerà i fanciulli a letture adatte a ciascuno di essi, di libri, di giornali, mirando ad ottenere che le fonti di cultura degli anni di scuola non si riducano ai soli manuali scolastici e che nei fanciulli sorga uno schietto e durevole amore per la lettura.
L’insegnante deve curare che gli alunni abbiano ben compreso tutte le parole dei brani che sono oggetto di lettura o di recitazione.
Al termine del ciclo l’alunno dovrà essere in grado di esprimersi correttamente, a voce e per iscritto, senza errori di ortografia e di morfologia e con sintassi corretta.
Il 31 dicembre 1962 con legge n. 1859 si riforma l’ordinamento della nuova scuola media dell’obbligo con cui finalmente trova piena attuazione quanto sancito dall’art. 34 della Carta Costituzionale del 1948:
La scuola è aperta a tutti.
L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze che devono essere attribuite per concorso.
Nell’intenzione del legislatore viene auspicato che questo percorso di istruzione sia chiamato a svolgere non già una funzione di filtro selettivo, come avveniva nella vecchia scuola media divisa in due indirizzi propedeutici o all’avviamento professionale (fine percorso scolastico) o al prosieguo degli studi superiori (licei e università), bensì abbia il compito di formare gli scolari su un ampio ventaglio di materie, favorendo così la scelta del cammino più adatto nel successivo ciclo di studi.
Recita la legge infatti all’art.1: “La scuola media concorre a promuovere la formazione dell’uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione e favorisce l’orientamento dei giovani ai fini della scelta dell’attività successiva”.
Le riforme successive, non a caso emanate dopo il fatidico ’68, saranno quelle che più sconvolgeranno la qualità degli studi e sanciranno lo scadimento irreversibile del sistema d’istruzione pubblico.
– 15 febbraio 1969 il Decreto legislativo n. 9 modifica “in via sperimentale” gli esami di Stato.
– 11 dicembre 1969 la legge n. 910 liberalizza gli accessi all’Università e i piani di studio accademici.
– 30 luglio 1973 la legge delega n. 307 prefigura il nuovo stato giuridico del personale della scuola.
– 16 giugno 1977 con la legge n. 348 (ministro Malfatti) viene del tutto abolito l’insegnamento del latino nelle scuole medie e quindi il suo esame per l’accesso al liceo classico.
– 4 agosto 1977 la legge n. 517 definisce una parziale modifica dell’ordinamento. Viene soppressa la sessione autunnale di riparazione, abolite le classi differenziali e di aggiornamento e istituita la scheda personale dell’alunno. L’anno scolastico inizia il 10 settembre (dal 1° i collegi elaborano il Piano annuale di attività scolastica).
– 9 febbraio 1979 con il D.M. n. 9 vengono varati i nuovi programmi per la scuola media in attuazione di quanto definito nelle precedenti leggi n. 348 e 517.
Ora il MIUR, allarmato dall’analfabetismo di ritorno, vorrebbe nuovamente porre mano ad una riforma della scuola media. Ma le medie, dal loro stesso nome, sono un percorso scolastico intermedio.
Il vero male della scuola di oggi è alla fonte, ossia nella scuola primaria o elementare.
E’ alle elementari che si impartisce l’ABC, l’imprinting indispensabile agli scolari e il giusto metodo di studio.
Se si inizia male impartendo le “istruzioni d’uso” sbagliate, si finisce poi solo col peggiorare!
Oggi alle elementari si legge assai poco, raramente si fa ripetere all’alunno quello che si è letto; di scrivere con la penna in mano si fa un uso “morigerato”; dettati, temi e riassunti sono “merce” sempre più desueta; le bocciature, un tempo ritenute salutari per gli scolari immaturi, sono state bandite e aborrite dal lessico corrente peggio di una malattia perniciosa e mortale.
Inoltre vere e proprie armi di distrazione di massa per i nostri giovani sono state dapprima la TV con i suoi programmi spazzatura, a seguire i primi video-giochi su play-station rudimentali (vedi Commodore 64, ATARI, Nintendo e similari), per finire con il PC, Internet gestita male e utilizzata peggio, gli smart-phone, Facebook, Twitter, SMS, MMS e compagnia cantando che hanno prodotto solo degli alienati sociali o dei “rincitrulliti mediatici”.
Non ultimo, il ruolo dei genitori di oggi che si è rivelato piuttosto carente dal punto di vista degli stimoli positivi da dare a figli ribelli e introversi che sovente abusano di stupefacenti e di alcol.
La tanto vituperata “Riforma Gentile” (ma Giovanni Gentile non fece altro che portare a termine l’opera iniziata da Benedetto Croce nell’ultimo dicastero Giolitti del 1920-21) ha prodotto, solo per citarne alcuni, personaggi quali: Ettore Majorana, Giovanni Agnelli, Emilio Segrè, Renato Dulbecco, Aldo Moro, Enrico Berlinguer, Indro Montanelli, Enzo Biagi, Giorgio Bocca, Oriana Fallaci, Alberto Sordi, Leonardo Sciascia, Primo Levi, Cesare Pavese, Italo Calvino, Pier Paolo Pasolini, Mario Monicelli, Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Alberto Lattuada, Dino Risi, Pietro Germi, Sergio Leone, Ennio Morricone, Umberto Eco, Marco Pannella, ecc. ecc.
Tutte le riforme successive della Pubblica Istruzione, soprattutto le ultime, cosa hanno prodotto?
Chiudo con queste parole, quanto mai attuali e totalmente disattese nelle aspettative dei giovani di “belle speranze”:
“La scuola è organo centrale della democrazia, perché serve a
risolvere quello che secondo noi è il problema centrale della
democrazia: la formazione della classe dirigente. La
formazione della classe dirigente, non solo nel senso di classe
politica, di quella classe cioè che siede in Parlamento […] ma
anche classe dirigente nel senso culturale e tecnico: coloro
che sono a capo delle officine e delle aziende, che insegnano,
che scrivono, artisti, professionisti, poeti. […] La classe
dirigente deve essere aperta e sempre rinnovata dall’afflusso
verso l’alto degli elementi migliori di tutte le classi,
di tutte le categorie”.
Piero Calamandrei
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