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Un grande cervello
“L’espansione della dimensione del cervello è la più straordinaria delle caratteristiche dell’evoluzione del cervello umano” spiega Chet Sherwood, un antropologista all’Università di George Washinton che studia l’evoluzione del cervello dei primati.
Gli scienziati hanno appreso che, nella discendenza degli umani, ha avuto luogo una enorme crescita del cervello. Studiando la scatola cranica dei fossili dei nostri antenati, gli scienziati sono stati in grado di stimare la grandezza del cervello ospitata dal cranio. Questo può essere riempito con una colata di materiali come il lattice per creare un modello approssimativo del cervello chiamato “calco”, oppure, più semplicemente, gli scienziati hanno usato la Tomografia Computerizzata (Computer Tomography) per esaminare il teschio e creare una rappresentazione digitale del cervello.
Questo lavoro ha rilevato che, negli ultimi tre milioni di anni, la dimensione del cervello è grosso modo triplicata nella discendenza umana, da circa 450 grammi (circa la grandezza di una grossa arancia) nel nostro antenato Australopithecus Afarensis (lo stesso esemplare del fossile di Lucy) a un quantità tra 1.300 e 1.400 grammi nei moderni umani.
Tutto ciò è accaduto, racconta Sherwood, senza particolari cambiamenti nella grandezza del corpo. “I cervelli non hanno fatto questo per una particolare ragione durante l’evoluzione. L’evoluzione è frugale ed economicamente vantaggiosa, e il tessuto cerebrale ha un sostanzioso costo metabolico“.
Tuttavia, la grandezza del cervello varia tra gli esseri umani. Avere un grosso cervello non significa che possiedi migliori capacità cognitive che consideriamo unicamente umane, come il linguaggio e l’apprendimento di altri stati mentali, sottolinea Sherwood. “Quindi la dimensione del cervello non può essere l’unica spiegazione per quello che siamo capaci di fare con la nostro apparato neuronale“.
Espansione Corticale.
Se il cervello è triplicato in ampiezza, significa che tutte le aree del cervello sono diventate tre volte più grandi? Oppure alcune aree sono cresciute più di altre? I calchi ci aiutano a determinare la grandezza complessiva del cervello, ma offrono poche conoscenze dell’anatomia interna e della sua organizzazione. Così, per rispondere a questa domanda, gli scienziati confrontano i cervelli umani con quelli di altre specie viventi, compresi i nostri parenti più prossimi come gli scimpanzé. Gli scienziati che hanno notato come il cervello umano e quello dello scimpanzé hanno in comune certe caratteristiche, possono dedurre che anche gli antenati in comune possedessero queste caratteristiche. Qualsiasi differenza osservata, tuttavia, indica i cambiamenti verificatisi dopo che la linea di discendenza tra umani e scimmie si è separata.
Lavorando in questa area si è scoperto che la maggior parte dell’aumento del volume del cervello è dovuto a una espansione della corteccia cerebrale – lo stato rugoso esterno del cervello che svolge un ruolo chiave nel pensiero, nella percezione e nel linguaggio – e le sottostanti fibre nervose. Le parti della corteccia cerebrale che sono cresciute maggiormente sono le aree dell’associazione. Queste aree integrano informazioni dalle altre regioni e sono coinvolte in elevate funzioni cognitive come la pianificazione e il pensiero astratto. D’altro canto, le aree che sono primariamente impiegate a una funzione, come la corteccia motoria o quella visuale, non sono cresciute di molto.
Opportunità del lavoro in rete.
Una corteccia più grande significa più neuroni, e gli scienziati della Università federale di Rio de Janerio, hanno contato quanti neuroni possiede la corteccia cerebrale: 16 billioni. Hanno inoltre scoperto che, nei primati, il numero dei neuroni cresce in proporzione diretta all’ampiezza del cervello, indicando che in un cervello triplicato in ampiezza negli ultimi tre milioni di anni, il numero dei neuroni è anch’esso triplicato.
Come l’attuale espansione del cervello che abbiamo ora, questa proporzione è sempre invariata. “Non abbiamo mai smesso di essere dei primati“, dichiara Suzana Herculano-Houzel, che ha diretto questi studi. Il cervello umano non ha mai interrotto il processo di crescita dei primati, ma questo non diminuisce il fatto che noi abbiamo un enorme numero di neuroni nel cervello e in particolare nella corteccia. “Quando aggiungi neuroni alla corteccia, hai l’opportunità di creare nuovi modelli di connettività e nuove funzioni nell’area del cervello che si è espansa“. Questa è la più semplice spiegazione per il massiccio incremento nelle nostre capacità cognitive.
Spazio per la crescita.
Il cervello umano ha una certa quantità di crescita da sviluppare prima di raggiungere la sua straordinaria grandezza, afferma Sherwood, e un’altra caratteristica chiave dell’evoluzione del cervello umano è che la parte maggiore di questa crescita avviene fuori dall’utero materno. Alla nascita, il cervello è solamente il 27% della dimensione da adulto. Confrontate questo con un nuovo nascituro di scimpanzé il cui cervello è il 36% della dimensione da adulto, o di un macaco il cui cervello è al 70% del suo sviluppo alla nascita. Come fa il cervello umano a diventare così grande?
Nel 2004, ricercatori della Università dell’Illinois cercarono di dare una risposta a questa domanda. Essi descrissero con un diagramma il modello di crescita del cervello per gli umani, per gli scimpanzé, e cinque altre specie di primati e scoprirono che scimpanzé e umani raggiungono la dimensione adulta del cervello intorno ai 5 o 6 anni. Ma essi differiscono drasticamente per il tasso di crescita del cervello: alla nascita quello umano cresce sei volte più veloce di quello della scimmia.
Nonostante il declino che avviene dopo la nascita, il tasso di crescita rapido del cervello umano continua per i primi cinque anni. “È come se i nostri neonati e i bambini avessero ancora un cervello fetale che cresce nel mondo esterno“, afferma Sherwood.
La lunga finestra dello sviluppo.
Mentre negli umani lo sviluppo della dimensione del cervello adulto viene raggiunta nell’infanzia, lo sviluppo del cervello continua per decenni. Per esempio, durante lo sviluppo, le fibre nervose vengono coperte con la mielina, una sostanza grassa che isola le fibre e velocizza la trasmissione dei segnali elettrici. Questo processo è vitale per la formazione della connessione tra i neuroni durante lo sviluppo, e le ricerche di Sherwood hanno dimostrato che ciò avviene in modo molto lento se confrontato con altri primati. Quando si confrontarono il cervello umano e quello dello scimpanzé, tra il periodo dell’infanzia e dell’età adulta, scoprirono che, alla nascita, il cervello umano ha meno del 2% del livello di mielina da adulto, mentre quello della scimmia ha, alla nascita, già un livello del 20%. E la disparità persiste, con il cervello dello scimpanzé che raggiunge la completa quota di mielina intorno alla pubertà, mentre il cervello umano continua ad aggiungere mielina sino ai 30 anni circa.
I risultati suggeriscono che gli umani evolvono con una programmazione molto lunga nello sviluppo del cervello. Questo è importante perché la mielina è guidata dalla stimolazione e dall’apprendimento: quando i neuroni sono più attivi, più melanina è aggiunta tra le fibre, il che rafforza le connessioni. Gli umani hanno una lunga finestra di tempo per rafforzare queste connessioni, questo significa che ci sono più opportunità per il nostro cervello di essere formato attraverso la cultura, la socializzazione e l’ambiente.
E, confrontando con gli altri primati, gli umani sono molto più dipendenti dalla cultura, dalle interazioni, e dai gruppi di identità. Molti scienziati ritengono che questo incremento della complessità sociale potrebbe essere una delle ragioni che guidano forzatamente in avanti i cambiamenti accaduti durante l’evoluzione del cervello. “L’idea è che maggiore era la dipendenza degli antenati umani dalla cultura e dall’apprendimento dei processi sociali, maggiore era il successo e lo sforzo richiesto dal meccanismo del cervello per sostenere una cultura più complessa“.
Studiare l’evoluzione del cervello umano è un modo per comprendere questi di tipi di connessioni biologiche e che cosa possiamo fare. In breve, sottolinea, Sherwood, è un modo per comprendere noi stessi.
Traduzione e adattamento di Davide Amerio. Articolo originale: “Brain Evolution: Searching for What Makes Us Human” su Brainfacts.org
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