Autore
Simone Cutri
Da un po’ di anni a questa parte, bisogna fare molta attenzione a parlare di donne e ai termini in cui farlo. Si rischia altrimenti di ritrovarsi la Boldrini sotto casa o che la Comencini faccia un documentario sulle nostre dichiarazioni.
Però, io mi espongo ugualmente. E vedrete che, infine, molte menti illuminate saranno d’accordo con qualcosa di ciò che scriverò qui sotto: spero siano soprattutto le donne stesse.
A scanso di equivoci, puntualizzo che mi concentrerò soprattutto sulle donne, all’incirca, della mia generazione: dunque quelle che stanno vivendo il decennio meraviglioso che va dai 30 ai 40.
Esorto infine a non credere che parcheggi e quote rosa, attenzioni linguistiche e finto rispetto siano strade per il femminismo. Per ottenere la cosiddetta parità (perché poi bisogna essere pari?), queste sciocchezze da politici che esordiscono dicendo “mi rivolgo alle cittadine e ai cittadini italiani” non bastano. Ci vuole un lavoro culturale senza precedenti, che parta da subito, che veda tutti protagonisti, in primis le donne (quasi sempre le vere avversarie di loro stesse), e che non sfoci in misere, pur importantissime in altri campi, scaramucce linguistiche. La luna è femminile, il sole è maschile e si dice bambini anche quando s’intende una pluralità di marmocchi che siano anche femmine. Questo con buona pace di Oriana Fallaci: una delle più sopravvalutate e citate a casaccio firme della nostra letteratura giornalistica, tornata in auge per essere strumentalizzata in chiave anti-Islam, in seguito ai suoi deliri post 11 Settembre. Ma, in quel caso, la si perdona più che volentieri: viveva a New York e combatteva contro il fatal tumore, dunque spavento e rabbia, per avere a disposizione solo gli ultimi giorni, sono più che comprensibili: ci mancherebbe ed infatti ci manca. Il sopravvalutare di qualche riga sopra non vuole cestinare in toto la sua opera né, ahimè, sostenere che altri, più recenti, abbiano fatto meglio di lei.
Le donne della mia generazione, dicevo, sono state rovinate principalmente da due cose: Sex and the City e Il Favoloso Mondo di Amélie.
Nel primo caso, le ragazze si sono spesso credute quattro cosmopolite newyorkesi libertine, ed invece sono quattro impiegate di provincia che stanno da 12 anni con Enzo e Tony.
Nel secondo caso, tutte, anche le più insignificanti creature sul pianeta, hanno creduto di poter essere speciali, dolci ma cattive, folli e combattive, affascinanti se stralunate, se mordenti una mela con buccia con una matita a tener legati i capelli e leggendo, a gambe incrociate sorseggiando tisane, un libro di qualche autrice giapponese o iraniana.
Ma il discorso, accidenti, non è nemmeno da incentrare su questo. Perché questo immedesimarsi in ciò che non saranno mai non è che un’inezia in confronto alla vera rovina delle donne del nostro tempo: gli uomini. Mettetevi nei panni delle donne (ho degli amici che lo fanno per mestiere notturno, ma ora non intendo quello); pensate cosa si prova a veder deambulare per casa, in tuta e ciabatte un uomo, i suoi peli, le sue flaccidità, la sua noia infinita: spesso non leggono, non vanno a teatro, non sono profondi, non sanno di niente, non sono affascinanti, non si comportano da uomini, fosse anche nell’accezione più brutale.
Ed eccole, allora, queste bellissime e drammatiche incompiute. Schiacciate tra il peso idiota e maschilista di dover essere sistemate a 30 anni, di avere un uomo e fare figli, da un lato; e dall’altro, schiacciate dalla voglia di vivere, di essere libere, indipendenti, di farfalleggiare anche loro, finalmente e vivaddio. Finché non usciremo da questi schemi mentali davvero esigui, sui quali io sto generalizzando per rendere ficcante il mio pensiero, allora non si avrà mai, non dico parità, ma dignità della donna.
Io amo le donne per la loro bellezza, è vero: gli Dei si fermarono qui per loro, dunque mi sento giustificato. Ma anche per il loro dramma, la loro anima frastagliata, i loro gesti inespressi, le parole ricacciate in gola. Tutto questo mentre gli uomini (ve lo giuro: TUTTI), stanno ancora a pensare ad un’unica cosa: è FIGA la tua amica? È FIGA la fisioterapista da cui vai? È FIGA la nuova collega? È FIGA la ragazza con cui esci? È FIGA la sua fidanzata? È FIGA quella che ti dà ripetizioni? È FIGA la tua compagna di corso? È FIGA? FIGA FIGA FIGA FIGA FIGA FIGA FIGA...
E ricordate (anche se qui s’assume il tono da predica): al contrario di cosa si pensa da secoli, le donne non mentono mai; solo non sempre hanno il coraggio di fare con i gesti quello hanno nel cuore e sono state costrette, senza l'ostacolo della ragione, a dire.
Simone Cutri
On-line dal 16-02-2015 questa pagina
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